Il gruppo del BRN annunciava con un video su Youtube del 6 agosto di aver abbandonato il temporaneo cessate il fuoco ed il colloquio a causa dell’incapacità governativa a rispondere ale cinque richieste fondamentali del movimento, tra le quali il riconoscimento del BRN come movimento di liberazione e non movimento separatista, l’inclusione di osservatori stranieri nei colloqui di pace futuri, il passaggio della Malesia da facilitatore a mediatore, il rilascio dei prigionieri e la remissione di tutti i mandati di arresto per i sospettati in casi di insorgenza nella regione.
Il cessate il fuoco avrebbe dovuto terminare il 18 agosto, ma ma i tre militanti nel video clip, che fonti dicono appartenere all’ala militare del BRN, accusava i colonialisti siamesi di violare i termini dell’accordo. Il giorno otto di agosto il ministro per la sicurezza Pracha Promnok confermava che il quarto giro di colloqui, previsti alla fine del mese, erano stati posposti. Sebbene alcuni media affermassero che i colloqui si sarebbero probabilmente tenuti, una fonte che ha parlato col capo del gruppo di contatto del BRN ha insistito che i colloqui non riprenderanno finché i Thailandesi non risponderanno alle cinque richieste.
Il cessate il fuoco era stato raggiunto attraverso tre giri di colloqui tenuti tra governo e rappresentanti dei ribelli a Kuala Lumpur. A fine febbraio il governo di Yingluck Shinawatra annunciava il primo reale accordo formale con il BRN segnando una differenziazione dai colloqui dietro le scene del precedente governo con i ribelli. Il fratello maggiore di Yingluck, Thaksin, è visto come il reale potere dietro al suo governo e l’ideatore dietro questa iniziativa di pace.
Nonostante la continua violenza, il direttore di Deep South Watch, un gruppo che monitora la violenza nella regione, Srisompob Jitpiromsri ha detto ad una radio locale che la violenza del periodo del Ramadan è stata la più bassa in cinque anni. L’agenzia di notizie ISRA, sulla base dei dati delle agenzie di sicurezza, riportava che questo Ramadan aveva visto il minor numero di morti civili si dalla drammatica scalata del conflitto nel gennaio 2004.
Rappresentanti de militari hanno aggiunto che il processo del dialogo non dovrebbe essere visto come un completo fallimento facendo notare che gli insorti hanno risposto positivamente al gruppo del dialogo thailandese per evitar la morte di civili. Dal 1 marzo al 9 agosto, l’ISRA riportava che il numero di morti civili era più basso di ogni altro anno nello stesso periodo di cinque mesi ecceto che per il 2004. Se lo si pone di fronte allo stesso periodo dello scorso anno, le morti civili sono state tagliate a metà secondo il rapporto.
Tralasciando questi numeri, la violenza sostenuta e il fermo dei colloqui hanno dato agli scettici ancora più voce nel lasciar perdere il colloquio di pace sostenuto dalla Malesia. Molti osservatori credono, quando osservano la mancanza di preparazione e l’esperienza del gruppo di contatto del governo guidato da Paradorn del NSC e da Tawee Sodsong del SBPAC, che la parte thailandese sia del tutto inadatta.
Eppure gli osservatori specie quelli di stanza a Bangkok ed i media tendevano a non valutare appropriatamente i tremendi ostacoli che i thailandesi avevano di fronte. Pochi hanno visto che le azioni del gruppo di contatto e l’inazione attraverso le lenti dei poteri stabiliti che ostinatamente si oppongono ad ogni concessione al BRN compreso le sue recenti cinque richieste. E’ un’opposizione che è accentuata dal fatto che è coinvolto Thaksin, ex premier cacciato da un golpe militare del 2006, coinvolto in una divisione storica profonda che mette i sostenitori del Puea Thai contro i leali del potere reale.
I media nazionali e gli osservatori del conflitto nella regione di confine hanno discusso molto sul perché Thaksin abbia dato inizio al processo di pace formale e altamente pubblicizzato. La maggior parte delle critiche si sono attenute sugli interessi personali di Thaksin. Alcuni, tra i quali persone leali al Partito democratico hanno affermato che l’ex premier fosse più interessato nell’ingigantire la sua immagine personale come paciere di questa fase decennale di conflitto, il quale risale alla colonizzazione della regione tra il XVIII e XIX secolo della linea reale attuale. Dicono che l’x premier prova ad imporre una veloce risoluzione ad una situazione storica complessa mentre prova strategicamente a conquistare il futuro sostegno popolare Malay Musulmano della regione.
