Mentre i manifestanti del PDRC continuano a manifestare a Bangkok sebbene con numeri molto inferiori di manifestanti, si fa sempre più strada nel PDRC l’idea che a rovescaire il governo Yingluck non possano essere le loro proteste, quanto una decisione giudiziale di qualche agenzia indipendente dello stato, Corte Costituzionale e/o Commissione contro la corruzione, stante anche una certa ritrosia dei militari.
Sono vari infatti gli appelli, le denunce per far dichiarare non valide queste elezioni e porre Yingluck sotto accusa. Tra queste si distingue la richiesta di messa sotto accusa per mancata vigilanza di Yingluck perché non avrebbe vigilato sulla corruzione evidenziata e denunciata da varie parti. Altra denuncia è l’invalidazione delle elezioni perché non si sarebbero tenute nello stesso giorno in tutto il paese.
Di seguito presentiamo due storie di due meridioni thailandesi: il primo meridione è quello più ricco ed integrato nella politica nazionale in un articolo di Simon Roughneen.
Il secondo è un articolo sull’estremo meridione thailandese, più povero e più isolato, che vive dal 2004 una guerriglia senza fine. Ultimo atto è l’omicidio di tre bambini di famiglia musulmana che ha inorridito tutto il paese.
Un Racconto di due Thailandie, di Simon Roughneen
Da mesi i manifestanti antiogovernativi hanno manifestato a Bangkok bloccando strade, occupando edifici e promettendo di rovesciare il primo ministro Yingluck Shinawatra che ha dichiarato uno stato di emergenza prima elle elezioni parlamentari di domenica.
Dietro le proteste di Bangkok c’è un profondo risentimento nel meridione thailandese che ha inviato migliaia di manifestanti nella capitale.
La regione ha d tempo un carattere distintivo dal nord della Thailandia, dove Yingluck trae il sostegno alla propria coalizione. Sede di resort di livello mondiale, il meridione thailandese è più ricco di altre regioni. Distinguere queste differenze è fondamentale per comprendere la polarizzazione che divide il paese.
Nel meridione, la maggioranza sostiene il Partito democratico, il partito di opposizione che ha boicottato le elezioni di domenica e appoggiato totalmente la protesta. Alle ultime elezioni del 2011 i democratici giunsero secondi ma non hanno vinto elezioni da due decenni. I manifestanti sostengono che il sistema sia stato compromesso da Yingluck e dal suo fratello in esilio volontario Thaksin, e ha bisogno di essere riformato da un “consiglio del popolo”, ma i critici dei manifestanti vedono un’altra mossa per abbattere un altro governo eletto sostenuto da Thaksin attraverso metodi antidemocratici.
In un ristorante di Sura Thani, una città sulla costa meridionale posta a 300 chilometri da Bangkok nel golfo del Siam, Prapaporn Inyhuputi, il padrone, ha le orecchie incollate alle trasmissioni assordanti delle manifestazioni. Sebbene non abbia potuto unirsi ai tantissimi abitanti del meridione che si sono recati a Bangkok, condivide i credi dei manifestanti secondo cui le elezioni non sono la risposta all’attuale stallo politico del paese.
“Il sistema sotto Thaksin è corrotto da dodici anni ed ora è la stessa cosa con sua sorella” dice la gestrice del ristorante.
Secondo lo studioso thailandese della Università della Columbia Britannica a Vancouver, Aim Sinpeng, il sostegno al partito democratico è in parte legato “alle relazioni di patronato cliente e a qualche grado di distinzione culturale della gente del meridione”. La gente del meridione, dice Aim, tende ad avere una forte lealtà verso gli individui e votano per membri di famiglia piuttosto che votare per persone che credono assolverebbe al suo compito”
Anche i fattori economici giocano la loro parte. Mentre il movimento di protesta ha criticato il programma al sostegno del prezzo del riso, che considerano di beneficio ai sostenitori del governo, milioni dei quali sono contadini, i coltivatori di caucciù del meridione vogliono un programma analogo per il loro raccolto.
Lo scorso agosto i contadini meridionali lanciarono proteste chiedendo il governo a garantire i prezzi del caucciù e molti di loro si sono uniti alle dimostrazioni attuali contro il governo. La Thailandia è il produttore principale ed esportatore al mondo di caucciù.
