Ci vorrà ancora molto per capire quello che è successo per le strade di Bangkok da marzo fino a giugno 2010 a Bangkok e ci vorrà ancora molto per capire il loro risvolto nella politica complessiva Thailandese.
Un contributo allo studio di quello che è successo viene da Claudio Sopranzetti, uno studente della Harvard University impegnato per la sua tesi in un lavoro di ricerca sociale sul movimento dei moto-tassisti a Bangkok e il loro ruolo nella politica e nella vita di Bangkok.
Qui presentiamo una sua intervista rilasciata a Arnaud Dubus, giornalista francese, ed apparsa su New Mandala, il blog della Australian National University. Un’altra intervista a Claudio Sopranzetti è apparsa su AlJazeera Asia.
Tra le crepe della società Thailandese: i moto-tassisti
Claudio Sopranzetti, studente della Harvard University, sta scrivendo la sua tesi sui tassisti su motocicletta e sul loro ruolo nel movimento politico Thailandese, studiando per la prima volta questo gruppo sociale. L’intervista è condotta da Arnaud Dubus, giornalista francese.
Arnaud Dubus: Prima di tutto, puoi darci un’idea dell’organizzazione dei moto-tassisti?. Credo che abbiano dei leader. Sono organizzati per area, per paksoi? C’è una gerarchia?
Claudio Sopranzetti: Tutto ha a che fare con la politica e con il loro coinvolgimento nella politica. Nel 2005 Thaksin Shinawatra ha introdotto un cambiamento nell’organizzazione interna dei gruppi e del sistema. Ed è questa la ragione del loro legame con Taksin.
Prima di allora, ogni gruppo di tassisti era organizzato indipendentemente, legato ad una mafia locale, gente del posto influente, pu mi ithipol. Molto spesso erano poliziotti, o militari o thesaket.
Queste persone dicevano: nell’area di mio controllo avremo un gruppo qui, un altro gruppo qui e un altro qui. Tutti del gruppo dei tassisti dovevano pagare una somma giornaliera per avere il giubbino che era prodotto e distribuito da queste persone importanti, proprio per il fatto di essere sul loro territorio.
Era il costo del giubino o il costo della fila. Il grande problema era che queste quote erano raccolte indipendentemente dal fatto che i tassisti avessero lavorato quel giorno.
La maggior parte dei moto tassisti provengono dalla provincia. In certi periodi dell’anno, ritornano in provincia per il raccolto e per altri lavori agricoli. Prima del 2005 dovevano pagare sempre la loro quota, anche se non facevano soldi. Dopo la sua guerra alla droga, Thaksin iniziò una guerra sulle figure oscure indicando cinque o sei gruppi di differenti mafie: quella dei locali di massaggio, la lotteria, i trafficanti di droga e i controllori dei moto-tassi.
Questa politica è stata di un importante valore simbolico. In quegli anni Thaksin stava legalizzando, formalizzando la nazione. E’ come se avesse detto: da ora in poi ogni tassista può registrarsi nell’ufficio distrettuale e saremo noi a distribuire i giubbini senza alcuna tassa a chi si registra. Da questo periodo provengono gli attuali giubbini arancione con la scritta BMA. In questo modo almeno teoricamente Taksin tagliò il controllo della mafia locale.
Questi giubbini erano contati. BMA fissò il numero dei giubbini totali. Mentre furono distribuiti liberamente, molti li vendettero. E molti di chi li comprarono erano le solite persone influenti. Alcuni per esempio ne vendettero almeno cinquanta e poi li davano in affitto.
A seconda del luogo e spesso della dimensione, il gruppo poteva dipendere dalle mafie locali. Per esempio, un gruppo piccolo in un’area poco frequentata poteva auto-organizzarsi. Ogni gruppo organizzato aveva un leader, hua naa win, esso stesso un tassista. Controlla chi entra, chi esce, dirige chi entra nel gruppo e gli scambi tra i gruppi e cura di risolvere i conflitti nel gruppo.
