Si possono udire in una zona definita ufficialmente “foresta protetta” vicino ad una piantagione i rumori dei bulldozer e delle segherie. Il terreno collinoso non è ideale per l’agricoltura su vasta scala, però le compagnie del legno, per le poche aree destinate all’espansione, denudano comunque la terra.
Aceh, una provincia settentrionale dell’isola indonesiana di Sumatra, è una regione diventata famosa per i conflitti dei separatisti e i disastri naturali e calamità che per tanto tempo hanno frenato lo sviluppo economico ma che al contempo hanno aiutato a preservare uno degli ecosistemi più ricchi al mondo. Ora chi si batte per la conservazione dice che questo rapido denudamento della foresta vergine prepara la strada ad una catastrofe ambientale, trasformando le tigri, gli orangutan e gli elefanti a rischio di estinzione in rifugiati e minacciando frane e alluvioni improvvisi.
Gran parte dell’attuale attività è illegale, dicono, ma se una pianificazione dell’uso del suolo del governatore di Aceh, Zaini Abdullah, è approvata dal governo nazionale, le foreste attualmente protette potrebbero essere riassegnate come “foreste di produzione” aprendo la strada al diboscamento, alle concessioni di piantagioni di olio di palma e minerarie. Il governo di Aceh sostiene che si ha bisogno di questo cambiamento per sviluppare l’economia locale.
“Sono prontissimi a costruire strade e aprire foreste” dice Mohammadd Zulfikar del Forum Indonesiano per l’Ambiente, Wahli, che si oppone al piano del governatore. “Si devono guardare le cose non solo dal punto di vista politico o degli investimenti. A cosa servirebbero gli investimenti se conducono solo a disastri naturali nel futuro?”
La proposta del governatore Zaini è parte di uno spostamento incredibile di un governo di Aceh dominato dagli ex separatisti che un tempo si definivano come protettori dell’ambiente naturale della regione contro lo sfruttamento esterno. Illustra anche un problema più vasto che affronta l’arcipelago dove la struttura di potere fortemente centralizzata del capo scomparso del paese Suharto si è sciolta verso 15 anni di considerevole controllo locale. Ed Aceh rappresenta il caso emblematico, dove nel 2005 si firmò un accordo di pace tra governo indonesiano e ribelli del Movimento della libera Aceh che garantì uno statuto di regione autonoma speciale.
“La legge di autonomia speciale dà il potere ai sindaci e reggenti di gestire i loro affari, dare concessioni, emettere licenze di attività economiche” dice Santosa del gruppo del preisente deputato alla gestione forestale.
In un recente studio di Greenomics, che fa ricerca sulla gestione delle foreste, si afferma che i permessi non autorizzati per piantagioni e miniere, emesse localmente ma non approvate a livello centrale, hanno interessato 520 mila ettari di foreste protette di Aceh. Inoltre il proposto piano del governatore di Aceh è stato definito come uno “sforzo per legittimare le operazioni di permesso illegale”. Le foreste protette attualmente assommano a oltre 1,8 milioni di ettari ed in tutto l’arcipelago sarebbero 32 milioni di ettari.
Il paese presenta uno dei tassi più alti al mondo per deforestazione per lo più per palma da olio e dal 1990 al 2010 si è perso il 20% dell’area a foresta secondo un rapporto dell’ONU.
Nel 2010 il presidente indonesiano Susilo Yudhoyono ha proclamato un congelamento delle nuove concessione di deforestazione come parte di un accordo con la Norvegia che si impegnava a pagare 1 miliardo di dollari in cambio della riduzione della deforestazione. Il divieto è stato esteso fino al 2015.
La moratoria, secondo i critici, si applica solo sulle nuove concessioni mentre una debole applicazione della legge ed una struttura complessa della gestione forestale lascia le aree protette aperte allo sfruttamento. I governi locali per esempio possono richiedere che sia rifatta una nuova zonizzazione delle aree protette che considerano vitali per lo sviluppo economico.
Il caso di Aceh è importante poiché la sua storia di separatismo alla fine portò all’autonomia speciale che ha lasciato Giacarta esitante se intervenire sul modo in cui le autorità locali gestiscono le risorse naturali.