Alcuni media nazionali ed internazionali hanno assunto anche una posizione cinica dell’iniziativa condotta da Thaksin poiché la violenza e gli abusi crebbero in modo esponenziale quando Thaksin era primo ministro tra il 2001 e il 2006. Analisti e musulmani malay attribuiscono la colpa al politico ex poliziotto per la sua politica dalla mano pesante, compresi il massacro alla moschea Kru Se e alla soppressione mortale dei manifestanti a Tak Bai nel 2004 ritenuti dai gruppi dei diritti internazionali come uno degli abusi più grandi di stato nella storia moderna del paese.
Molti hanno anche indicato le mosse sfrontate di Thaksin di minare le figure e le istituzioni del potere realista regionale che fu di aiuto con successo a regolare il conflitto negli anni 80 e 90. Ma mentre la volontà di Thaksin di sfidare il potere costituito nel lontano meridione fu il fattore chiave che diede inizio alla rinnovata violenza un decennio fa, è precisamente quella stessa prontezza a minare i centri di potere tradizionale, spingendo in avanti per un processo di pace formale e offrendo concessioni politiche sostanziali, che sarà necessaria per sbloccare eventualmente il confronto miliare distruttivo.
L’iniziativa di pace schiusa da Thaksin ha interrotto una posizione intransigente a Bangkok. I centri del potere costituito, compreso i capi delle forze armate e l’opposizione del partito democratico, sono stati contrari da tanto tempo a negoziati formali e all’idea di garantire alla regione un’autonomia speciale. Ma Thaksin, che alcuni critici affermano aspiri a trasformare la Thailandia da Monarchia costituzionale a stato federale, avrebbe affermato che il governo di sua sorella offrirebbe l’autonomia quando si incontro con 16 separatisti malay musulmani all’inizio dello scorso anno in Malesia.
I gruppi del potere temono che l’autonomia apri la strada ad una dichiarazione di indipendenza e di disintegrazione dello stato unitario. Per lo scorso decennio, Thaksin era chiaramente accusato dai democratici, il più vecchio partito della Thailandia, per la comparsa dell’insorgenza nel 2004. ora lui e il suo partito si trovano di fronte la critica dagli stessi politici a causa della natura pubblica e formale del processo e per il fallimento apparente di Thaksin a trattare con le figure el BRN che hanno il potere diretto di controllo sui ribelli.
Queste ultime critiche sono state motivate per lo più dall’incapacità dello stato thai di portare le figure eminenti del BRN, Sapae-ing Basor e Masae Useng, al tavolo del negoziato. Ma quasi dopo un decennio di messa sotto attacco dello stato con uccisioni e bombe giornaliere, il comando nell’ombra del BRN aveva poco incentivo a cedere a una qualunque fantasia dello stato di raggiungere un qualche accordo pacifico attraverso il solo “dialogo”.
Come ha detto l’esperta di guerre civili Barbara Walter, i gruppi ribelli che possono sostenere le loro campagne violente contro lo stato sono spesso in condizioni migliori nel perseguire il loro fine ultimo piuttosto che accordarsi ad un accordo negoziato. Appena questi accordi sono firmati, osserva la Walter, i ribelli devono smobilitare le proprie armate e consegnare il controllo della sicurezza allo stato, lasciandoli estremamente vulnerabili se le forze dello stato dovessero rinnegare l’accordo. In modo significativo la Walter ha esaminato il dilemma dei gruppi ribelli in accordi negoziati, ma per il BRN il dialogo non ha ancora raggiunto lo stadio di formale negoziato.
Se Thaksin cederebbe alle cinque richieste fondamentali del negoziato, enunciate per primo nel videoclip del 28 aprile, e inaugurare negoziati formali di pace non è ancora chiaro. Un membro della delegazione thai, il generale Nipat Thonglek, segretario permanente del ministero della difesa, ha detto ad una radio l’otto di agosto che il governo conosce la propria posizione su tutte le richieste eccetto quella di considerare o meno il BRN un movimento di liberazione e non un gruppo separatista. Il Generale non ha fatto trapelare nulla sulle posizioni del governo, ma il riconoscere il BRN come movimento di liberazione significherebbe ammettere dalla parte dello stato che il Sultanato di Patani, il cui territorio corrispondeva largamente alle tre province meridionali di Yala, Pattani e Narathiwat, fu colonizzato dalla Thailandia, conosciuta come Siam oltre duecento anni fa.