Nei gruppi più grandi, c’è qualcuno al di sopra, ma molto spesso questi leaders non sono essi stessi dei moto-tassisti. Lavorano per le persone influenti e vanno per i vari ruppi a raccogliere le quote. In questi gruppi grandi le persone cambiano molto spesso.
I piccoli gruppi lavorano più in modo cooperativo e sono più stabili. Sono anche gruppi di amici, che escono insieme, che vengono dallo stesso villaggio e conoscono le rispettive famiglie. Nei gruppi maggiori dove devi affittare il giubbino, c’è un flusso continuo di persone. L’organizzazione del lavoro giornaliero è lo stesso per ogni gruppo: ognuno ha un numero e fa parte di una coda. Ogni volta che c’è un cliente il proprio numero è posto alla fine, così ognuno ha il proprio turno.
Arnaud Dubus: Thaksin è divenuto così popolare tra i moto-tassisti per i sui programmi sociali e la sua politica contro la mafia?
Claudio Sopranzetti: Ci sono varie ragioni … Prima di tutto, molti dei moto-tassisti provengono dall’Isaan (nordest della Thailandia) e hanno visto gli effetti delle politiche di Thaksin. Si sentono tutti questi discorsi: sì, c’è un commercio dei voti, sono stati comprati, sono stati dati dei soldi per aver fiducia in Thaksin. Ma se parli alla gente, quello che viene fuori sempre più spesso è la politica. Le decisioni e le politiche molto precise intraprese dal governo. Sono stato con un moto-tassista nel suo villaggio nell’Isaan, un buon amico. Siamo stati con la sua famiglia. Nel villaggio c’erano almeno un centinaio di famiglie e siamo andati in giro. Mi diceva: ci sono due cose che sono state sviluppate in questo villaggio. Una è la scuola, l’altra è la strada asfaltata. La scuola fu costruita dagli studenti della Thammasat University negli anni 70 da chi venne qui dopo il 1973. E la strada asfaltata fu fatta con il fondo del villaggio stabilito da Thaksin. Diceva, sono questi i due momenti della mia vita in cui ho visto lo Stato.
C’è anche la sensazione di essere parte di un gruppo fondante che riceve dei benefici dal sistema. Molti dei moto-tassisti sono anche contadini. Molto spesso sono coloro che portano il pane alle loro famiglie estese. Sono coinvolti sia nella vita della città che in quella delle campagne, il che ha reso molto importante per loro le politiche di Thaksin per la città e per le campagne. E’ una delle ragioni per cui sono molto interessati alla politica, poiché sono uno dei pochi gruppi a vivere la doppia dimensione di questa nazione, la sua dimensione urbana e rurale. E non solo nel corso della loro esistenza, ma continuamente vanno e vengono dalle campagne. Conoscono le differenze degli stile di vita, le ineguaglianze, conoscono tutto.
Arnaud Dubus: Il ruolo dei moto-tassisti in politica non è del tutto nuovo. C’è stata una tradizione, specie nel maggio 1992 quando molti sostenevano che dietro di loro c’era Chavalit. Quali sono le differenze tra ciò che accadde nel maggio 1992 ed ora? Suppongo debbano esserci stati molti cambiamenti.
Claudio Sopranzetti: Una parte della mia ricerca è di tracciare come si è evoluta nel tempo la partecipazione politica. C’è una distinzione da fare, prima di tutto. Alcuni lavorano come tassisti per un periodo limitato. Lavorano come tassisti per due o tre anni e questi non sono in genere coinvolti nella dimensione politica. E poi ci sono quelli che lo fanno come un lavoro permanente, da dieci o quindici anni. Questo secondo gruppo in generale è più coinvolto nella politica, più coinvolti nel chiedere differenti condizioni di lavoro come moto-tassisti. I membri di questo secondo gruppo sono stati coinvolti nella politica a partire dal 1992. L’ho sentito molte volte: “se vuoi comprendere il nostro impegno politico, allora guarda al 1992.”
