Indipendentemente da chi sarà il vincitore delle prossime elezioni 2013 malesi, la tredicesima dalla sua indipendenza nel 1957, la coalizione storica multietnica che l’ha governata con ogni probabilità si sbriciolerà.
“Qualunque siano i risultati, la coalizione Barisan cesserà di esistere per come la conosciamo poiché l’Associazione dei Cinesi Malesi, il Gerakan e il Congresso degli Indiani Malesi saranno cancellati.” dice un industriale di Kuala Lumpur.
“Assumendo che UMNO formi il governo con i partiti di Sabah e Sarawak, non ci saranno rappresentanti cinesi ed indiani nel governo. E questo non è di certo uno scenario positivo da vedere.”
La colazione Barisan Nasional e l’opposizione, costituita dal partiti di Anwar Ibrahim, PKR, dal partito cinese DAP e dai fondamentalisti Parti Islam se-Malaysia sono coinvolti in quella che si dice l’elezione più difficile nella storia del paese, dove entrambe le parti già si proclamano vincitrici. Uno stratega di opposizione ha detto che la corsa si concluderà con un margine di dieci seggi a favore di una delle due parti in un parlamento composto da 222 seggi complessivi.
Per la maggior parte della sua storia dall’inizio nel 1957, il paese è stato governato da un amalgama ben congegnato di partiti etnici guidati dall’UMNO, Associazione dei Cinesi Malesi (MCA), il Congresso degli Indiani Malesi e il Gerakan che è praticamente scomparso ultimamente.
Comunque nella sconfitta dell’elezione del 2008 il MCA è rimasto con 15 seggi. Gerakan, il secondo partito etnico a prevalenza cinese, è finito con due seggi. Il partito indiano con 3 e UMNO con 78.
Nelle elezioni venture gli analisti politici prevedono che MCA perda seggi fino ad ottenerne uno o due, rimestato negli anni da grossi scandali e lotte intestine che portarono una delle fazioni in contesa a filmare segretamente il capo del partito Chua Soi Lek a fare sesso in un hotel nella speranza vana di cacciarlo dalla politica. Il partito di opposizione ora rinato DAP si aspetta di reclamare la maggioranza del voto cinese. Gerakan di base a Penang e controllato dal DAP potrebbe essere cancellato del tutto. Il partito indiano del MIC è anch’esso pieno di sandali e lotte intestine ed i suoi membri gravitano verso Hindraf, Hindu Rights Action Force.
Questo non è uno scenario tirato fuori dall’opposizione. Se ne è discusso dentro le riunioni dell’UMNO per mesi, mentre il partito ha osservato altre componenti del Barisan Nasional andare in contro al disastro. E’ almeno in parte responsabile per la crescita nei mesi recenti nel linguaggio razziale mentre l’UMNO e i suoi cani d’attacco della ONG della supremazia Malay PERKASA agitano lo spettro di una presa del potere da parte dei cinesi cristiani in un paese musulmano.
I malay costituiscono il 50,4% della popolazione complessiva, i cinesi 24% e gli indiani il 7,1% .UMNO vede la sua possibilità di mantenere il comando del paese intatto vincendo ogni singolo voto etnico malay e sperando di indurre gli Indiani di nuovo dalla sua parte.
Quindi le tribù indigene, per la maggioranza nella Malesia orientale, con l’11% della popolazione probabilmente detengono la soluzione alle elezioni del 2013, secondo molti analisti. Gli stati di Sabah e Sarawak e i territori federali di Labuan controllano 57 dei 222 seggi. I 165 seggi della penisola sono quasi ugualmente divisi tra Barisan e Pakatan Rakyat.
Mentre MCA scende verso il caos, un membro importante dell’UMNO confidava mesi fa che UMNO essenzialmente avrebbe deciso di andare da sola nelle prossime elezioni. Mentre gli altri partiti etnici presenteranno i propri candidati nell’elezione, UMNO proverà a conquistare quanti più circoscrizioni dominate dai Malay possibile e sperare che i partiti componenti abbiano un qualche impatto.
Se non va così, i 57 seggi della Malesia Orientale, a seconda di come i partiti controllati dagli attuali ministri importanti vanno nelle elezioni, controlleranno il destino della Malesia peninsulare. A Sarawak e Sabah i legami di lealtà che tengono i legislatori eletti a particolari partiti sono evasivi. In un caso delle elezioni negli anni 80, quando l’opposizione inaspettatamente prese controllo della camera a Kota Kinabalu, la coalizione vittoriosa costrinse i propri membri vittoriosi dietro una rete metallica per impedire che potessero essere comprati dall’opposizione perdente.
Dovesse realizzarsi lo scenario di collasso, produrrebbe una “opposizione mono-etnica e ineleggibile che sarebbe costretta alla cinghia malay” nella penisola malese, dove 20 milioni dei 28 malesi abitano, senza l’aiuto degli stati della Malesia orientale. Tutti i ministri principali sono stati implicati sebbene mai incriminati in scandali che coinvolgevano cifre di denaro per corruzione nelle vendite del legname. Avrebbero volentieri da dire qualcosa all’opposizione in cambio dell’immunità in tribunale.
Se l’UMNO dovesse ricostruire la coalizione, la vittoria o la sconfitta significano che il trucco di condurre le elezioni appellandosi alla paura o ai pregiudizi del suo elettorato malay ha deluso molto il paese , e che deve riguadagnare la fiducia del complesso mosaico etnico che costituisce il resto del paese.
“Quello che resta sono i seggi dell’UMNO, seggi ad alta maggioranza malay.” dice un membro dell’opposizione. “Potrebbero essere sostenuti da alcuni seggi malay a Sarawak ed alcuni a Sabah, Se perdono, dovranno ricostituirsi. Devo cominciare a moderare la loro linea e provare a riprendersi il sostegno delle minoranze. Assumendo che mantengono il potere, presumo che nei prossimi cinque anni si dovranno ricostituire.”
Non sono certe le implicazioni per la società malese come intero. Le tensioni covano da decenni sin dagli scontri del 1969 che presero le vite di centinaia di tutte le etnie, esacerbati dalla nuova politica economica creata nel 1971 per dare una mano ai Malay rurali svantaggiati economicamente. I malay ottengono la maggioranza dei lavori del governo e delle università. Il paese ha vissuto con una campagna trentennale per assicurare ai crescenti etnici malay la proprietà delle vette del comando della comunità degli affari.
Le cosiddette imprese Alibaba popolano il panorama, con “Ali” che è un etnico malay che di solito siede dietro una scrivania lucidata e vuota, mentre Babas, un nomignolo per i cinesi nati negli Stretti, conducono i veri affari nella stanza di dietro. Sono stati sprecati miliardi per imprese legate al governo dati agli amici dell’UMNO e finiti per terra. Un rapporto esplosivo del Consorzio internazionale dei giornalisti di indagine rilasciato da giorni diceva che almeno 200 miliardi di dollari sono stati portati fuori dal paese lo scorso anno verso Singapore, un esempio incredibile di fuga di capitali.
Un giornalista del Wall Street Journal, Hugo Restall, dice: “Il sistema malese di trattenere le minoranze attive indiane e cinesi ha trasformato una regione a rapida crescita in un bastione di mediocrità. I migliori ed i più attivi se ne vanno a causa del clientelismo e delle quote razziali nell’istruzione e nel lavoro che impediscono loro di avanzare”.