Nonostante questa anticipata indecisione del governo su questa questione, il pensiero revisionista sulle relazioni storiche della Thailandia con la regione è iniziato nella macchina propagandistica dei media di Thaksin. VoiceTV di proprietà del figlio di Thaksin Panthongtae, lo scorso mese ha prodotto una trasmissione di 45 minuti sul tema del cannone Phaya Thani, un oggetto simbolico della storia di Patani che da tanto tempo si trova davanti il ministero della difesa a Bangkok.
Nel 2003 i malay musulmani firmarono una petizione con cui chiedevano al governo di ridare indietro il cannone. Con l’approvazione del palazzo il capo del SBPAC Panu Uthairat iniziò il processo per fare una copia che fu consegnata alla regione nel maggio scorso. All’inizio di giugno gli insorti distrussero la replica con una bomba. Nonostante la non volontà del Puea Thai di invertire il processo gli ospiti di VoiceTV mostrarono chiaramente che avrebbero preferito inviare il cannone originale nella regione mettendo in luce che i Thai non hanno la comprensione delle relazioni storiche del paese con la regione a minoranza etnica.
Mentre il Puea Thai senza dubbio preferirebbe non affrontare quello che gli studiosi hanno descritto come la “colonizzazione interna” del Siam di Patani, l’opposizione del potere alle altre quattro richieste del BRN sono state chiare. I politici democratici hanno fatto sapere l’opposizione all’iniziativa sin dall’inizio, mentre alcuni facevano intuire, senza però meglio specificare, che il coinvolgimento delle ONG internazionali sarebbe servito solo ad accrescere la violenza e persino dare impeto ad una dichiarazione di indipendenza.
Il gruppo di dialogo di Thaksin, che si sa essere fortemente fedele al politico di stanza a Dubai, era così preoccupato della opposizione del governo al dialogo formale che mancarono di informare vari ministri importanti sui loro piani fino agli ultimi momenti prima dell’annuncio a Kuala Lumpur. I grandi generale delle forze armate, fedeli alla monarchia, si sono opposti ad un dialogo formale più aperto, e quindi a nessun negoziato formale, ed hanno insistito nel limitare il ruolo malese a facilitatore piuttosto che a mediatore.
L’accordo di dialogo alla fine firmato era stato quindi forzato contro parti influenti quanto riluttanti. Mentre Thaksin si propone di imporre la sua volontà politica sulle forze del potere (come pure la popolazione a minoranza buddista nella regione a maggioranza malay che in maggioranza si oppone al processo) lui e il suo uomo di riferimento della regione Tawee Sodsong segretario del SBPAC ha lavorato col primo ministro malese Najib, la branca speciale della polizia malese e l’intelligence malese per costringere un recalcitrante BRN ad unirsi al processo del dialogo.
Hassan Taib, figura di stanza in Malesia del BRN ritenuta essere nel consiglio Dewan Penilian Party, fu spinto a rappresentare il BRN al tavolo del negoziato. Nonostante i giusti dubbi sull’influenza ed il controllo di Taib sui militanti sul terreno e sulla recente rottura del processo di dialogo, né l’ex premier e attuale capo dell’opposizione Abhisit, né gli altri politici democratici hanno riconosciuto il progresso sostanziale che il governo di Yingluck ha ottenuto.
Durante il governo Abhisit dalla fine del 2008 alla metà del 2011, sia i nazionalisti malay musulmani che gli ufficiali dell’esercito di stanza nella regione ridicolizzavano in privato il processo segreto condotto dal NSC. Il capo dell’opposizione dei ribelli in quel processo era Kasturi Majkota, una figura di capo in una fazione del PULO che era influente negli anni 70 e 80 ma che ha un ruolo ininfluente nella campagna di guerriglia nello scorso decennio.
Rispetto a Kasturi, Hassan Taib ha molto più rispetto tra le figure del BRN secondo le forze armate e le fonti delle ONG attive nella regione. Taib era vicino a Ain Tohmeena, ora morto, ex capo del BRN, e Romli Utarasint, un capo del BRN-C che morì nel 2010 in Malesia. BRN-C è considerato dagli analisti ed autorità come il principale gruppo dietro la violenza degli insorti. Dalla morte i Romli BRN-C si è allineato con le altre fazioni e si considera parte del ricostruito BRN secondo varie fonti.