E’ interessante poiché il 1992 non è stato storicizzato, non lo si è raccontato come un fatto della classe lavoratrice. C’è lo stereotipo del 1992 come una protesta della classe media. Nei fatti molti di quelli che protestavano provenivano da Klong Toey (quartiere popolare di Bangkok), ed i più radicali erano i moto-tassisti.
Infatti alcuni dei tassisti coinvolti nelle manifestazioni di oggi erano stati coinvolti nel 1992. Alcuni degli organizzatori politici dei moto-tassisti che sono andati sul palco con le Magliette rosse erano già attivi nel 1992.
Ma molti a cui ho parlato vedono una differenza. Una volta uno mi ha detto: nel 1992, davvero eravamo pagati, eravamo affittati da Chavalit e da altri politici. Ma la loro partecipazione nella protesta attuale è stata più indiretta. Ed una cosa di cui vanno fieri è che possono mobilitarsi di loro volontà.
Un cosa che dicono con molta fierezza: non andremo allo scoperto se non sappiamo che possiamo vincere, poiché non vogliamo rischiare la nostra situazione. E poi hanno sviluppato un modo di pensare più da Sindacato. Dicendo che abbiamo bisogno di pensare cosa ci va bene, come moto-tassisti. Uno di loro mi ha detto: non siamo né tra le magliette rosse né gialle, noi abbiamo magliette arancione, il colore dei nostri giubbini.
Questa volta, sono stati capaci di giocarsi le loro relazioni politiche con le magliette rosse per avere aiuto dal governo per alcune cose. Eccovi un esempio. C’è un leader gestore di moto-tassisti a Samut Prakarn che era in quella posizione da qualche tempo. Prima di Thaksin quella posizione era nelle mani di un poliziotto molto potente del posto. Col cambio di legge instaurato da Taksin, i moto-tassisti si registrarono da soli. E’ un gruppo grande con buone connessioni interne. Decisero di non vendere il loro giubbino, dicendo che non volevano ritornare a quel tipo di controllo. Perciò tenevano il giubbino o lo dovevano vendere ad un altro che voleva essere un moto-tassista.
Effettivamente eliminarono la presenza di quest’uomo. Due anni fa, il poliziotto ritornò organizzando due nuovi gruppi di moto-tassisti. Il gruppo di cui parla era nel mezzo del soi. Il poliziotto mise su due gruppi illegali con giubbini illegali all’inizio del soi e all’entrata del mercato, tagliandoli completamente fuori dai possibili clienti. Era tutto affidato al cliente che conosceva la situazione, oppure non li si poteva raggiungere. Non c’era nulla che potessero fare. Potevano lamentarsi e fare un rapporto, ma il vero problema era che il poliziotto lavorava proprio nell’ufficio dove questi rapporti erano indirizzati. Allora che fecero? Dopo che alcuni di loro andarono a parlare sul palco delle Magliette Rosse e a lamentare la loro situazione, i militari li chiamarono e col decreto di emergenza in atto dissero loro: non vogliamo che andate con questi giubbini alla protesta. Potete andare come cittadini qualunque, ma senza giubbino. I moto-tassisti iniziarono una trattativa. Andarono dai militari esponendo il problema e chiedendo aiuto. I militari intervennero, i due leader scomparvero e tutto tornò alla normalità per loro.
Arnaud Dubus: In che proporzione secondo te i moto-tassisti appartengono alle magliette rosse?
Claudio Sopranzetti: Una percentuale alta.
Arnaud Dubus: Ci sono delle magliette gialle tra loro?
Claudio Sopranzetti: Alcuni, una minoranza nella maggior parte delle aree. Credo dipenda un po’ da che tipo di area si tratti. Lard Prao è un’area per lo più rossa, quasi tutti magliette rosse tra i moto-tassisti. A Sukhumvit si hanno più gialli. Un gruppo a Sukhumvit si è rotto per la diversa scelta politica, la gente si è separata.
