Il governo indonesiano ha dichiarato di mirare ad approvare nel giro massimo di un mese un progetto che libererebbe vasti appezzamenti di foreste vergini protette nell’isola di Sumatra nel giro di un mese per sfruttamento commerciale.
Questo progetto ha trovato da una parte il plauso della Compagnia mineraria canadese East Asia Minerals che condurrà le esplorazioni alla ricerca di oro, mentre dall’altra ha trovato la vasta opposizione della società civile che sostiene che il guadagno è solo per la multinazionale, non per il paese o i suoi cittadini.
Ad essere resi disponibili allo sfruttamento commerciale saranno 1,2 milioni di ettari che sono la casa a varie specie animali in via di estinzione come rinoceronti, elefanti ed orangutan in favore di imprese minerarie, industria del legname e di piantagioni di palma e caucciù.
Il progetto deve essere approvato anche dal governo locale autonomo di Aceh che attraverso Tengku Anwar si è già reso disponibile, dopo che la precedente amministrazione aveva posto, sei anni fa, il divieto di nuovi diboscamenti. La nuova amministrazione ha cancellato, lo scorso anno, quel divieto dando via libera alla deforestazione.
La compagnia East Asia Minerals, per bocca di Edward Rochette, ha espresso la propria soddisfazione per il progetto dicendo anche che la sua compagnia lavora al fianco dei rappresentanti ufficiali indonesiani ad una riclassificazione delle foreste vergini da foreste protette a foreste di produzione.
Questa semplice dichiarazione in realtà conferma quello che i militanti di Friends of Earth Indonesia sostengono, secondo cui il progetto deve essere immediatamente fermato anche perché è “sviluppato attraverso un processo fortemente malato in cui le compagnie estere intervengono e guidano la politica locale”.
Ian Singleton che lavora nella provincia di Aceh su un programma di salvaguardia dell’orangutan dice che la compagnia East Asia Minerals ha fatto un’affermazione con la quale si spara sui piedi: “Il governo di Aceh ha ripetutamente detto che il progetto era a beneficio della gente di Aceh ma questa affermazione dice che questo non è proprio il caso”.
Va anche ricordato che in base al trattato REDD+ l’Indonesia avrebbe dovuto lavorare alla conservazione delle foreste vergini per contribuire a controllare le emissioni di gas serra, di cui l’arcipelago è il terzo produttore al mondo.
Come queste due cose possano procedere è il mistero della corruzione. Di seguito un articolo sull’opposizione popolare a queste attività minerarie.
L’opposizione alle miniere a Kulong Progo, a Yogyakarta.
“Voglio ritornare a fare il contadino e a nutrire la mia famiglia, ma continuerò ad oppormi al progetto minerario.” diceva Tukijo parlando all’IRIN dalla prigione di Yiogyakarta a Giava Centrale. Tukijo ha ricevuto una condanna a tre anni di carcere nel marzo 2012 dopo essere stato accusato di aver rapito un impiegato della compagnia mineraria, accusa che lui rigetta. Il suo arresto giunge dopo anni di opposizione crescente da parte dei cittadini di Kulon Progo, una comunità costiera di contadini nella regione di Yogyakarta, ad un progetto minerario di depositi di ferro nella sabbia vicino la loro campagna.
“Vogliamo preservare il nostro ambiente e vogliamo esercitare i diritti di cittadini e restare sulla nostra terra.” dice. Altri membri della comunità sostengono che è stato incarcerato per provare a mettere la museruola alla comunità intera.
Secondo i dati ufficiali dell’Ufficio centrale di Statistica, le attività minerarie contribuiscono al 12% del PIL e fanno dell’Indonesia uno dei più grandi produttori di rame, stagno e carbone. Ma la spinta allo sfruttamento delle risorse naturali è sempre più messo in dubbio dalla resistenza delle comunità colpite da questi progetti che spesso denunciano che questi progetti mancano di regole e che loro sono quelli che ne beneficiano di meno.
“Ci sono tanti conflitti legati alla disputa dei suoli in varie aree, e queste dispute coinvolgono comunità locali e proprietari di piantagioni , concessionari minerari ed altre istituzioni” racconta un parlamentare al quotidiano JakartaGlobe. In questi conflitti sono venticinque i contadini che sono stati sparati dei quali tre sono morti, secondo Consortium for Agrarian Reform.
Nel 2012 ci sono state 7196 dispute dei suoli contro i 2791 dell’anno prima, secondo l’Agenzia Nazionale del Suolo. Solo il 60 % di queste sono state risolte.
Il parlamento nel frattempo è al lavoro per riscrivere la legge agraria del 1960 per provare ad incidere su questi numeri di dispute di concessione delle terre.
Il governatore della provincia del Kalimantano Orientale annunciava una moratoria di un anno ai nuovi permessi e concessioni per le foreste, miniere e piantagioni adducendo la ragione di voler ridurre le dispute tra compagnie e comunità locali.
“La gente crede che questi progetti danneggiano sempre l’ambiente e non danno benefici alle popolazioni locali, e quindi c’è sempre più opposizione ad essi.” dice Tommy Apriando, ricercatore di Yogyakarta presso la pubblicazione ambientalista Mongabay.
Il progetto di estrazione mineraria del ferro dalla sabbia di Kulon Progo, portata avanti dalla Indo Mines Limited australiana e Jogia Magasa Mining indonesiana, è iniziato nel 2007 in un piccolo pezzo di terra iniziato dal sultano di Yogyakarta a cui già in questa fase si opposero tanti abitanti e militanti. La preoccupazione era che l’estrazione di ferro avrebbe potuto favorire l’intrusione di acqua salmastra dall’oceano nelle acque usate dai contadini, come sostiene Suparlan della ONG Walhi. Le imprese hanno poi proposto l’espansione dell’area da quasi 2 km-quadri a 22 km-quadri, sui quali ci sono oltre 20 mila persone.
I cittadini di Kulon Progo hanno rifiutato di discutere la vendita della terra sia col governo che con la multinazionale. Sostengono che il progetto è andato avanti in maniera poco trasparente.
Isyanti, un abitante, ha detto che la compagnia ha cominciato ad esplorare senza assumere gente del posto e che il silenzio attorno al progetto era un segno per dire che “la compagnia avrebbe parlato con noi quando sentiva di doverlo fare”. Nel 2010, dice la donna, il governo tenne un incontro inteso come “incontro pubblico” affinché i membri della comunità entrassero in rapporto col governo ed esprimere le loro domande o lamentele. Ma il fatto strano è che i membri della comunità locale non potettero partecipare. “Il governo dice che ci sono i nostri rappresentanti che parlano per noi, ma quello che fanno ci dice che servono solo interessi privati in questo caso”.
Comunque secondo il capoufficio del dipartimento minerario di Kulon Progo sostiene che la situazione sul terreno è cambiata. “C’era qualche opposizione iniziale, ma abbiamo fatto una serie di incontri con la comunità per far comprendere loro che il progetto è a loro stesso beneficio e non danneggerà l’ambiente. Membri della comunità sono stati coinvolti nei reclami e la compagnia ha messo su un impianto pilota per dare al pubblico come sarà l’impianto finale.”
Nel frattempo un produttore locale di peperoncino predice che le tensioni continueranno, mentre un altro contadino dice che resisterà a qualunque costo.
Un professore indonesiano a Yogyakarta che chiede l’anonimato ha detto che ha lavorato col governo per stabilire il potenziale minerario di Kulong Progo, ma di essere stato costretto a lasciarlo, insieme ad altri colleghi, per l’atteggiamento pubblico generale sempre più negativo nei confronti del progetto.