Prosegue l’operazione “ bloccare Bangkok ” e si porta con sé una scia di operazioni violente: varie bombe a frammentazione buttate tra la folla che hanno causato un morto ed altri feriti, attacchi con scontri a fuoco che si portano molti feriti, il clima di paura di un golpe, il linguaggio sempre più settario e violento con punte forti di misoginia.
Della misoginia che esce dai discorsi politici del PDRC (ma non solo) se ne è parlato in questo post. Degli attentati si sa che il primo avvenuto durante una manifestazione del PDRC ha causato un morto. La polizia è alla ricerca di una persona che da dentro il gruppo di manifestanti ha lanciato la bomba, e non crede molto alla bomba gettata da una casa in costruzione. E’ inoltre alla ricerca di un militante del PDRC proprietario di un pickup vicino a cui è scoppiata la bomba. Si esaminano alcuni filmati.
Domenica sono state gettate due bombe a frammentazione nel sit-in di Victory Monument che hanno fatto 28 feriti. Le bombe sono state gettate da alcune persone che sono fuggite in motocicletta. Una bomba sembra essere stata gettata da dietro le quinte della manifestazione e si conosce la foto dell’uomo che l’ha gettato.
La situazione è molto confusa e pericolosa. Sono tanti i possibili moventi e attori interessati ad una escalation della violenza. Ovviamente il PDRC ha accusato dal palco il governo per questi incidenti a fuoco e ritiene Yingluck responsabile di queste morti e per voler far regredire il movimento.
Dall’altro il centro operativo della polizia afferma che gli attentati con le bombe sono partite da dentro la manifestazione stessa.
Il giornalista Pravit Rojanaphruk fa quattro ipotesi su Facebook: Il governo e/o le magliette rosse per creare un clima di paura e costringere il PDRC ad un negoziato; il PDRC per ottenere simpatia e incoraggiare l’intervento militare; militari per favorire il golpe; elementi individuali di qualunque fazione allo scopo di odio o vendetta.
Ma piano piano sta anche emergendo un movimento, sostenuto dalle stesse magliette rosse, che con veglie e manifestazioni in tutto il paese, chiede lo svolgersi regolare delle elezioni e di non essere espropriato di un diritto fondamentale: non è solo Bangkok a determinare il destino di tutto il paese.
Mentre la crisi prosegue con la pressione prevista sulle banche per domani lunedì, alcuni giornali che prima alimentavano la critica e la propaganda contro il governo Yingluck hanno cominciato a riconsiderare il clima di odio che hanno aiutato ad alimentare. Presentiamo un articolo di Voranaj sul Bangkokpost.
Dove ogni fazione sbaglia, nessuno ha ragione, Voranai Vanijaka
Per chi non sa o fa finta di non sapere, Thaksin non è mai stato antirealista. Infatti voleva gli onori ed il prestigio delle approvazioni reali, cosa differente dall’essere semplicemente nominato primo ministro. Ma qualche passo sbagliato hanno cambiato il corso degli eventi.
Per prima cosa, per decenni le vecchie elite si sono accapigliate sul “destino del futuro della Thailandia”. E’ accaduto che Thaksin abbia investito in un futuro che all’elite non piaceva, per dirla in modo calmo. E’ un conflitto non solo di interessi, ma di sopravvivenza. Lo lasceremo lì.
Seconda cosa, nelle tradizioni thailandesi tutti noi abbiamo un ruolo da assumere con educazione. Ogni ruolo si adatta allo schema al lavoro nella società. C’è sempre un confine, ed espandere il proprio ruolo è un comportamento negativo grossolano e invita ai conflitti.
Le accuse contro Thaksin includono il tentativo di monopolizzare il potere politico sotto il proprio comando, di stabilire un impero politico affaristico attraverso la “Corruzione della politica” e di portar i militari sotto il proprio ombrello personale, quest’ultimo un pericoloso gioco di potere.
Terza cosa, come valido per qualunque paese in via di sviluppo arroccato in una tradizione feudale, la corruzione è una norma accettata. Ma di nuovo c’è un confine che nessuno passa. Il crimine di Thaksin non è stato quello di aver dato un morso al mango, poiché tutti lo fanno anche se si tratta di un morso piccolo, ma si percepì che Thaksin volesse ingoiare tutto l’albero.
Quarto, ci fu uno sforzo di costruire il culto della sua personalità, creando un’immagine come di una figura di un padre nazionale, il salvatore della gente. Ma ci può essere solo uno con quel ruolo, e non è Thaksin.
In aggiunta, come i suoi sostenitori non perdoneranno mai Abhisit e Suthep per gli eventi di aprile e maggio 2010, i manifestanti per le strade oggi non perdoneranno mai Thaksin per questo. Per chi controlla il potere lui si proponeva come il Grande Uomo che governa contro di loro, e si fece così dei nemici. Pe i manifestanti di oggi, lo vedono come uno pseudo dittatore, una barriera al progresso ed un usurpatore dell’identità nazionale.