E’ una scala complicata di legalità e illegalità. Quelli legali del tutto, hanno una licenza di guida come tassisti, una targa gialla sulla moto e un giubbino col proprio nome scritto sopra. Alcuni hanno il giubbino ma non hanno la targa sulla moto, che vuol dire che hanno comprato il giubbino da qualcuno ma non sono registrati e quindi la moto non è registrata. Un altro gruppo ha giubbini falsificati e li vende. Il numero formale che l’amministrazione di Bangkok lo scorso anno ha dichiarato è 108mila, ma la stima di studiosi è stata messa su 200mila.
Arnaud Dubus: C’è un qualche tipo di organizzazione tra i leader, una sovraorganizzazione?
Claudio Sopranzetti: Hanno creato sei o sette mesi fa un’organizzazione chiamata Associazione dei moto-tassisti dela Thailandia (AMTT). E’ politicizzata. Non proviene dalle magliette rosse ma la maggioranza nell’associazione si conosce. Tre anni fa quando Thaksin ritornò dopo il golpe, circa 5000 moto-tassisti andarono a prenderlo all’aeroporto, molti si conoscono da quel giorno. Così non è un’associazione politica ma la maggioranza del network viene da quel momento politico.
L’associazione è un tentativo di formalizzare qualcosa che già esisteva. Il presidente dell’associazione è stata la prima persona a legalizzare il leader a Bangkok. E’ stato alla TV, nei giornali. E’ stato uno degli organizzatori della protesta dopo che la legge della legalizzazione passò per domandare che le clausole della legge fossero davvero messe in pratica. E’ stato uno di quelli che ha organizzato il benvenuto a Thaksin da parte di migliaia di moto-tassisti. Ha un volto che la gente riconosce. I tassisti leggono spesso il giornale quando attendono il oro giro. Qualunque notizia sui moto-tassisti attira la loro attenzione.
L’associazione ha forse 1500 iscrizioni, non è molto grossa ma hanno iscritti in ogni distretto ed usano i loro iscritti per far circolare le notizie.
Il 4 di maggio ci fu un grosso incontro con BMA. Erano presenti quasi tremila moto-tassisti, molti neanche membri dell’associazione che avevano saputo della notizia attraverso l’associazione. Il loro scopo è la formalizzazione e lavora come un sindacato, con una trattativa col governo e lo stato.
Arnaud Dubus: I tassisti giocarono, un anno fa, un ruolo importante durante le mobilitazioni contro il governo per il loro sistema di comunicazione quando bloccarono Victory Monument, durante il summit dell’ASEAN a Pattaya. Furono molto efficienti per la loro rete di radio potendo diffondere le notizie con rapidità. I moto-tassisti hanno un’organizzazione simile?
Claudio Sopranzetti: E’ informale, non è basata sulle radio a sui telefonini e SMS. Ma questa volta hanno avuto un grosso ruolo nella raccolta di informazioni. Perché? Sono in ogni stradina, conoscono il territorio come nessun altro. Sono molto flessibili. Un moto-tassista può essere un manifestante ad una manifestazione delle magliette rosse, poi mettere il giubbino e diventare qualcuno che lavora alla manifestazione. Posso anche mettere il giubbino, caricare un passante e andare nelle zone controllate dall’esercito a Silom.
Raccolgono differenti tipi di informazioni, come il movimento delle truppe. Forniscono informazioni ad entrambi i contendenti a seconda della loro affiliazione politica. Alcun sono vicini al governo come quelli del distretto del Dusit Hotel e molti sono anche militari. C’è spesso una sovrapposizione di lavori.
Un esempio. Si diceva un giorno che Abhisit fosse a casa sua, verso l’8 di maggio. Misero insieme 300-400 moto-tassisti e si diressero verso la casa per spaventarlo. Lui non era lì e così tornarono.
