Abdul Kahar bin Othman, uomo di 68 anni, è stato impiccato a Singapore dopo due anni che nella città stato non si registravano esecuzioni ed una seconda sentenza di pena capitale sarà portata avanti nei prossimi giorni.
Abdul Kahar bin Othman era stato condannato per due accuse di traffico di morfina nel 2013 per le quali era stato condannato a morte con sentenza quasi automatica nel 2015.

Dal 2019 non si erano registrate esecuzioni a causa delle richieste di clemenza e di revisione giudiziaria dei processi, ma ora in molti temono che ci sarà una ripresa di queste sentenze a cominciare da quella di Nagaenthran K. Dharmalingam, giovane dalle capacità intellettive fortemente compromesse la cui condanna ha sollevato tantissime proteste a livello globale, insieme ad altri tre condannati il cui appello è stato rigettato a marzo.
A Singapore, dove le manifestazioni di massa sono fortemente controllate e devono essere autorizzate dalla polizia che in passato ha arrestato manifestazioni di solitari manifestanti, si sono radunate alcune centinaia di persone nell’Angolo degli Oratori, luogo deputato a ricevere le manifestazioni autorizzate a cui è permesso di partecipare solo a cittadini singaporeani.
“La pena di morte non ci fa vivere più in sicurezza”, “Non uccidete nel mio nome”, sono alcuni dei cartelli portati dai manifestanti.
Alla manifestazione ha parlato una giornalista e militante di lungo corso contro la pena di morte nella città stato, Kirsten Han, che ha parlato di Abdul Kahar che come la maggioranza dei condannati a morte proviene da strati poverissimi della società anche della Malesia.
Sin dalla giovane età Abdul Kahar ha lottato contro la dipendenza dalla droga passando la sua vita in prigione, ha detto la giornalista. Il padre aveva lavorato per i militari inglesi ed era morto giovane, lasciando la famiglia in grossi problemi finanziari.
“Il governo di Singapore afferma con regolarità che la pena di morte è un deterrente efficace contro il traffico di droga. Parlano dei danni che la droga infligge alle persone assuefatte e continuano a dire che la pena capitale aiuterà a proteggere la gente e a salvare vite umane. Ma non esistono dati chiari che ci dicono che la pena di morte sia più efficace di ogni altra pena come deterrente contro i reati di droga” ha detto la giornalista e militante che ricorda come la storia di Abdul Kahar mostra che la differenza tra vittima dell’uso della droga e cattivo trafficante sia qualcosa di vago e falso.
“Lui stesso lottava contro la dipendenza da eroina ed aveva bisogno di trattamento, sostegno psicologico e sostegno per reintegrarsi nella società. E la sua famiglia aveva bisogno di guida ed aiuto nel sostenerlo al meglio. Eppure tutto quello che Abdul Kahar ha ricevuto è stato il carcere che lo ha solo alienato dalla società e lo ha esposto allo stigma sociale. Ora se ne è andato”
“Nella storia di Kahar vediamo una persona che ha vissuto la povertà, la fame e tantissime barriere alle opportunità. Le prime condanne al carcere non hanno dato quanto lui necessitasse per riabilitarsi e reintegrarsi nella società; l’ultimo arresto lo vedeva segnato come un recidivo e privo di risorse, deluso dalla società e dallo stato ad ogni momento”
Sull’esecuzione di Abdul Kahar si sono espressi sia Ufficio dei Diritti Umani dell’ONU che la missione dell’Unione Europea.
L’Ufficio del UNHR aveva chiesto il fermo dell’esecuzione di Abdul Kahar e la commutazione della sentenza all’ergastolo, esprimendo la preoccupazione per le esecuzioni previste per questo anno che sono state recapitate alle famiglie nel pieno dell’epidemia da Covid con tutte le restrizioni ai movimenti e ai contatti a pochi giorni dalla data di esecuzione.
Richieste simili all’UNHR sono state fatte dall’Unione Europea, gli stati membri e dalla Norvegia e Svizzera che hanno invitato lo stato di Singapore ad una moratoria di tutte le esecuzioni “come un primo positivo passo verso la sua abolizione”
“Oggi oltre i due terzi dei paesi al mondo sono diventati abolizionisti o in termini legali o in pratica, a conferma di una tendenza globale a favore dell’abolizione della pena di morte. Non esiste prova alcuna che la pena di morte serva come un deterrente più efficace per il crimine della prigione… Inoltre qualunque errore, inevitabile in ogni sistema legale, è irreversibile” si legge nella dichiarazione congiunta.
Proprio nel 2021 il Centro di Informazioni sulla Pena di Morte negli USA ha detto che una sentenza di condanna su 8 negli USA era errata ed ha portato al proscioglimento.
Ma le autorità di Singapore invece sostengono che proprio la condanna a morte per traffico di droga è servita a tenere la città stato uno dei luoghi più sicuri in Asia.
Il prossimo ad essere condannato alla pena capitale potrebbe essere Nagaenthran K. Dharmalingam, cittadino malese di 43 anni che è nel braccio della morte da 43 anni per aver portato 43 grammi di eroina nella città stato, il cui appello è stato rigettato da qualche giorno.
Un tribunale di Singapore ha affermato che la sentenza capitale è stata data secondo il suo diritto ad un processo giusto tenendo pieno conto del suo grado di responsabilità mentale, nonostante gli sia stata diagnosticata una funzionalità intellettuale borderline che secondo la corte non gli ha impedito di capire quello che aveva fatto.
Ma per queste disabilità secondo gli esperti dell’UNHR Nagaenthran “non ricevette accomodamenti procedurali durante gli interrogatori. Sottolineiamo ancora che non si devono portare avanti condanne a morte per persone che hanno gravi disabilità psicologiche ed intellettuali”