Spettro del totalitarismo e Anna Arendt in Thailandia per Nidhi

Tempo fa abbiamo pubblicato alcuni contributi dello storico Thailandese Nidhi Eoseewong sulle teorie di Anna Arendt e lo spettro del totalitarismo in relazione alle vicende thailandesi ultime che sono poi sfociate nel golpe del 22 maggio 2014.

La traduzione in inglese e lo studio approfondito appartengono alla Professoressa Tyrell Haberkorn del’Università ANU australiana. Ad aprile scorso è apparso un contributo più completo di Tyrell Haberkorn su JapanFocus  e, nella speranza che ci sia un seguito a questa ricerca per coprire il risultato concreto di quel periodo, vogliamo qui riprodurre per dare completezza al lavoro.

Anna Arendt, Nidhi Eoseewong e lo spettro del totalitarismo in Thailandia, Tyrell Haberkorn

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Nidhi Eoseewong metteva in guardia della crescente atomizzazione tra i membri del sistema del governo thailandese. In un articolo apparso sul più diffuso quotidiano in lingua Thai, Nidhi intesseva la sua analisi dei cambiamenti nella società thailandese negli ultimi dieci anni attraverso una lettura dei capitoli sulle masse e la dittatura del libro di Annah Arendt “Le origini del totalitarismo”.

Mentre i thailandesi conoscevano molto bene la dittatura militare standard, una manifestazione frequente dalla fine della monarchia assoluta nel giugno 1932, sono stati risparmiati dalla dittatura totalitaria. In contrasto alla dittatura dove la popolazione è dominata dalla forza delle armi, la dittatura totalitaria esiste attraverso e per le masse, ne ha bisogno, e “tenta di controllare la vita quotidiana della gente, o di fatto controllare il cervello, o anche il pensiero delle masse.”

La spinta immediata al saggio di Nidhi fu una serie di proteste di breve vita a Novembre e dicembre 2012 da un gruppo che si definiva “Proteggere il Siam” o Pitak Siam. Il grido di lotta di questo gruppo, guidato dal generale in pensione Boonlert Kaewprasit e dal medico attivista Tul Sittisomwong, era una critica vaga del governo eletto del Primo ministro Yingluck Shinawatra e l’invito a proteggere la monarchia dai suoi critici.

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Nidhi sosteneva che i cambiamenti socioeconomici nella società thailandese nella decade precedente ha creato le condizioni perché emerga la folla, la massa. Le persone si sentono abbandonate dai loro capi e dalle famiglie e desiderano un’appartenenza ed una comunità. La caratteristica che definisce questi atomi potenziali era “ il grave disagio delle condizione del proprio essere”. Ma come la massa di Arendt, i manifestanti di Pitak Siam non erano dei politici se non nel loro disconoscimento di ogni rivendicazione di partecipazione nel governo.

Nidhi commentava: “Sono stanchi della politica. La considerano una semplice serie di argomenti. Politica è una perdita di tempo che li distrae dal loro lavoro e guadagnarsi da vivere, come pure qualcosa che distrugge il loro sostentamento. Perciò se potessero riuscire a cacciare e eliminare i politici, vorrebbero ritornare a casa a guadagnarsi da vivere. La folla totalitaria permetterebbe alla “persone morali”, di amministrare il paese senza essere neanche coinvolta. Questa categoria di “persone morali”, khon dii in Thailandese, ritorna nel tempo come in sintonia per cittadini di protesta che sostengono lo status quo e l’istituzione della monarchia.

Pitak Siam è scomparsa dalle strade con la stessa velocità con cui è apparsa, ma il desiderio di totalitarismo identificato da Nidhi è restato latente. Questo desiderio si è combinato con la netta polarizzazione in una serie di eventi rapidissimi che sono iniziati con le proteste del PDRC a novembre 2013 che, come un editoriale del New York Times denunciava agli inizi di marzo, aveva portato la Thailandia sull’orlo della disintegrazione.

Questa polarizzazione, una volta posta nei collori luminosi del ross del giallo, è diventata decisamente torbida. I manifestanti delle magliette gialle sono monarchici nazionalisti che emersero nelle strade nel 2005 e agli inizi del 2006 chiamando i militari ad intervenire nella politica per rimuovere il premier eletto Thaksin in nome della salvaguardia della monarchia. I due governi di Thaksin furono segnati da una miscela di politiche della salute populiste e programmi di prestito, che iniziarono a cambiare le strutture socioeconomiche della società thailandese, di violazioni di diritti umani e di profitti personali. Il 19 settembre del 2006 il golpe militare fu una risposta alle richieste delle magliette gialle. Non esisteva prova alcuna che Thaksin fosse una minaccia per la monarchia, ma citare l’urgenza di proteggere la monarchia offre un mandato in bianco conveniente per tante azioni extralegali in Thailandia.