Anche agli inizi di aprile, ci fu un momento quando le magliette rosse credettero di stare per subire un attacco dai militari. Weng Tojirakarn andò sul palco e disse: abbiamo bisogno di 500 moto-tassisti per andare ad ogni uscita, scrivete il proprio nome e telefono, se abbiamo bisogno di voi vi chiamiamo. Si chiedeva loro di girare per la città e annotare il movimento delle truppe in città. Erano utilissimi per questo genere di cose. Anche molte delle guardie erano dei moto-tassisti, e fanno anche da guardiaspalle per gente importante. Perché? Poiché se devi scappare sono le persone più affidabili su cui contare. Conoscono tutte le stradine, tutto. E’ facile per loro scomparire.
Arnaud Dubus: In quali altre attività sono stati coinvolti durante la crisi politica da marzo a giugno? Furono coinvolti in qualche atto violento? Erano armati con armi vere?
Claudio Sopranzetti: Non ho notato nessuno armato sul campo. Prima del 19 di maggio, ho visto due persone armate che correvano con armi alla mano. E’ un piccolo numero, benché forse non ne ho notato come dovrei. Dipende un po’ da cosa si intende per violenza, ma certo alcuni erano coinvolti in varie pratiche.
Mi trovavo spesso a Bon Kai durante gli scontri. Alla fine del soi Sawan Sawat c’è un parco attraverso cui si può andare alla Lumpini Tower. Alcuni stavano lì, si spostavano e bruciavano copertoni. Un bel numero era fatto di moto-tassisti provenienti da Klong Toey. Erano organizzati da qualcuno? Non credo. Partecipavano alla protesta e sono conosciuti essere delle teste calde, Jai rawn.
Arnaud Dubus: Si diceva che alcuni di loro ricevessero un po’ di soldi per stare nelle manifestazioni.
Claudio Sopranzetti: E’ vero per chi lavorava come guardia. Il problema dei soldi alle dimostrazioni è subdolo. Questi soldi sono considerati una paga per un servizio reso, nel senso che le guardie erano pagate come guardie, per fare quel lavoro. Ma essere pagati per stare nelle manifestazioni, sembra davvero strano. 200 baht è forse meno di quanto guadagnano ogni giorno. Un moto-tassista in un buon punto guadagna da 400 a 500 baht al giorno, vale a dire 10-15 mila al mese. Una somma buona. Un professore di università un giorno mi confidò: possono guadagnare più di me.
Un altro elemento è che questo lavoro è perfetto per ciò di cui hanno bisogno. Dicevano: quando avevo un altro lavoro e allo stesso tempo se c’era bisogno di lavorare a casa, non potevo. Se lascio non vengo pagato o perdo il lavoro. I moto-tassisti sono liberi di andare e tornare.
A livello politico la questione è: perché le persone amano una persona per le sue politiche ma non amano un altra che le implementa? Una delle prime cose fatte da Abhisit come Primo Ministro è stato di dare una somma di aiuto ai poveri di 2000 baht. Il pacco fu dato alle persone con un’entrata mensile di meno di 15000 baht. Tutte queste persone non hanno un’entrata mensile. Il governo non comprende davvero cosa voglia dire povertà, ed esclude i veri poveri dando il denaro a chi non è povero.
I moto-tassisti riescono a vedere le differenze tra due differenti politiche governative a causa della definizione di povertà. Credo sia la stessa cosa tra gli ambulanti, ma non ho avuto importanti discussioni con gli ambulanti. Credo che forse lavorando in ristorantino ambulante si diviene più una persona di Bangkok. C’è anche un fattore legato al sesso: le donne tendono ad essere meno coinvolte nel cuore della politica dovendo aver cura delle loro famiglie. I moto-tassisti giungono a Bangkok col loro giro personale. Conosco qualcuno del villaggio, un amico di un amico. Arrivo a Bangkok, non ho fatto le scuole, voglio fare il moto-tassista, mi capita di parlare a quell’amico che mi introduce ad un altro amico. Ci sono pochi importanti contatti al di fuori della comunità dell’Isaan.
