A trent’anni dall’olocausto cambogiano, che ha visto la morte di 2 milioni di persone, e dopo la prima condanna del boia delle prigioni di Tuol Sleng, a Phnom Pehn, Kaing Guek Eav, soprannominato Duch, il Tribunale Straordinario della Corte Cambogiana (ECCC) creato nel 2003 insieme alle Nazioni Unite, ha decretato di continuare il processo ai Khmer Rossi con altri quattro esponenti importanti del passato regime di Pol Pot dei Khmer Rossi che devono essere processati.
Il 16 settembre i leader Nuon Chea, soprannominato Fratello 2 e ideologo capo del partito, Ieng Sari, ministro degli esteri, Ieng Thirith, moglie di Ieng Sary e ministro degli affari sociali, e Khieu Samphan capo di stato dei Khmer Rossi, sono stati accusati e rinviati a giudizio per crimini contro l’umanità, per genocidio e crimini di guerra. I quattro sono ritenuti responsabili, insieme a Pol Pot ed altri ormai deceduti, di aver architettato il regime e la spaventosa scomparsa di almeno due milioni di cambogiani, un olocausto che ha paragoni solo in confronto a quello nazista.
Mentre Duch aveva ammesso durante il processo i propri crimini ed aveva collaborato con la corte, i quattro hanno sempre rifiutato ogni collaborazione con la Corte. Nuon Chea pur riconoscendo le morti inflitte si è sempre dichiarato nell’impossibilità di fermare le morti. Dopo la sua defezione dalla guerriglia nel 1998 e il suo arresto, il primo ministro Hun Sen gli perdonò i crimini.
Ieng Sari, ex ministro degli esteri, ebbe il perdono dall’allora re Sihanuk e si trova in condizioni di salute molto flebili. Sua moglie, Ieng Thirit è ritenuta la mente del drastico tentativo di riformare la società cambogiana e non ha mai riconosciuto nulla delle accuse a lei rivolte. Khieu Samphan pur non negando quanto successo non ha mai ammesso il proprio ruolo nel regime, ritagliando invece per sè il ruolo di un nazionalista ed intellettuale, lasciando poi la guerriglia nel 1998. Tutti quanti hanno studiato, compreso Pol Pot nelle Università francesi.
Per la società cambogiana questo processo avviene a trentanni da quanto successo ma, usando le parole di Youk Chlang del Centro di documentazione della Cambogia “Il processo sarà il processo più importante nella storia cambogiana e permetterà ai cambogiani di voltare pagina e andare avanti”. Questo processo, con tutte le difficoltà che troverà, di certo darà una voce ai milioni di persone scomparse e proverà a trovare una qualche forma di riparazione anche con gli aiuti di vari donatori stranieri.
Di seguito proponiamo due riflessioni: quella di un tedesco emigrato in Cambogia, Norbert Klein, dove gestisce un blog e la riflessione di una studentessa cambogiana, Keo Kounila , sul rapporto col passato della società cambogiana in relazione a quanto fatto e vissuto nella Germania contemporanea.
Vivendo in Cambogia sin dal 1990 non mi accorgo più, con costanza, delle differenze in Cambogia da ciò che sapevo o vissuto prima di venirci. Ma quando vengono visitatori dall’estero, lo stesso incontro è anche un ricordare. Una esperienza che si ripete con regolarità con i visitatori è la loro richiesta di visitare i monumenti al ricordo del genocidio Tuol Sleng a Phnom Pen e Choeung Ek a 15 chilometri dalla città. Il che porta a sorprendersi e a discutere, dal momento che i visitatori osservano che, in questi centri della memoria, ci sono pochissimi cambogiani tra i tanti turisti stranieri, tra i quali molti turisti provenienti da paesi asiatici.
La sorpresa è espressa con forza particolare dai visitatori tedeschi, poiché la nostra nazione ha un certo numero di siti che ci ricordano del periodo più oscuro della nostra storia, dove diversi milioni di persone furono sistematicamente uccisi dai tedeschi. Come mai questi monumenti alla memoria cambogiana non sono visitati molto? Come può accadere che il sito del ricordo dei Campi di Sterminio a Choeung Ek non sia mantenuto dal governo nel modo solenne ma è stato privatizzato, mentre nel negozietto di ricordini ci sono essenzialmente tessuti cambogiani e prodotti fatti a mano come in qualunque altro posto turistico?
Queste visite non sono solo esperienze dolorose ma anche imbarazzanti: cosa vuol dire questa noncuranza o persino negazione della storia recente per una nazione, per una società, per il suo presente e futuro? Non ci sono risposte facili.
Il cambogiano costruttivo di Keo Kounila
Nel seguire i corsi sull’Olocausto in Germania per quasi tre settimane, rimasi sconvolta nell’osservare le similarità tra la storia del massacro e della devastazione incontrati dai cambogiani e dai tedeschi, e le più varie strategie intraprese per la riconciliazione.