La divisione economica si è assottigliata tra il nord dove ci sono i coltivatori di riso ed il meridione dove ci sono i produttori meridionali di caucciù e olio di palma e dove si riversano milioni di turisti ogni anno. Resta però al 20%. Mentre il reddito procapite del meridione è 3751 dollari annui, quello del nord è di 2396 dollari annui, stando alle cifre governative.
Per tutto il sud, c’è pochissimo sostegno al Puea Thai. A tre ore di auto da Surat Thani, sull’isola di Phuket, un visitatore non si accorgerebbe che mancano solo pochi giorni all’elezione. Sulla strada che collega la città principale dell’isola alla costa, dei cinque manifesti elettorali visibili del Puea Thai lungo dieci chilometri di strada solo due sono intatti, mentre gli altri sono stati oggetto di vandalismo.
Durante le elezioni nazionali del 2011 i manifesti di partito riempivano le strade del paese, ma ora la Thailandia meridionale sembra più interessata a celebrare il nuovo anno cinese con lanterne e bandierine rosse allineate sulla strada.
E sulla strada di ritorno a Surat Thani c’erano poche indicazioni che è imminente un’elezione a parte i tre manifesti del Puea Thai, tutti intatti, nelle vicinanze dlla stazione principale di polizia.
Presso l’ufficio cittadino della commissione elettorale della Thailandia, al posto dell’informazione delle regole per votare o della posizione dei seggi, sono appesi ai cancelli i manifesti del capo eella protesta antigovernativa, un politico del meridione.
Mentre accende la sua moto vicino al cancello, a quattro giorni dalle elezioni, un rappresentate della commissione dice che non sarà al lavoro il 2 febbraio ma si unirà alle migliaia di manifestanti del meridione che protestano nella capitale.
“Andrò a Bangkok dopo che concludo il lavoro nel mio ufficio domani. Il capo è già partito” dice.
Simon Roughneen
Il Profondo meridione thailandese e la discussione sulle elezioni, Myles Gough, Al Jazeera
Mentre la Thailandia è andata alle elezioni storiche in cui almeno sei milioni di elettori non hanno potuto votare, i media internazionali hanno sparato a zero sulle proteste che si svolgevano per le strade di Bangkok dove da due settimane era in vigore un decreto di emergenza.
Si comprendono le paure di scoppi di violenza in una città che ha conquistato lo status di una delle città più visitate. Ma gran parte dei resoconti dei grandi media ha negato un problema importante e mal rappresentato in Thailandia: l’attuale violenza e abusi di diritti umani nelle province più meridionali lungo la frontiera Malese, dove le leggi di emergenza sono attive da quasi un decennio.
La regione a maggioranza musulmana era stata inclusa all’interno dei confini della Thailandia dopo la firma del trattato anglo-siamese del 1909. Da allora si è sempre avuto uno scontento dovute in parte alle politiche di assimilazione forzate applicate dai successivi governi thailandesi. Nei dieci anni scorsi comunque questo scontento è cresciuto tantissimi con una tendenza continua di violenza di parte che prende di mira le autorità dello stato, figure religiose, docenti e civili, non ultimi i bambini. L’esplosione di bombe sono diventate cosa comune, la minaccia di assassinio e rappresaglie autoritarie sono fortemente all’ordine del giorno, e la gente di questi posti, tanti dei quali povera gente delle campagne, vive nella paura costante.
All’apparenza un semplice resoconto dei morti può fornire un’idea dell’estensione del problema. Secondo i recenti resoconti dei media, quasi 6000 persone sono state uccise e quasi 10 mila persone ferite sin dal 2004. Non ci sono segni che la violenza rallenterà. Secondo l’ISOC, comando delle operazioni di sicurezze interna, nel solo 2013 ci sono stati 320 attacchi con bombe nelle quattro province di frontiera, mentre nel 2012 ci sono stati 276 attacchi con bombe. Già nel 2014 ci sono stati attacchi che hanno ucciso e ferito vari ufficiali di polizia compreso 4 morti nella settimana delle elezioni.