Arnaud Dubus: Trovo molto interessante quello che dici: hanno una visione duale attraverso le loro origini e la vita in città. Sebra anche ovvio che il giro dei moto-tassisti sia molto basato sulle relazioni individuali che è la base della cultura Thai e della cultura politica thai. E’ quasi un esempio perfetto di questo giro di relazioni. Più degli ambulanti che non sono organizzati come gruppo.
Claudio Sopranzetti: Molti moto-tassisti hanno sorprendentemente relazioni vicine a persone di classe superiore, poiché queste persone li usano. Se sono ricco, mando il mio servo a comprare dal ristorantino. Se sono davvero ricco e dirigo una impresa, ho più di un messaggero tra i moto-tassisti e mi servo di loro con costanza, perciò mi devo poter fidare e devo sapere chi sono. Ho bisogno che loro credano che sia un amico, e loro hanno bisogno che io sia un amico.
Si parla molto tra i moto-tassisti dei phu yai. Quale Phu Yai conosci? Chi ti può aiutare? Cose a caso … Uno mi diceva di sperare che un prete francese della chiesa di San Luigi forse sapeva come finanziare l’educazione della figlia almeno per un po’.
Sono a contatto con un vasto giro di classi. Fanno servizi differenti per classi sociali differenti. Conoscono la polizia, l’esercito, burocrati del governo, conoscono davvero la gente ricca.
E’ proprio questa la contraddizione di cui parlavo. Da un lato si pensa al moto-tassista come insicuro, pericoloso, ubriaco. Ognuno ha una storia su di loro di sbattere le ginocchia contro una macchina. Molte cose sono false, benché accadano talvolta. Quante di queste storie fanno più parte di una dimensione narrativa della loro presenza in città?
I moto-tassisti si trovano negli interstizi di molte cose, sia metaforicamente che nella realtà. Si guardi al loro muoversi nel traffico, creano uno spazio dove non esiste. Allo stesso modo si muovono nella società, tra le classi, tra i grattacieli, tra le automobili.
Sono incredibilmente importanti per la città, tuttavia incredibilmente marginali, persone di cui tutti
si servono ogni giorno. Ce ne sono 200 mila, ognuno dei quali fa da 20 a 30 viaggi al giorno, quindi almeno 4 milioni in un giorno. La metropolitana e il treno sopraelevato ne fanno appena un milione E’ davvero un mezzo di trasporto di massa in città.
Tra gli studi sul trasporto a Bangkok non c’è nulla su di loro. Tutti gli studi guardano ai movimenti a lungo raggio, ma loro fanno solo dei piccoli tratti. Non appaiono. Ma ognuno ha una storia sui moto-tassi, ognuno li ha usati.
Durante la guerra del Vietnam, una parte della cooperazione tra USA e Thailandia riguardava la pianificazione urbana. Un gruppo del MIT venne qui negli anni 60 e stese il primo piano regolatore generale con l’obiettivo di trasformare Bangkok in una città fondata sull’auto, riempendo i canali e costruendo grandi strade che andavano dirette al centro. Con queste autostrade si cominciò a delineare un centro. E chi possedeva le terre voleva fare i soldi subito, e diedero strade da sviluppare, senza che fosse stabilito un metodo per costruire le strade. Furono costruiti grandi blocchi con stradine strette rendendo un trasporto pubblico impossibile. O si usa la macchia e si rende l traffico impossibile, oppure si ha bisogno di un trasporto che da casa ti porti alla fermata del bus, del treno, della metropolitana, all’ufficio.. questa forma è il moto-tassi.
Senza di loro la città non funzionerebbe. Un organizzatore dei moto-tassisti una volta mi disse: se un giorno tutti quanti decidessimo di non scendere a lavorare, la città sarebbe paralizzata. Questo è un grosso potere, pur tuttavia sono marginalizzati, più degli ambulanti. Fanno parte del panorama di Bangkok, ma la gente non sembra rifletterci abbastanza.