“E’ un bel atto di bilancio da parte del governo nazionale che deve accomodare le aspirazioni acenesi ma anche imporre la legge nazionale” dice John McCarty dell’ANU. Per decenni la ribellione separatista ha risparmiato Aceh dalla deforestazione che avveniva dovunque nell’arcipelago. Lo tsunami dell’oceano indiano del 2004, che uccise 170 mila persone lasciando nella sola provincia mezzo milione di senza casa, ostacolò ancora lo sviluppo, ma fece da apripista ad un accordo di pace che pose fine alla guerra e pose i ribelli alla guida politica della regione.
Tra loro vi è anche Irwandi Yusuf che governò dal 2007 al 2012. Per le sue visite improvvise alle concessioni di diboscamento e per la lotta che condusse contro le segherie illegali, Irwandi fu considerato il governatore verde che prometteva di preservare le foreste pluviali di Aceh.
Egli abbracciò il piano di transazione sostenuto dall’ONU di commercio del carbonio che mirava a ridurre la deforestazione iniettando il tanto denaro agognato nell’economia. Nel 2007 vietò alle compagnie di ripulire la foresta primaria o i terreni torbosi. Tre anni dopo propose un piano di uso del suolo che avrebbe accresciuto la quantità di foresta protetta di un milione di ettari.
Nel 2011 cambiò idea e permise alla compagnia di olio di palma PT Kallista Alam di sviluppare dentro terreni acquitrinosi di torba dentro la zona di conservazione di Tripa, dove abitano gli orangutan di Sumatra. Fu un atto che fece imbestialire il movimento ambientalista che denunciò che il piano violava la legge nazionale. Irwandi difese la propria decisione dicendo che il denaro atteso dai progetti miranti a ridurre la deforestazione non si era materializzato anche per i ritardi burocratici a livello nazionale. Un gruppo portò in tribunale la faccenda ma segnò così l’inizio di una transizione da un gruppo politico che era attento alla conservazione ambientale ad uno che dava precedenza allo sviluppo economico.
“Tanta gente ad Aceh non ha mai accettato che gran parte della loro terra doveva essere bloccata per la conservazione” dice John McCarty ed in tanti avevano sperato di incassare denaro facendo da intermediari per l’accesso alle risorse naturali di Aceh. Irwandi aveva sostenuto la conservazione come un mezzo di sviluppo ma quando il progetto del carbonio non riuscì a ripagare lo abbandonò.
Il successore Zaini non si è dimostrato più amico dell’ambiente. Appena dopo aver messo piede al governo nel giugno 2012 sciolse l’agenzia di gestione incaricata di assicurare la conservazione dentro l’ecosistema di Leuser uno degli ultimi posti dove gli elefanti, rinoceronti tigri e Orangutan vivono insieme. Secondo gli ambientalisti non si riesce più a seguire quello che succede nelle foreste.
“La gente si dedica ad afferrare quello che possono mentre lo possono fare” dice Ian Singleton di PanEco e direttore del Programma di Salvaguardia dell’orangutan di Sumatra, nel cui centro di riabilitazione sono ospitati più del doppio dei 25 orangutan ammessi a causa dell’incremento della ripulitura della foresta.
La proposta di Zaini al governo nazionale è di rivedere la pianta dell’uso del suolo messo in legge nel 2000. Secondo chi ha steso la proposta i cambiamenti sarebbero necessari per accomodare l’espansione degli insediamenti umani e le infrastrutture dello sviluppo.
“La popolazione è cresciuta moltissimo da quando è stato redatto il piano spaziale” dice Martunis Muhammad, dell’agenzia di sviluppo e pianificazione di Aceh, Bappeda. “I cambiamenti sono necessari per tener conto dei cambiamenti nell’uso del suolo”.
Secondo questo piano proposto alcune foreste protette saranno riclassificate come foreste di produzione permettendo alle comunità di coltivare il suolo dove vivono. Ammette che il piano ridurrebbe l’area a foresta protetta ma non violerebbe comunque la legge nazionale che designa l’ecosistema Leuser vietato all’attività umana. “Il piano spaziale mira a guidare lo sviluppo di Aceh mentre protegge l’ambiente.” dice Martunis.
Anche senza approvazione del piano. Singleton sostiene che le piantagioni continueranno ad accaparrarsi zone delle aree protette se non si mette in moto un’azione decisiva del governo nazionale. “E’ tutto aperto agli affari ora” dice Singleton.
Sara Schonhardt, NYT