I Khmer Rossi si lasciarono alle spalle due milioni di morti tra il 1975 e il 1979 mentre il regime nazista uccise sei milioni di ebrei europei insieme a molti altri tra il 1939 e il 1945.
Mentre per molti queste cifre possano rendere tetra la modernità, essi mi ricordavano di un’introduzione di Steven Pinker, un docente di psicologia dell’Università di Harvard, dal titolo “Una storia di violenza”, che diceva che “oggi stiamo forse vivendo nel periodo più pacifico di esistenza della nostra specie”.
Il discorso asseriva che gli eventi orribili come gli olocausti tedeschi e cambogiani “hanno portato ad una comprensione generale che la modernità ci ha portato violenze terribili e forse la gente all’origine viveva in uno stato di armonia da cui noi ci siamo in seguito allontanati.” Se Pinker ha ragione siamo diventati persone più pacifiche col tempo, ma la domanda rimane, se tutta questa violenza fosse necessaria.
Osservando il mondo con gli occhi di una cambogiana di 22 anni, credo che la gioventù cambogiana non riesca, con facilità, a relazionarsi a quello che i loro genitori vissero circa tre decenni fa. Non sorprendono le difficoltà che i giovani cambogiani incontrano nel capire il loro passato considerando la penuria di lezioni a scuola ed i viaggi di istruzione dedicati al periodo più nero della storia cambogiana.
Si sente dire spesso che il futuro di una nazione dipenda dalla qualità dell’istruzione tra i giovani, ma come può aversi una riconciliazione che permetta alla nazione di andare avanti quando ai giovani non si insegna del loro passato e non sono incoraggiati a prevenire la ripetizione nel futuro. Si dedicano pochissime ore di storia a questo capitolo della nostra storia, figuriamoci se si mandano i ragazzi di scuola a visitare il centro di tortura di Tuol Sleng che vide la brutale esecuzione di 15 mila “nemici del regime”.
L’imparare la storia dai libri forse può servire a trasferire dei fatti, ma il visitare i luoghi della storia darà ai giovani una visione della crudeltà che un tempo ha regnato in Cambogia e le cause reali delle atrocità.
Le scuole superiori tedesche mandano i loro studenti in posti come il campo di sterminio di Dacau dove i prigionieri politici venivano torturati o obbligati a lavorare fino alla morte, in siti della memoria per le vittime una o due volte l’anno. Rimanevo a bocca aperta nel vedere folle di ragazzi di scuola nei percorsi attorno ai luoghi della memoria tedeschi e seguire i seminari sulle vittime dei nazisti. Benché siano stati fatti sforzi per porre i giovani cambogiani di fronte al loro passato, una scena simile semplicemente non esiste in Cambogia.
Oltre l’istruzione, appresi di altre differenti politiche che il governo tedesco aveva approvato per portare la nazione verso la riconciliazione, decisioni da cui il governo cambogiano si è sempre tenuto lontano. Subito dopo il collasso del regime, il nuovo governo col processo di denazificazione bandì gli ex ufficiali nazisti dal partecipare ai governi del dopo guerra.
Insieme alle scuse pubbliche verso le vittime, si sono fatti sforzi massicci sia in campo economico, educativo e simbolici per sanare la nazione ed educare la gioventù.
Un’altra differenza notevole è l’impegno di ogni governo tedesco nel portare di fronte alla giustizia quelli coinvolti nei massacri. Al contrario Hun Sen ha suggerito che, per permettere alla nazione di voltare pagina, è necessario che i cinque Khmer Rossi accusati ed in attesa di giudizio siano gli ultimi ad essere processati. Proprio tre decenni dopo la caduta dei Khmer Rossi, la Germania sta ancora processando uomini come John Demjunjuk, una ex guardia di un campo di concentramento in Ucraina di 67 anni, per i suoi supposti crimini, sotto il principio legale che i crimini non devono restare impuniti.
La Cambogia sta certamente riavendosi … i giovani devono partecipare al discorso sul passato nelle scuole e nelle comunità. Se non riescono a porsi in relazione ad esso e adattarsi di conseguenza, la storia è più probabile che si ripeta.
Fino ad ora, il governo ed il Centro di Documentazione della Cambogia hanno di recente prodotto libri di testo sulla storia dei Khmer Rossi che si stanno cominciando ad usare in tutta la Cambogia. Comunque, non è sufficiente per superare la barriera di comprensione che bloccano i giovani dall’entrare in un dialogo pubblico sul triste passato e, più degno di nota, su come avere un futuro più luminoso.
Un rapporto delle Nazioni Unite del 2009 rivela che la conoscenza e le gerarchie di età escludono i giovani dai processi di presa di decisione locale dove la voce dei giovani è raramente presa in considerazione. I loro pensieri politici sono messi a tacere a casa e trascurati nelle scuole.
La Cambogia può voltare pagina sul tema dei Khmer Rossi, ma quelli che sono coinvolti devono capire che la riconciliazione può iniziare con le persone che vissero la tragedia, ma continuerà solo con un vero impegno della gioventù.