L’istituto IHS Jane’s fa notare che il ministro della difesa malese il 10 ottobre ha annunciato la creazione di una propria base militare navale, dotata anche di corpi di marines, a Bintulu, nella regione di Sabah, con un affaccio sul mare cinese meridionale. Il ministro adduceva ragioni di sicurezza per Sabah.
Questo luogo in realtà si trova nelle vicinanze dell’arcipelago James Shoal che sono oggetto di contesa di sovranità tra Cina e Malesia.
Su queste isole, infatti, a marzo si tenne una grossa operazione navale cinese con mezzi anfibi e quattro grandi navi e jet militari per “difendere il mare cinese meridionale, mantenere la sovranità nazionale e lottare verso il sogno di una Cina forte”, come sosteneva l’agenzia cinese Xinua.
E’ stata un’operazione che ha fatto preoccupare tutta la regione anche per l’entità delle forze coinvolte e perché si è svolta all’estremo meridionale della linea dei confini affermata dalla Cina.
Dal momento che le forze navali anfibie malesi sono alquanto carenti, saranno gli USA a fornire l’addestramento e probabilmente i mezzi navali insieme a Francia e Taiwan.
Nel frattempo anche le Filippine stanno valutando la creazione di un’altra base navale nell’isola di Palawan ad Oyster Bay dove è prevista la spesa iniziale di quasi 12 milioni di dollari USA per creare una “piccola Subic”, nel quadro di un rammodernamento delle forze armate filippine per rispondere alla presenza minacciosa della Cina nel Mare Cinese Meridionale a Scarborough Shoal.
Nello stesso tempo le Filippine stanno provvedendo a rimodernare Subic Bay dove pensano di spostare la flotta aerea militare e a creare vari punti radar per monitorare l’attività militari cinesi.
Di seguito traduciamo un articolo del TheDiplomat sul diverso atteggiamento del Vietnam e delle Filippine, entrambi molto vocali, sulla penetrazione cinese nel mare cinese meridionale.
Filippine e Vietnam nel Mare Cinese Meridionale, di Lucio Blanco Pitlo III and Amruta Karambelkar
Tra gli stati costieri del mare cinese meridionale che vantano dei diritti di sovranità, le Filippine e il Vietnam sono stati quelli che più hanno fatto sentire la propria voce nell’esprimere l’allarme e la preoccupazione sulla crescente assertività cinese in questo ambito regionale strategico e ricco di risorse. A causa della loro asimmetria di potere contro la Cina, che reclama quasi tutto il mare cinese meridionale, Manila ed Hanoi hanno sostenuto la politica americana di Perno dell’Asia, per controbilanciare la proiezione di potenza marittima crescente di Pechino, mentre allo stesso tempo usano gli sforzi diplomatici per coltivare quanti più sostenitori possibili. Le Filippine stanno rafforzando la propria difesa e l’applicazione della legge di mare con l’aiuto americano e giapponese. Il Vietnam si affida ai suoi amici tradizionali, India e Russia, come precauzioni in più contro gli eccessi possibili della crescita cinese a potenza regionale. Entrambi i paesi hanno ricercato il sostegno dell’ASEAN.
La disputa ha avuto una svolta importante quando le Filippine si sono rivolte all’ONU per un arbitrato che sfida la politica delle nove linee cinese. Entrambi i reclamanti hanno poi cercato di gestire la disputa attraverso un meccanismo regionale e colloqui territoriali. Non c’è da meravigliarsi che la mossa di Manila abbia irretito Pechino che ha sempre insistito nel non internazionalizzare la disputa. Mentre può essere prematuro dare un giudizio sulla strategia di Manila, è interessante notare i fattori che hanno portato i due paesi ad avere atteggiamenti simili o divergenti rispetto all’assertività cinese.
Le strategie del Vietnam si formano con la sua storia, con la prossimità economica e geografica con la Cina. L’economia vietnamita è fortemente legata al commercio e agli investimenti con la Cina e la sua dipendenza limita le azioni che il Vietnam può avere. Eppure tra tutti i reclamanti è il Vietnam ad averci rimesso di più con la Cina nel Mare Cinese meridionale: le isole Paracelso nel 1974 e parte delle Spratly nel 1988. I due paesi hanno inoltre vari blocchi in mare contestati assegnati a imprese estrattive estere e ci sono varie accuse ed arresti di pescatori. Ma oltre a questi scontri ci sono aspetti positivi come la demarcazione dei confini comuni a terra, l’aver stabilito nel golfo del Tonkino una comune area di pesca e, più di recente, l’aver stabilito una linea diretta nel campo dell’industria della pesca per rendere minimi i reclami e gli scontri in mare nelle zone di sovrapposizione delle rispettive aree di pesca. La storia condivisa di paesi socialisti impegnati negli anni della Guerra Fredda e nella Guerra del Vietnam, ha fatto aprire canali di comunicazione ufficiali e semiufficiali che hanno fatto sì che le tensioni fossero tenute ad un livello gestibile senza che altre relazioni bilaterali, di investimento e commercio, ne fossero granché colpite tanto da firmare recentemente dodici accordi che rafforzano la collaborazione bilaterale in campi come l’energia, il commercio, gli affari marittimi e le infrastrutture.