Sebbene Hassan non sia uno dei capi fondamentali del movimento clandestino del BRN, si sa che ha canali di comunicazione con le figure fondamentali compreso il capo spirituale del movimento Sapae-ing Basor. Inoltre altre figure nella delegazione guidata da Hassan fanno parte dell’ala giovanile Pemuda del BRN e si sono espresse fortemente al primo giro dei colloqui tenuti a Kuala Lumpur secondo varie fonti vicine al negoziato.
Sebbene la resistenza dei democratici al processo di dialogo di Thaksin riflette in parte il tipico fuoco di opposizione politica, la resistenza del partito deve anche essere compresa nel contesto della sua visione contrastanti di due forme di governo: una con i suoi fondamenti nel governo burocratico sostenuto dalla monarchia, l’altro basato sul potere elettorale specialmente a livello regionale. Per quasi un decennio i politici del Partito Democratico hanno fatto risalire la drammatica scalata del conflitto alla decisione di Thaksin di dissolvere il SBPAC e il Comando militare polizia civile (CMO) del 2002.
Prem Tinsulanonda, ex primo ministro e attuale presidente del Consiglio Privato reale, creò i due gruppi amministrativi nel 1981 per stabilire migliori comunicazioni tra la regione di minoranza e il governo centrale, e per migliorare la raccolta di intelligenze e il coordinamento tra le agenzie di sicurezza. Sotto l’autorità di Prem, un buddista dalla provincia meridionale di Songkla dominata dal Partito democratico, il SPBAC divenne un bastione di potere per i lealisti democratici.
La dissoluzione del SBPAC e gli sforzi simultanei di rimuovere molti ufficiali leali a Prem e ai democratici furono quindi visti come diretti tentativi di minare il potere costituito. In seguito alla cacciata di Thaksin nel 2006, fu ristabilito il SBPAC dal governo dei golpisti del generale Chulanont, anch’esso membro del Consiglio della Corona e seguace di Prem. Sebbene sia stato salutato da tutti gli esperti come un positivo passo verso la pace, la violenza è comunque cresciuta raggiungendo il livello massimo nel 2007.
Lo studioso della politica thailandese più influente, Duncan McCargo, ha affermato che il SPBAC rappresenta una forma di stile di governo semimonarchico virtuoso per il ontano meridione. Piuttosto che stabilire una forma di governo regionale eletto, Prem istituì una rete potente di ufficiali leali alla monarchia e ai democratici presso il SBPAC per presiedere all’amministrazione e alla sicurezza nella regione. Nominati da Bangkok quasi tutti i capi del SBPAC erano buddisti thailandesi della regione meridionale e fino agli ultimi tempi fedeli a Prem.
La nomina di Yingluck del colonnello di polizia Tawee Sodsong come segretario generale del SBPAC alla fine del 2011 segna uno spostamento dal potere burocratico dominato dai democratici, ed un potenziale primo passo verso il permettere dell’autonomia regionale. Tawee è diventato il primo capo del SBPAC leale a Thaksin e non a Prem e ai Democratici. La sua ascesa al vertice dell’agenzia fu aiutata da una iniziativa del partito democratico di ristrutturazione del SBPAC alla fine del 2010.
In linea con la promessa di Abhisit di porre i militari sotto un maggiore controllo politico, i democratici provarono ad accrescere il potere del SBPAC contro il comando dell’agenzia ISOC controllata dai militari. Piuttosto che far rapporto al capo della IV armata, le riforme costrinsero il segretario generale del SBPAC al primo ministro. La ristrutturazione tolse all’ISOC anche il suo controllo sulla finanza del SBPAC e non richiedeva più che il suo capo provenisse dal ministero degli interni. L’ultimo cambiamento permise a Yingluck la nomina di Tawee percepito come una stella nascente della rete vicina a Thaksin per presiedere la forte agenzia.
I contrasti tra Tawee ed il suo predecessore, Panu Uthairat, riflettono in molti modi la più vasta competizione tra i democratici e il Puea Party nelal regione. Panu, un ex governatore di Bangkok, era stato per tanto tempo un ufficiale del ministero degli interni. Era anche un thailandese buddista di Pattani con forti conoscenze della regione a maggioranza musulmana e parlava anche il dialetto malay. Eppure tanti nazionalisti malay lo percepivano come un allineato di Prem con pregiudizi contro i malay musulmani.
Che Panu fosse percepito sotto una luce negativa dai musulmani malay non era una sorpresa se si considera la storia di conflitti tra i rappresentanti buddisti e i locali musulmani malay. I primi tendono a guardare dall’alto in basso sui secondi considerandoli spesso troppo religiosi, isolati, privi di educazione e tendenti al separatismo e alla violenza criminale.
