Nonostante la promessa del ritorno alla democrazia, il governo militare thailandese è poco incline a tenere le elezioni quanto prima. Crescono le paure di uno scivolamento della Thailandia verso l’autoritarismo.
In queste circostanze, una discussione libera e franca sulla situazione politica predominante può aversi solo al di fuori del paese. Dal golpe militare del 2014, la libertà di espressione e di stampa si è ridotta drasticamente nella nazione del sudestasiatico. I critici sono costretti dai militari a non opporsi alle azioni del governo oppure, nei casi peggiori, scompaiono senza lasciare traccia.
Al momento del golpe, Pavin Chachavalpongpun era professore associato presso il Centro per gli Studi del Sudestasiatico all’università di Kyoto. Poi quando la giunta al governo lo convocò a Bangkok a causa della sua visione politica, Pavin si rifiutò di andare dicendo che il semestre era già cominciato ed indicò i suoi impegni di insegnamento. Con uno stile più leggero, sulla sua pagina di Facebook, che ha 120 mila persone che lo seguono, Pavin scrisse che avrebbe preferito mandare il suo vice.
Ma i militari non furono entusiasti per il gesto e revocarono, alla fine, il passaporto a Pavin costringendolo a vivere, da allora, come un rifugiato.
Non è comunque un caso isolato, poiché molti intellettuali thailandesi hanno abbandonato il paese nei due anni scorsi. Allo stesso tempo molti studiosi stranieri hanno preferito astenersi dal recarsi in Thailandia.
Un esempio è Wolfram Schaffar, che lavora presso l’università di Vienna nell’Istituto di Sviluppo Internazionale, non ha visitato la Thailandia dal golpe del 2014. L’esperto era stato un visitatore assidui del paese per scopi di lavoro e di ricerca.
Su invito di Schaffar e del collega Oliver Pye dell’Università di Bonn, Pavin ha di recente visitato la Germania per discutere gli sviluppi politici del paese.
La Morte del Re Bhumibol
Negli ultimi settanta anni, la Thailandia ha vissuto 17 colpi di stato. Detta semplicemente, dal un lato ci sono le elite tradizionali nella società Thai, che comprendono il palazzo reale, i militari e la burocrazia. Il loro scopo complessivo è di preservare l’ideologia esistente dello stato che si può descrivere con i tre termini nazione, monarchia e buddismo.
Dall’altro lato, ci sono sezioni di classe media emergente che domanda di più voce nel processo politico. Questi segmenti sono sostenuti dai contadini, particolarmente nel nord del paese.
La polarizzazione nel paese è cresciuta notevolmente negli ultimi due anni.
La presa del potere nel 2014 dei militari è solo una parte di questa fondamentale lotta per il potere che dura da un decennio. Ma Pavin dice che la mossa ha avuto una nuova dimensione, poiché non era solo il rimettere al potere le tradizionali elite ma piuttosto di preparare il paese ad una nuova era.
Questo è legato a Re Bhumibol che morì ad ottobre 2016. Era generalmente considerato come uno dei tre pilastri del potere politico thailandese. E nel 2014 quando il re si avvicinava alla morte, entrarono in campo i militari.
“Si trattava di regolare e controllare la successione reale” nota Pavin. Nel fare così i militari vollero assicurarsi la loro posizione privilegiata dei conservatori, che è legata strettamente alla monarchia.
Paura del nuovo
Le elite tradizionali erano guidate dalla paura, sottolinea Pavin, il quale aggiunge che avevano paura di un futuro incerto. La paura maggiore era verso il principe ereditario Vajiralongkorn che ora è re.
Il nuovo monarca è totalmente l’opposto del padre che godeva di una vasya venerazione tra i thailandesi. “Re Bhumibol aveva troppo successo” dice Pavin. Era chiaro che Vajiralongkorn non avrebbe mai comandato la reverenza di cui godeva il padre.
Difatti Vajiralongkorn è l’esatto opposto del padre che era considerato come disciplinato e rispettoso dei doveri. L’immagine del figlio è sporcata agi occhi di molti thailandesi dai suoi tatuaggi, dal comportamento imprevedibile e dai suoi tre matrimoni. Un’altra questine è che il nuovo monarca preferisce spendere molto del suo tempo nella città tedesca di Monaco piuttosto che a Bangkok.
“Una battuta gira già tra i Thailandesi: la capitale della Thailandia non è più Bangkok ma Monaco di Baviera” racconta Pavin.
Senza dubbio la reputazione della monarchia che Bhumibol ha costruito nei decenni, è stata già distrutta, sottolinea l’esperto. L’elite teme che il nuoo re minerà la loro presa sul potere.
Sulla strada dell’autoritarismo
Per contrastare la perdita di potere, i militari thai hanno steso una nuova costituzione che è stata adottata dalla gente nel referendum di agosto 2016.
La nuova costituzione riduce il numero di senatori eletti e rafforza le istituzioni come la corte costituzionale, l’autorità anticorruzione e la commissione elettorale. Sono queste le istituzioni potenti della Thailandia. Ma loro di frequente si immischiano nella politica invece di essere attori neutrali il cui compito è di proteggere la democrazia ed il governo della legge.
Nel 2008 la corte costituzionale costrinse ad un cambio di governo eletto democraticamente.
“In altri paesi, la corte costituzionale serve alla difesa della democrazia, ma in Thailandia sono legati strettamente agli interessi della elite tradizionale.”
Pavin ha detto che all’inizio non riusciva a comprendere la decisione popolare di votare a favore della costituzione stilata dai militari. Ma ora, dopo aver parlato con tanti di loro, riconosce che la gente voleva semplicemente andare avanti con la loro vita.
Temevano che, nel caso di un rigetto della costituzione, i militari avrebbero cominciato il processo tutto d’accapo spostando sempre di più nel futuro il momento in cui si sarebbe andato a votare.
Pavin dice però che si tratta di “una prospettiva a breve tempo, mentre la nuova costituzione darà forma alla politica in Thailandia per molti anni a venire”.
“La Thailandia si muove definitivamente verso l’autoritarismo, sotto tutti gli aspetti”.
Il governo militare thailandese di recente ha detto che le elezioni generali, promesse per questo anno e poi spostate nel 2018, sono ora spostate fino alla seconda metà del 2018.
Dove sta l’opposizione?
Ad illuminare l’oscurità, Pye dell’Università di Bonn ha ricordato molti movimenti democratici andati bene nella regione. Ha anche notato che la monarchia thai ha perso l’influenza con il nuovo re e che sono emerse profonde fratture nell’ideologia dello stato. “Sembra che tante cose non vanno nel verso scelto dalla giunta”
Pavin Chachavalpongpun resta comunque scettico. Mentre crede che le elite tradizionali sono destinate a perdere la loro presa sul potere, non vede ancora una alternativa emergente, anche se gli è chiaro da dove deve provenire.
“La chiave è la classe media” Alla fine l’instaurarsi di un nuovo ordine sociale dipenderà da loro, dice ed aggiunge: al momento comunque sembra una cosa molto remota.