Qual’è la morale di questa storia? Ci vuole tempo per conoscere la verità e per riparare al male fatto, sempre se la gente non dimentica.
Un’altra storia è la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (CEDAW) che è la legge internazionale dei diritti delle donne adottata dall’ONU nel 1979 che vincola le parti che l’hanno sottoscritta a prendere le misure adeguate per porre fine alla discriminazione che restringe gli eguali diritti e le libertà delle donne in tutti i settori. Nonostante la lentezza dell’adozione ci saranno 187 paesi su 193 che avevano ratificato la convenzione.
Sfortunatamente a causa delle politiche nazionali, gli USA, IRAN, Somalia, Sudan, Palau e Tonga resistono ancora. Perciò anche se il presidente Obama sostiene con forza gli eguali diritti delle donne, che ha citato nella sua campagna presidenziale, la non volontà a non garantire tali diritti esiste ancora a livello nazionale, dal momento che il senato americano non ha ratificato convenzione.
Per una certa ironia l’Afghanistan ratificò la convenzione nel 2003 dopo l’arrivo degli USA nel paese e lottare insieme contro il terrorismo e per “i diritti e la dignità delle donne” come sostenuto da Laura Bush. Sebbene sia un esempio imperfetto, l’Afghanistan ha fatto dei progressi visibili su questa strada. Nel 2009 la società civile del paese lanciò la Dichiarazione di Kabul dei diriti delle donne in cui uno degli obiettivi è porre il 30% delle donne nelle posizioni dirigenziali.
Due anni dopo, dopo una lunga controversia, le donne afgane vinsero il 27% dei seggi in parlamento. Ci sono il 35% delle donne iscritte nelle scuole primarie e secondarie e ci sono aspettative maggiori con il Piano Strategico di sviluppo nazionale che mira aad iscrivere il 75% delle onne.
Comunque la violenza domestica per loro è ancora fortissima e camminare rimane ancora pericoloso. I fondamentalisti islamici continuano a non accettare che le donne prendano parte alle attività pubbliche e provano a fermarle con gli attacchi con acido, avvelenando l’acqua da bere o attaccando gli edifici. Lo scorso anno, ci sono stati 185 attacchi documentati a scuole e ospedali.
Certo, non vuol dire che la convenzione non funziona, ma solo che ha bisogno di tempo.
La ratificazione del CEDAW e del suo possibile protocollo è importante perché dà una forma alle politiche nazionali e domestiche per garantire più opportunità e sicurezza alle donne e alle loro famiglie. Si ha l’esempio del Kuwait che segue la raccomandazione della convenzione per permettere il voto alle donne a cominciare dal 2005, alle isole Salomone che con la legge del 2009 riconosceva la testimonianza delle donne uguale a quelle degli uomini, quando prima la parola della donna non era creduta.
Un modello eccellente di traduzione della Convenzione in legge nella nostra regione sono le Filippine che hanno promosso la Magna Carta per le Donne nel 2009 che accetta il dovere dello stato ad abolire strutture e pratiche ineguali che perpetuano la discriminazione in tutti i settori, come i media, la cittadinanza e la vita matrimoniale. Questa Magna Carta ha bisogno di un altro plauso perché riconosce i diritti delle donne marginalizzate, come le donne delle province e indigene, donne dei settori informali, lavoratrici dell’emigrazione e donne con disabilità.
La legislazione guidava l’armonizzazione di molte leggi esistenti e emendava o cancellava leggi discriminatorie entro i tre anni. Secondo Foreign Policy del 2012 le Filippine sono diventate un buon posto per essere donna.
L’Indonesia ha approvato varie leggi e regolamenti nello spirito della Convenzione dopo la sua ratificazione nel 1984, come il decreto presidenziale che istituiva una commissione sulla violenza sulle donne (Komnas Perempuan) nel 1998, il decreto presidenziale sull’eliminazione dello sfruttamento sessuale del bambino ed il suo piano d’azione nel 2002, la legge del 2004 sulla violenza domestica, la legge del 2006 sulla cittadinanza e quella del 2007 sulla lotta al traffico umano.
Ma sfortunatamente le donne non sono sostenute dal codice penale, la legge del matrimonio, la legge sulla pornografia, la legge sull’emigrazione e altre duecento leggi discriminatorie. Il paese deve ancora approvare una legge sull’uguaglianza di genere la cui discussione dura dal 2009.
Le recenti tensioni del paese con la Malesia, a causa di una pubblicità brutta “Cameriere indonesiane sono ora in vendita” dello scorso ottobre e due casi di violenza carnale a Penang e Seremban, costringono a discutere se la campagna per l’eliminazione della violenza contro le donne debba essere fatta a livello domestico o proiettata fuori dell’Indonesia.
La domanda si fa anche più seria quando si tiene a mente il commento del primo ministro malese Najiib “Non c’è bisogno di un movimento dei diritti delle donne in Malesia” durante la giornata nazionale delle donne a testimoniare il sostegno tiepido del presidente per le donne.
Si deve comunque tenere a mente che l’Indonesia ha bisogno di affrontare i propri problemi per assicurare l’eliminazione della violenza contro le donne. La povertà sistematica e la discriminazione si possono categorizzare come violenza che costringono le donne a trovare una vita migliore in altri luoghi emigrando nell’arcipelago o all’estero.
Solo la scorsa settimana l’alto commissario dell’ONU per i diritti umani, Navi Pillay, esprimeva il suo stupore durante la sua visita in Indonesia nell’ascoltare il livello di discriminazione e ingiustizia che le donne, vittime di violenza, subiscono in questo paese. Se il governo non se ne assume la responsabilità, si capisce che le persone e quindi le donne scappino per salvarsi la vita.
Ci sono azioni che bisogna fare, ma prima il governo dovrebbe riconoscere che esiste l’ineguaglianza, emendare le politiche e cominciare a cambiare le leggi. Si possono ottenere miglioramenti se la gente non dimentica e non continua fa fare gli stessi errori.