I manifestanti vogliono più di questo, credono di meritare come la Thailandia qualcosa di più. Se si capisce la storia, la cultura e la psiche della Thailandia, non ci si meraviglia che Thaksin sbagliò negli occhi di chi si ergeva contro di lui. Cionondimeno, questa è solo metà della storia. Il fatto è che più di metà della regione centrale e quasi tutto il nord sostengono lui. Metteteli insieme e qualunque marionetta, clone o nominato vincerebbe qualunque elezione generale in un futuro prossimo. Negare al Puea Thai il suo diritto democratico a governare è uno schiaffo a oltre 15 milioni di persone che lo hanno votato, e la gente del nord sente di aver preso tanti schiaffi in faccia per troppo tempo.
La Thailandia di oggi è la conseguenza storica del nostro passato feudale. Forse abbiamo fatto progressi sul campo economico, tecnologico e per alcuni versi nella democrazia, la la nostra struttura fondamentale è il patronato ed il nostro DNA feudale. Siamo una rete di reti tribali basati sulla gerarchia, le relazioni, lealtà, nepotismo e benefici.
Se un centinaio di anni fa, la Thailandia era l’impero di Bangkok che governava su regni soggiogati e territori feudali, questa relazione a distanza di cento anni è ancora viva. Non siamo riusciti ad evolvere e con essa il nostro DNA. I governatori sono ancora nominati, la finanza e la polizia sono ancora centralizzati e lo sviluppo è sempre stato centrato su Bangkok, per fare alcuni esempi. In tanti modi Bangkok governa ancora le province come il padrone delle colonie piuttosto che come una capitale di un paese democratico.
Quindi c’è una storia di sviluppo ineguale e per lo scorso decennio un risentimento borghese di essere cittadini di seconda classe. C’è una guerra di un decennio che distrugge il profondo meridione. Nel frattempo la gente del nord si è accorta dei doppi standard poiché Thaksin ha suonato l’allarme, per caso o per disegno.
Si aggiunga a tutto ciò il proliferare della tecnologia informatica attraverso i media sociali e il mondo che rapidamente cambia attorno a noi, e non è più tempo di accettare la propria vita con il capo piegato docilmente. Vedono Thaksin come un capo che li ha aiutati a alzare la propria testa e ad essere fieri.
La crescita delle province settentrionali negli scorsi decenni lo si può imputare allo sviluppo complessivo nazionale. Ma non si può negare che le politiche di Thaksin abbaino portato molto sviluppo. Lo schema di prestito miliardario del Puea Thai, che per lo più finanzierà una rete ferroviaria di alta velocità nel settentrione, aggiungerà tanto di più. Queste persone del settentrione accusano il nucleo di Bangkok per ostacolare il proprio progresso. Sentono che è il loro momento. Se chi è contro Thaksin vuole di più e credono di meritare di più, lo stesso fanno chi sostiene Thaksin.
I capi di entrambi gli schieramenti sono fortemente polarizzati. Il caso classico di Thaksin era quando diceva che chi non lo votava non doveva attendersi nulla da lui. Quindi c’è la recente controversia sui capi della protesta che dicono che i voti “della gente istruita” di Bangkok dovrebbero contare più di quelli dei voti “da zoticoni” delle province. Sono entrambi ridicoli.
I loro sostenitori se ne vanno insieme. Date uno sguardo sui media sociali, dove ogni lato dà il proprio contributo di insulti e di scherno con il fervore dei giusti, alimentando l’odio tra i concittadini.
Persino studiosi, attivisti e giornalisti, quelli la cui penna dovrebbe essere più forte della spada, si uniscono alle scorrerie. Invece di usare la propria conoscenza e le proprie abilità acquisite per fare senso e ragione nella follia, molti si sono avvinghiati ad un’ideologia o alla fazione tribale ed offrono insulti e ridicolizzano allo stesso modo degli ignoranti.
Si attardano ad giocare a chi è meglio dell’altro ed applaudono al proprio essere nel giusto. Scrivono racconti facili del genere “buono contro il cattivo” e ridicolizzano chi vi si oppone con un’opportuna etichetta.
Quando persino i sapienti soccombono a questa logica non ci si meraviglia allora del punto in cui siamo, un campo di battaglia i due tribu feudali rivali che mirano al controllo del presente per forgiare il futuro.
Non è tanto quello che Thaksin ha sbagliato. E’ quello che tutti noi abbiamo fatto di errato e continuiamo a ripeterlo. Se non lo si riconosce non ci può essere soluzione e riforma.