Abbiamo parlato diffusamente anche dei tentativi di emendare la legge draconiana della lesa maestà e di chi usa questa legge per domare il dissenso, per addormentare le coscienze e creare un clima di paura denunciato, tra i tanti, molto bene nell’articolo molto bello di Pravit Rojanaphruk.
Crediamo che questa legge draconiana sulla difesa della monarchia non serva soltanto ai realisti e non difende affatto la monarchia. La sua applicazione e difesa sono fatte in primo luogo dal governo attuale che è stato votato su ben altri presupposti, ma che ora si trova ad essere più realista di quanto forse necessario.
E a conferma di ciò presentiamo questi due articoli condensati scritti da Pavin Chachavalpongpun e Pravit Rojanaphruk che parlano di come viene applicata la legge della paura, all’estero e in nuove leggi da promulgare, come quella che si propone di difendere il patrimonio culturale immateriale.
Nel suo articolo apparso su Japantimes, Pavin scrive:
“Il condannato per lesa maestà, Surachai Danwattananusorn, ha ricevuto il perdono reale che gli ha permesso di lasciare la prigione il 4 ottobre dopo averci passato tre anni. Egli era il capo di Red Siam formatosi subito dopo il golpe del 2006 che cacciò il governo eletto di Thaksin Shinawatra. Accusato di aver offeso la monarchia in vari discorsi pubblici alle magliette rosse dal 2008 al 2011, fu condannato a 12 anni e mezzo di carcere.
La Thailandia dove la maggioranza dichiara di amare e rispettare il Re Bhumibol ha la legge più severa al mondo per la lesa maestà. …. Surachai non è l’ultimo condannato per lesa maestà. In tanti scontano la pena finché non ammettono la propria colpa di aver insultato la monarchia, e solo allora è presa inconsiderazione il perdono reale.
La situazione thailandese riguardo alla lesa maestà non migliora e minaccia la libertà di espressione in un paese dove la monarchia domina da tempo la sfera politica thailandese. Usata come un’arma per tacitare il dissenso rappresenta un peso enorme per la democratizzazione, mentre i corpi dello stato giocano il proprio ruolo nell’aggravare la situazione presumibilmente per mostrare la propria lealtà alla monarchia.
Un esempio è il ministero degli esteri che di recente ha cambiato il proprio orientamento dalla promozione di buone relazioni con gli stati esteri a difendere la monarchia, costi quello che costi. Nel quadro del dopo golpe del 2006, le agenzie di stato sono state frtemente politicizzate e il ministero degli esteri non fa eccezione.
Con l’avvento del ministro degli esteri Kasit Piromya, ex ambasciatore ed acerrimo nemico di Thaksin, la situazione è peggiorata, in quanto Kasit iniziò a rendere prioritaria il bisogno di difendere la monarchia dalle critiche di chi vive all’estero. La cosa non sorprende se si considerano i legami tra Kasit e il potere realista che si sono stabiliti nel tempo.
Comunque a far sobbalzare è il fatto che il governo di Yingluck Shinawatra ha anche sostenuto una politica promonarchica che si riflette nella attuale politica estera che punta a chi critica dall’estero la monarchia, thailandesi e non.
Il ministero ha istituito un’unità nel dipartimento dell’informazione che monitora che vive fuori del regno e si trova nella situazione di violare la legge di lesa maestà. Il ministero degli esteri ha quindi creato una propria lista nera in cui i presunti colpevoli possono essere incriminati una volta che tocchino il suolo del paese.
Una volta al mese si tengono riunioni interne del Dipartimento dell’Informazione per discutere le strategie di difesa della monarchia, mettere insieme le liste nere, determinare le persone da incriminare. Nessuno saprà mai di essere nella lista finché non mette piede nel regno.
Abbastanza spesso i rappresentanti dei militari sono ansiosi di metter sotto accusa tutti i nemici all’estero, ma il ministero degli esteri è appena più cauto sul processo riconoscendo che poi ci sarebbe da spiegare l’operazione al mondo esterno.
Gli incontri tra ministero e militari si tengono in occasione di eventi all’estero in cui si parla della monarchia e sono seguiti i movimenti dei cosiddetti nemici della monarchia. Sono invitati spesso rappresentati dei servizi segreti, NIA, la cui presenza serve a dare informazioni segrete e a creare il mito di movimenti antimonarchici all’estero. Ne è un esempio il caso dello storico thailandese in USA, Thongchai Winichakul, nominato a presidente della associazione per gli studi asiatici presso l’università Wisconsin Madison. Dopo la sua nomina apparve un articolo in Thailandese di un ex direttore del NIA che legava la nomina di Thongchai ad un presunto movimento antimonarchico negli USA e alla presenza di una lobby che cospira al rovesciamento della monarchia in Thailandia.