Alcuni studiosi musulmani leggono l’origine di queste attitudini alla lunga storia di influenza amministrativa dei thailandesi meridionali nel lontano meridione. Prima della formazione delle frontiere agli inizi del XX secolo erano i satelliti del SIAM di Nakorn Sri Thammarat e Songkla ad esercitare il controllo sul sultanato di Patani. Da allora i buddisti meridionali hanno dominato le posizioni meridionali del ministero degli interni.
Tawee che giungeva dalle regioni centrali del paese prese il controllo del SBPAC senza alcuno di questi pregiudizi che tenevano i buddisti del meridione thailandese. Alcuni politici interni che conoscono il lavoro di Tawee al SBPAC dicevano che aveva l’apparenza di un nuovo venuto con gli occhi ben aperti in questa regione particolare. Tawee lavorò lì quando ebbe la funzione di vice segretario generale del DSI sotto il regime di Thaksin dal 2004 al 2006.
Benchè l’associazione implichi che lui sia stato coinvolto con la politica dalla mano dura di Thaksin, si crede che lui abbia l’appoggio completo di Thaksin per affrontare le vaste lamentele e galvanizzare il sostegno tra i malay musulmani in un modo che non ha precedenti per un capo del SBPAC. Come i capi del SBPAC sin dal 2006, Tawee sottolineò il bisogno urgente di giustizia e di mostrare rispetto per l’identità unica dei malay musulmani. Comunque Tawee ha iniziato a inviare onde d’urto nei seminari e incontri nella regione quando ha iniziato a sottolineare il bisogno di qualche forma di governo eletto regionale. In molte occasioni si è anche riferito all’icona del nazionalismo malay Haji Sulong con il suo piano di sette punti per creare una regione autonoma alla fine degli anni 40.
Dai riferimenti pubblici a Sulong di Tawee si possono comprendere i legami tra lo sforzo di pace guidato da Thaksin e le raccomandazioni in sette punti di Solong che all’inizio aveva il sostegno del primo ministro Pridi Banomyong che aveva la visione di un federalismo in stile svizzero per la Thailandia. Solong fu poi ucciso dalla polizia del meridione nel 1954 sotto il governo ultra-nazionalistico di Phibun Songkran.
Il figlio di Solong, Den Tohmeena, divenne in seguito un noto politico locale e capo iniziale della fazione Wadah un tempo influente, gruppo di politici malay musulmani sotto l’ala del generale Chavalit Yongchaiyuth e del suo partito agli inizi degli anni 90. Chavalit che fu primo ministro tra il 2006 e 2007, sviluppò legami personali e politici forti con figure del Wadah e con ex separatisti mediante il suo coinvolgimento nei programmi di quasi amnistia per i separatisti negli anni 80.
La fazione Wada successivamente avrebbe conquistato i seggi in parlamento negli anni 90 e avrebbe seguito Chavalit che si univa al partito di Thaksin nel 2001. Ma con il picco della violenza di insorgenza i legami delle figure di Wadah a Thaksin contribuirono al loro fallimento alle elezioni in favore dei democratici nel 2005, 2007 e 2011. Nelle più recenti elezioni nazionali i democratici hanno vinto 9 su 11 seggi parlamentari nel profondo meridione benché i critici sostenessero che fossero coinvolti nella compravendita dei voti e si affidavano alla presenza dell’esercito per convincere i votanti.
Mentre le figure di Wadah legate a Chavalit non sono più tornate ad avere importanza politica, il vecchio premier ha una forte reputazione nella regione distrutta dal conflitto come una delle poche figure politiche nazionali vicine alle posizioni nazionaliste moderate. Vari anni fa Chavalit propose un modello fortemente decentralizzato per ristrutturare il governo per la regione. Definita all’inizio Nakom Pattani, il modello di Chavalit è stato uno dei tanti discussi dalle organizzazioni locali di ONG che portano avanti forum sulla ristrutturazione del governo nel meridione.
La nuova posizione di Thaksin verso la regione può in parte originarsi dal precedente stabilito da Chavalit. “Anche se Thaksin non lo ammetterebbe probabilmente, segue il percorso che il generale Chavalit iniziò più di due decenni fa.” dice uno studioso musulmano locale. Un ufficale della sicurezza di lungo corso nella regione che è un forte sostenitore di Abhisit ma è d’accordo con l’approccio del Puea Thai diceva: “Chavalit ha la visione del futuro della regione specialmente in relazione alla direzione del governo speciale della regione. Chavalit ha avuto questa visione da tanto tempo, e sono sicuro che Thaksin ha imparato dai precedenti sforzi di Chavalit.”
