“Limbunan” è stato proiettato per la prima volta nel festival del cinema di recente conclusosi “Cinemalaya” dove non ha vinto alcun premio ma ha permesso al film di poter sperare in qualcosa di meglio a Venezia, considerato che il festival di Venezia è uno dei tre più famosi e ambiti insieme a Cannes e Berlino.
Il film colpisce per la sua pazienza, per la sua graziosa esplorazione di una cultura che altrimenti andrebbe incontro alla condanna in mani meno sofisticate e aperte di altri registi, sostiene il critico Philbert Ortiz Dy.
“Il film è bellissimo, sia per il tema che da un punto di vista visivo. Mangasakan impartisce un’atmosfera sognante anche alle più banali delle azioni, creando connessioni tra passato e presente, famiglia e cultura, tradizione e auto affermazione.” aggiunge il critico.
Col suo racconto stilizzato e il suo innegabile splendore, è in modo ancor più importante, un’ode molto personale alle radici culturali fraintese e rappresentate male dell’autore stesso.
Il film della durata di 82 minuti è situato nel 1989 e “cattura i movimenti rituali delle donne in una famiglia tradizionale di Maguindanao in preparazione per una cerimonia nuziale di Ayesha, di diciassette anni che è stata promessa in sposa ad un uomo che conosce appena.”
“Mentre vanno avanti i preparativi, Ayesha si ritrova con il suo turore di infanzia Maguid che ritorna al villaggio da miliziano, dopo cinque anni, risvegliando in lei i ricordi passati della sua infatuazione infantile. Per tutta la sua segregazione Ayesha può guardare al mondo esterno attraverso gli occhi della precoce e ribelle sorella di otto anni, Saripa. Sua madre Amina mantiene la sua dignità e decoro nonostante il fatto che suo marito dorma per metà del tempo con la sua seconda moglie, consolandosi del credo che è dovere suo di donna religiosa essere una moglie obbediente.
E’ compito della zia Farida assicurare che Ayesha sia preparata al matrimonio. Comunque il passato oscuro di Farida mette alla prova la risoluzione di Ayesha trovandosi a scegliere tra l’amore e la fedeltà alla tradizione e alla famiglia.”
Mangasakan sostiene che il film “parla di un matrimonio combinato in qualche modo, ed è un’allegoria delle relazioni tra Manila e Mindanao Musulmana. E’ una relazione impari. Molto spesso i nostri leader si mostrano d’accordo con fare concessioni al governo di Manila per ragioni egoistiche, senza mettere al primo posto il benessere della gente. Da parte sua il governo di Manila coltiva queste relazioni, questa dipendenza. Se le due parti non cominciano un rapporto tra eguali, la relazione rimarrà sempre feudale ed oppressiva. Mi piace pensare che il film è una coproduzione tra le Filippine e Bangsa Moro”.
Con un finanziamento iniziale da parte di Econolink Investment come sussidio alla produzione dato che era finalista nella categoria Full Length a Cinemalaya, Magsakan dovette trovare altri 500 mila peso, circa 10 mila euro per poter completare il film dovendo nel contempo lottare contro quello che lui percepiva come imposizioni e bilanciare la sua visione artistica con le attese degli organizzatori. “Un gioco duro. Da un lato si favorisce uno spirito indipendente, dall’altro bisogna competere con la gente dell’industria e la linea di pensiero degli studio. Loro tendono più ad imporre il loro pensiero che a farti trovare una tua voce propria.”
Comunque lui dice di aver tenuto duro. “dopo tutto, deve essere il mio film, il mio modo di vedere il mondo con gli occhi di un Moro”
Il corto è “una riflessione personale sulla lotta della popolazione Moro per la propria patria, usando la casa di suo nonno come una metafora. Ho giustapposto la mia esperienza personale nella casa con gli event storici per intessere un ritratto lirico del sogno collettivo di una pace duratura. Reso in un modo molto crudo, il film metteva a confronto i miei ricordi di infanzia nella casa con il suo stato di centro di evacuazione.”
La casa del nonno a Pagalungan, nel distretto di Maguindanao, è stata usata per centinaia di persone dislocate (bakwits) che fuggivano dai loro villaggi durante la “guerra totale” ingaggiata dal presidente Estrada contro il MILF (Fronte di liberazione Islamico Moro) nel 2000.
I suoi film successivi si sono soffermati sui problemi dei bambini e delle donne.
“Alla fine, spero che i miei film diventino un boccone agrodolce che guarisce qualche incomprensibile odio, paura e pregiudizio contro la mia gente” aveva scritto in precedenza l’autore.
“Se riesco in ciò, il mio fare film cesserà di essere un prodotto del caso. Diventerò il guaritore che un giorno sognai durante la mia infanzia.”
Mangasakan è anche l’editore di “Children of ever changing Moon”, un’antologia di saggistica di giovani autori Moro, lui compreso. Nel 2005 è stato nominato Difensore del Patrimonio Culturale da Fookien Times Philippine Yearbook per i suoi sforzi nel coltivare la ricca tradizione dei suoi antenati di Maguindanaon.
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