Ci siamo come svegliati da una fiaba con l’arresto della webmaster Chiranuch Premchaiporn all’aeroporto di Bangkok
Nel pomeriggio del 24 settembre la direttrice webmaster Chiranuch Premchaiporn del giornale thailandese «Prachatai» ( in italiano popolo libero) è stata arrestata per la seconda volta all’areoporto di Bangkok al suo rientro da una conferenza internazionale in Ungheria sulla libertà di espressione nel web.
L’accusa, che la direttrice ha appreso non al momento dell’arresto ma dopo essere stata trasportata a Kon Kaen nell’Isaan, da dove è partita la denuncia, è in relazione al crimine di lesa maestà, in quanto la direttrice non avrebbe censurato alcuni commenti, apparsi sul suo giornale online, che sono suscettibili di essere offensivi nei confronti della monarchia.
Per la Chiranuch si tratta della decima accusa del genere e rischia almeno dieci anni di carcere. In un precedente arresto per analoghe accuse, lo stesso premier thailandese, Abhisit, aveva espresso rammarico per questa accusa in quanto il governo aveva indicato delle linee guida per l’accusa di lesa maestà e dei crimini informatici che ne possono seguire.
La federazione dei giornalisti esteri a Bangkok dichiarò: «Il governo deve smettere di usare la legge di lesa maestà per fermare la critica»
Secondo Amnesty International:
«Chiranuch Premchaiporn è un prigioniero di coscienza, detenuto a causa del pacifico esercizio del suo diritto alla libertà di espressione e deve essere rilasciata immediatamente e senza condizioni. Il governo Thailandese ha di frequente usato la Legge per i Crimini Informatici del 2007 per sostenere la legge nazionale di lesa maestà in una tendenza generale di censura per mettere al silenzio il pacifico dissenso politico. La legge di lesa maestà va al di là di ragionevoli restrizioni alla libertà di espressione ammessa secondo la legge internazionale dei diritti umani. Amnesty international è preoccupata per la caratterizzazione che il governo thailandese ha della lesa maestà come di un argomento di sicurezza nazionale (e di qui la successiva decisione del giugno 2009 di tenere un processo per l’accusa di mesa maestà a porte chiuse). Lo stesso argomento sulla protezione della sicurezza nazionale è ora usata per detenere arbitrariamente Chiranuch Premchaiporn.»
La Commissione Asiatica sui Diritti Umani tra l’altro dichiara: «Mentre la Thailandia prova ad affrontare un processo di riconciliazione nazionale dopo le violenze dell’aprile maggio 2010, quest’ultima costrizione della libertà di espressione e questa minaccia ai diritti umani è diu preoccupazione particolare. Senza il libero flusso dell’informazione, non si possono rafforzare nè i diritti umani nè il governo della legge. Senza di questi, il processo di riconciliazione nazionale non riuscirà a favorire il processo di responsabilità delle violenze»
«Mentre il processo alla Chinaruch è di alto profilo, simbolizza bene una miriade di casi che non hanno trovato espressione a causa del clima di paura, intimidazione e coercizione associata ad un sistema militare e civile di repressione. Tra questi casi ci sono casi di studenti picchiati, tormentati, invitati a fare test psicologici per le loro idee politiche, professori universitari detenuti per una settimana senza accusa formale…. Nella provincia thailandese centinaia di giovani sono languono nelle carceri o nelle caserme militari, mentre altri scontano senza parlare le stesse accuse rivlte alla Chiranuch, altri si sono dati alla macchia. C’è un’aria di paura e intimidazione che è pervasiva. e sta dando i suoi frutti». Un frutto è l’autocensura. La direttrice del Prachathai è stata liberata su cauzione, per la seconda volta, ma il processo deve iniziare il prossimo anno ed il rischio che debba passare il resto della sua vita in carcere è alto. In un’intervista ad Andrew Marshal della Reuters dichiara:
«Internet significa aprirsi, aprire le menti. E’ questo ciò di cui la democrazia ha bisogno. Ma in Thailandia Internet è diventato un campo di battaglia, come ora nelle strade…. La Thailandia deve ammettere che questa non è democrazia vera, in quanto non possiamo parlare in libertà di molte cose». Poi passando attraverso i fili spinati della Bangkok di aprile maggio 2010, al tempo degli scontri che costarono la vita almeno a 90 persone, dice ad Andrew marshall: «Ci siamo come svegliati da una fiaba».