Questa sembrerebbe una conquista della diplomazia cinese capace di mitigare il conflitto con il Vietnam, mentre Pechino è presa in un’altra disputa con le Filippine. Rispetto al Vietnam la Cina sembra abbia adottato la strategia giusta al momento giusto. Le relazioni bilaterali sembrano perciò imperturbate dispetto le dispute territoriali e marittime dando al Vietnam poche ragioni per fare ciò che le Filippine hanno fatto cioè sfidare la Cina davanti ad un’agenzia internazionale.
Il Vietnam comunque ha continuato a porre la questione nei forum dell’ASEAN e a migliorare le relazioni con gli USA e a consultare le Filippine sulle preoccupazioni comuni. Sebbene il Vietnam abbia appoggiato un po’ la richiesta di arbitrato di Manila, molto probabilmente non diventerà un aperto e totale sostegno contro Pechino. Le scelte di Hanoi verso Pechino sono limitate e retorica dura a parte Hanoi non può permettersi una posizione risoluta. Esprimerà la propria insoddisfazione rispetto alla Cina nell’ambito dei forum del ASEAN dove sono anche ospiti potenze straniere e, come le altre nazioni dell’ASEAN, starà ad osservare da vicino cosa uscirà fuori dall’arbitrato per cambiare eventualmente la propria strategia. Si può forse discutere che considerata la sfida legale di Manila, Pechino voglia fare un compromesso con il Vietnam solo per isolare Manila ed evitare la così la creazione di un fronte unico contro i reclami di sovranità sul Mare cinese meridionale.
La strategia di Manila sul Mare Cinese Meridionale nel frattempo è motivata da un movimento cinese verso occidente a sue spese. Nonostante l’espansione della zona amministrata da Manila nelle Spratly, le sue capacità militari sono limitate. L’occupazione del Mischief Reef vennero dopo due anni dalla chiusura delle basi americane a Subic, e segnarono il momento in cui la tanto declamata minaccia cinese divenne realtà. Da allora Pechino ha intensificato le proprie fortificazioni e la presenza navale nell’area. Da stato priva di una potenza militare, la soluzione di ripiego filippina si è adagiata sul trattato di Mutua difesa del 1951 con gli USA, le cui migliorate relazioni economiche con la Cina pongono dei limiti a quello che Manila si può attendere dal suo tradizionale alleato.
La paura che si possa giungere ad un tacito accordo tra Pechino e Washington sul Mare Cinese Meridionale, con una seguente accettazione americana del rafforzamento cinese in un mare semichiuso, può essere una nuova considerazione che renderebbe imperativa a Manila la ricerca di una diversificazione dei propri amici nel campo della sicurezza dandogli così più spazio per un’azione indipendente.
Cionondimeno gli USA hanno un ruolo importante per il commercio e la sicurezza nonostante gli alti e bassi delle rispettive relazioni. Manila nel 1991 chiuse le basi americane a Subic e Clarck ma nel 1999 ha permesso alle forze USA di ritornare attraverso un accordo di Forze in Visita (VFA) facendola diventare uno stretto alleato di Washington nella guerra al terrorismo. Manila è anche un partner naturale nella strategia di Washington di trovare un nuovo bilancio di forze.
Le Filippine stanno rafforzando i propri legami con il Giappone che ha anche le proprie dispute con la Cina nel mare cinese orientale. Questa rete di poteri potrebbe aiutare le Filippine ad assorbire le misure di rappresaglia cinesi e quindi ha ringalluzzito Manila nella propria posizione aperta contro Pechino.
Si potrebbe dire che gli accordi e allineamenti delle potenze dettano le strategie del Vietnam e delle Filippine. Inoltre a differenza del Vietnam le Filippine non hanno una dipendenza di investimenti e di commercio vasti come li ha il Vietnam, mentre Giappone ed USA sono ancora partner di commercio e di aiuto. I legami economici con la Cina crescono da qualche tempo e di certo le Filippine hanno avuto i contraccolpi della decisione di Pechino di tagliare le importazioni di banane e di bloccare il flusso turistico. Ma non hanno la forza sufficiente di piegare Manila, per lo meno in questo momento. Manila sono riuscite a compensare la perdita sul mercato cinese con le esportazioni di banane in USA.
Cionondimeno la salita della Cina ed il relativo declino USA continuerà a gettare ombre lunghe sul Mare Cinese Meridionale. Sebbene i paesi della regione abbiano salutato positivamente la politica USA, la maggioranza ha sviluppato nel tempo grandi legami economici con la Cina facendo così diventare la questione del Mare Cinese Meridionale un elemento di potenziale divisione interno all’associazione regionale. Secondo alcuni esponenti filippini, questa situazione potrebbe rendere l’ASEAN un forum poco affidabile per trattare con la Cina sul Mare Cinese Meridionale. I paesi che hanno simili questioni irrisolte con la Cina come India e Giappone potrebbero dare qualche sostegno ai piccoli stati. Ma la natura e l’entità di questo sostegno restano tutte da vedere.
Il Mare Cinese Meridionale è di importanza strategica, di sicurezza e politica sia per Manila che per Hanoi che ne reclamano aree come vitali per la propria sicurezza nazionale, per i propri canali commerciali, per la propria industria della pesca e come fonte di energia. Ma le differenti particolarità storiche e varie considerazioni di sicurezza e di politica hanno spinto i due paesi a sviluppare strategie divergenti proprio rispetto a quale atteggiamento prendere con la Cina.