Poiché il Puea Thai ha mostrato la volontà di offrire concessioni sostanziali alla regione, il partito ha aperto la strada politica, specie nei circoli intellettuali, nonostante i legami passati di Thaksin alla violenza di stato e agli abusi dei diritti umani. “Non siamo come i sostenitori di Thaksin nel nordest o nel nord (dove Thaksin gode del più forte sostegno politico)” dice un giovane attivista nazionalista di Patani. “Non amiamo Thaksin ma riconosciamo che vuole negoziare e offre qualcosa come l’autonomia. Il partito democratico non lo vorrebbe mai”.
L’approccio più conciliatorio verso le aspirazioni malay musulmane riflette fino ad un certo punto la sua mancanza di legami politici e sociali verso la base elettorale la più opposta al dialogo formale e all’autonomia: i buddisti nella regione colpita dalla violenza e nelle province vicine come Songkla.
Tanti tahilandesi d origine cinese e buddisti hanno abbandonato la regione per paura di diventare obiettivi di un movimento ribelle che secondo analisti è prono alla pulizia etnica. Molti di quelli restati non solo temono per la sicurezza ma anche accusano Tawee e il Puea Thai per quello che percepiscono come un accomodamento eccessivo a chi commette la violenza.
Mentre Tawee, Thaksin e il Puea Thai non desiderano ignorare apertamente le preoccupazioni e le lamentele dei buddisti del posto, sono più inclini ad offrire concessioni sostanziali ai malay musulmani poiché le loro connessioni ai buddisti del meridione sono meno tangibili di quelle dei democratici della regione.
Nei circoli intellettuali buddisti, tanti puntano al decennio più pacifico della regione dagli anni 60 agli anni 90, e affermano che se Thaksin avesse mantenuto le istituzioni come il SBPAC e non avesse avuto un approccio da mano di ferro nel trattare con gli insorti allora la violenza e le richieste di governo autonomo che provengono ora esclusivamente dal movimento e dagli attivisti nazionalisti, non sarebbero mai accadute.
Tuttavia il modello di governo monarchico burocratico era stato messo sotto sfida dalle politiche elettorali sin dall’ascesa iniziale di Thaksin al potere nel 2001. Con la salute fragile del re fortemente rispettato Bhumipol, ci sono questioni che appaiono sulla traiettoria politica del paese e sulla sostenibilità dei modelli di governi dall’alto. Molti analisti e ufficiali della sicurezza anticipano che è innegabile una maggiore decentralizzazione incluso ma non esclusivo del sud.
Senza segni di supremazia della tecniche di anti insorgenza dei militari thailandesi, molti analisti credono che sia imperativo far crescere i passati colloqui di pace segreti ad un livello formale e cominciare a gettare le basi per la struttura di governo regionale speciale. L’approccio di Thaksin contribuì alla rinascenza della insorgenza un decennio fa. Ora la sua volontà a sfidare il potere burocratico e rimpiazzarlo con una qualche forma di governo eletto regionalmente ha sollevato nuove speranze di un cambiamento.
Mentre i recenti fallimenti di breve termine del processo di dialogo hanno galvanizzato i critici di Thaksin, rischiano di non comprendere la visione di lungo termine perla regione. “Thaksin e la Malesia hanno un accordo: è l’autonomia. Tra ora e quando accadrà si vedrà tanto dramma, ma è quello l’accordo.” ha detto un rappresentante del governo leale a Thaksin. “Dobbiamo preparare la Thailandia per questo”.
Gli osservatori del conflitto di lungo corso hanno discusso a lungo che i governi thailandesi hanno bisogno i mostrare maggiore riconoscimento all’identità unica dei malay musulmani ed offrire qualcosa di simile all’autonomia per loro. E’ ancora difficile per tanti apprendere che Thaksin è ora il principale sostenitore di queste istanze delicate. I poteri costituiti hanno resistito a lungo a permettere un governo rappresentativo regionale ed ad entrare in un dialogo formale con i ribelli. Non sorprende quindi che la spinta attuale alla pace verso l’autonomia è venuta da un governo che deriva il suo potere dal voto e non dal potere reale.
Jason Johnson , Asia Times Online (Holdings) Ltd.