Questo problema comunque, al di sotto della superficie è ben più complesso e stratificato. Mente è facile attaccare un’etichetta sui gruppi separatisti definendoli terroristi, non si può ignorare il ruolo che il governo thailandese ha giocato in questo conflitto. Sin dal 2005 sono in funzione per tutta la regione, in momenti differenti, e spesso insieme, tre pezzi di legislazione speciale: la legge marziale, la legge di sicurezza interna e il decreto dell’emergenza, in vigore per certe parti anche a Bangkok. Queste misure, insieme o da sole, forniscono alle forze di sicurezza e di applicazione della legge poteri straordinari per fare arresti senza mandato e detenere sospetti in posizioni segrete fino a 37 giorni.
Queste leggi hanno permesso le violazioni dei diritti umani come la tortura, le confessioni forzate, le scomparse forzate e gli omicidi extragiudiziali. Un esempio è la scomparsa forzata, nel 2004, di un attivista e avvocato dei diritti umani Somchai Neelapaijit ritenuto da molti morto. Le leggi hanno fatto sorgere dubbi sull’equità e imparzialità del sistema giudiziario. Casi specifici di ingiustiziasono stati messi in risalto nei rapporti di organizzazioni nonprofit come Thailand Union for Civil Liberties, the Cross Cultural Foundation e Muslim Attorney Council, che forniscono assistenza legale ai musulmani del meridione sospettati di insorgenza. In molti dei casi di terrorismo, che sono punibili con la condanna a morte, questi dubbi sull’imparzialità sono davvero molto preoccupanti.
Quello che lo rende ancor più sorprendente è che i media internazionali non abbiano prestato attenzione al meridione durante le proteste recenti a Bangkok è il ruolo giocato dall’ex primo ministro Thaksin Shinawatra, la figura che genera discordia al centro del caos politico del paese che pone di fronte “magliette rosse” e magliette gialle”. Shinawatra avrà cementato la sua presa del potere nelle zone popolose delle province settentrionali, ma nel profodno meridone ha giocato il ruolo fondamentale di esacerbare le tensioni.
Dopo il suo arrivo al potere nel 2001, Shinawatra smantellò Il Centro Amministrativo di frontiera che serviva come un collegamento per i capi musulmani. La sua infame guerra alla droga, che reclamò la vita di 2800 persone tra i quali molti malay musulmani, provocò anche più tensioni nella regione. Arresti arbitrari e brutalità della polizia, unitamente alla minaccia costante di erosione culturale sono considerati da molti catalizzatori importanti che portano a questo conflitto che scoppiò con tre incidenti isolati nel 2004.
Mentre due di questi incidenti coinvolsero attacchi degli insorti, il terzo fu la repressione da parte delle forze governative di una protesta in una stazione di polizia. Oltre 80 persone morirono soffocate mentre erano trasportate ad una base militare, legate ed accatastate l’un sull’altra in camion militari, fino ad un’altezza di 3 metri. Dopo l’incidente, la protesta di Tak Bai, Shinawatra provocò la rabbia dei musulmani attirando la critica internazionale quando addossò le colpe al digiuno del Ramadan per aver indebolito le forze delle persone morte.
L’attuale amministrazione di Yingluck Shinawatra venne al potere con le grandiosi visioni di dare una maggiore autonomia economica alla regione, ma poche cose lungo la via delle riforme sono state realizzate e nulla è stato fatto per calmare la violenza.
Il giorno delle elezioni è venuto e passato, ma la saga politica non è affatto terminata. Ci si attende più proteste nelle settimane venture mentre si terranno le elezioni suppletive, i voti sono lentamente elaborati, mentre i manifestanti del PDRC sperano di annullare i risultati. Sul terreno ci sono tante preoccupazioni tra i Thai che si materializzerà altra violenza se è abbattuta, mediante le corti o i militari, l’attuale amministrazione.
Ma mentre tutti gli occhi sono puntati su Bangkok, è importante ricordare che lo scontento non è confinato alla sua più grande città. Gravi violazioni di diritti umani e problemi sociali profondi continuano ad infestare questo fragile paese che molti turisti associano, molto semplicemente, con le sue spiagge tranquille. Una cosa è certa: ci vorrà uno sforzo politico concertato e riforma legale considerevole per avere una qualche possibilità di trovare una soluzione alla situazione disastrosa nel meridione del paese.
Myles Gough, Al Jazzera