In questa occasione le ambasciate a Washington e Los Angeles furono incaricate di prendere qualunque informazione sui partecipanti e di monitorare l’attività dell’associazione. Di certo sono state prese foto di chi ha parlato e frequentato una pubblica discussione a San Diego ed è stata fatta una relazione inviata poi al ministero a Bangkok. Alcuni dei relatori sono sicuramente sulla lista nera e non si saprà mai quando saranno lanciate le accuse contro di loro.
In questo momento critico del paese che vive una profonda polarizzazione politica i corpi dello stato rafforzano questa polarizzazione. Ai diplomatici è stato detto di difendere con forza l’istituzione monarchica anche se devono mentire, insabbiare e cambiare i fatti.
Ci si attende che la battaglia contro i critici della monarchia diventerà ancora più brutale mentre ci si avvicina alla fine del regno attuale.”
Pravit invece ci parla, sul quotidiano The Nation, di una bozza di legge in discussione sulla difesa del patrimonio culturale immateriale.
“La natura paternalistica ed autocratica del governo Yingluck è venuto visibile alla superficie quando il governo ha approvato in linea di principio la bozza di legislazione per la protezione del cosiddetto patrimonio culturale immateriale.
Oltre le questioni finanziarie dove le province possono chiedere il sostegno economico dal dipartimento della promozione culturale per la protezione del proprio patrimonio culturale immateriale, l’articolo 40 cerca di punire le persone, le cui parole o atti che usano il patrimonio immateriale, sono accusate di ‘offendere la monarchia, la religione, la sicurezza nazionale come pure ordine pubblico e moralità’ con pene fino a due anni di carcere e multe da oltre 10 mila euro.
Inoltre c’è una parte della bozza di legge che dà il potere a chi esercita la legge di interpretare quello che costituisce il patrimonio cultuale immateriale da proteggere.
Una strana legge per un paese che afferma di essere democratico, proprio mentre il governo rifiuta di toccare la legge controversa della lesa maestà e ora propone di creare altre ragioni per mettere in carcere persone per un crimine di pensiero.
Il governo sembra non capire che costringere la gente a rispettare la cultura della monarchia creerà ancora altro risentimento, se non resistenza, come già visto nel movimento vibrante contro la lesa maestà. Il rispetto e l’apprezzamento, che siano per la religione la cultura o la monarchia, non possono essere costrette, ma devono essere guadagnate. Costringere al rispetto di qualcosa o qualcuno è solo coercizione. Una società aperta ha bisogno è di differenti interpretazioni della cultura, della religione, della nazione e dell’istituzione monarchica. Costringere all’uniformità di pensiero porterà il mostro paese ad essere una grande cella di persone dalla stessa mentalità che difficilmente potranno fornire un pensiero alternativo. E’ quello che il governo del paese vuole?
Un’istruzione di qualità incoraggia gli studenti a pensare da soli e applicare il ragionamento, ma una simile legge incoraggerà i cittadini ad aderire all’interpretazione approvata di questo patrimonio culturale immateriale. E non si vede come potrà rendere i cittadini del regno più svegli, ma si capisce che li renderà più stupidi. Per esempio il buddismo thailandese ha bisogno di essere sottoposto ad analisi critiche più stringenti. La stessa cosa si dovrebbe dire delle considerazioni solo positive del nazionalismo e dell’istituzione monarchica.
Una società democratica non ha posto per una legge dittatoriale. E qualunque legge che limitasse ancor di più il clima autocensorio della società sulle questioni della monarchia deve trovare opposizione. Non abbiamo il bisogno di una legge che crea ancora paura quando si parla di sicurezza nazionale o di buddismo, e una legge simile è facile ad essere violata per un fine autocratico dal potere del momento.
E dovrebbero chiedersi tutti i cittadini attenti cosa causerebbe questa legge, se approvata, alla cultura thailandese che proclama di difendere? Non si può fare a meno di credere che questo sia un tentativo di preservare la cultura immateriale autocratica. Forse il premier ed il sui governo pensano che tale cultura è profondamente thai e si trova nello stato di dover essere protetta a tutti i costi.
La cultura, che sia materiale o immateriale, non può essere bloccata perché così si uccide la sua vivacità. Costringere la gente ad essere rispettosa e parlare solo delle cose buone della cultura immateriale thailandese porterà solo ad un danno materiale allo stesso tessuto profondo della cultura thai.