I manifestanti delle magliette rosse sono eterogene e comprendono sostenitori di Thaksin e critici progressisti repubblicani, ma condividono un credo nell’importanza di mantenere il processo democratico e la partecipazione sociale e politica eguale. Questa descrizione codificata nei colori tradisce la loro eterogeneità e la profonda tensione al cuore del conflitto.

la vera guerra di Thaksin

Quello che è in ballo è la vera questione di chi deve governare il paese e chi può partecipare alla politica.

Non è un caso che la crisi nelle strade avvenga con il re molto anziano e un percorso alla successione, ed ad un successore degno, che rimane circondato dall’incertezza. L’articolo draconiano 112, a misura del codice penale thailandese che criminalizza tutti i discorsi e le azioni mirate ad essere critiche del re, della regina, del successore o del reggente e che prescrive una pena che va da tre a 15 anni per reato, implica che questa incertezza non può essere toccata apertamente.

La spinta immediata per le proteste del PDRC, guidate dall’ex vice primo ministro e parlamentare Suthep Thaugsuban, la proposta dell’ottobre 2013 di una legge di amnistia in Parlamento da parte del premier Yingluck Shinawatra, leader del Puea Thai. Per Suthep ed altri critici, sebbene Thaksin non fosse tornato nel paese sin dal 19 settembre 2006, Yinglcuk e il partito che guidava potevano essere solo compresi come marionette di Thaksin. La legge di amnistia proposta si stendeva ben indietro nel tempo agli inizi del 2004, quando Thaksin era alcora al potere. E approvata avrebbe esonerato Thaksin e tutti i suoi governi del massacro di Tak Bai, una serie di assassini e scomparse di attivisti e difensori dei diritti umani, e molti reati finanziari.

La legge avrebbe coperto lo stesso Suthep che fu accusato nel dicembre 2013 insieme all’ex primo ministro Abhisit di omicidio premeditato per il suo ruolo nella repressione militare di aprile maggio 2010 contro le magliette rosse che lasciarono 899 persone morte ed oltre 2000 feriti.

A quasi un anno dal suo primo saggio sul totalitarismo in Thailandia, e un mese doo l’inizio delle proteste del PDRC, Nidhi è tornato di nuovo ad Anna Arendt e a Le Origini del totalitarismo. In un articolo di dicembre del 2013, ha iniziato commentando di non essere particolarmente svelto, poiché non riuscì a prevedere la velocità con cui i segni del totalitarismo sarebbero fioriti in un totalitarismo inconfondibile nella forma del PDRC. Suthep e gli altri capi del PDRC si riferivano ai loro seguaci come “la grande massa di persone”, senza neanche un tocco di ironia.

Quello che Suthep e il PDRC domandava sin dall’inizio è l’uscita completa del primo ministro Yinglcuk e del suo governo dalla politica, la nomina di un primo ministro ad interim e la riforma sociale e politica vaga, indefinita da essere portata avanti da un “consiglio del popolo” non eletto. Hanno promesso di chiudere la città di Bangkok finché le loro richieste non fossero state accolte, dando seguito con chiusure intermittenti di strade e palazzi governativi. Non è stata abbasstanza nessuna concessione di Yinglcuk. Lei dissolse il parlamento il 9 dicembre del 2013 e un decreto reale fu emesso che indiceva un’elezione generale per il 2 febbraio 2014. Il PDRC impedì ai candidati di registrarsi per votare in 28 distretti, boicottò le elezioni ed, in alcuni casi, usò la violenza per intimidire i cittadini che desideravano votare.

Furono respinte le offerte di dialogo del governo facente funzione e invece le proteste si arroccarono in alcune parti della città. I burocrati in molti uffici governativi dovettero scappare dai loro uffici per l’arrivo dei manifestanti e non riuscirono a tornarci per vari mesi. Mentre affermavano di essere legati alle tattiche della disobbedienza civile, alcuni manifestanti del PDRC erano chiaramente armati e avevano fomentato scontri con la polizia ed i loro critici, con la morte di 23 persone e il ferimento di 768 altre persone. Le guardie dei campi del PDRC di norma detenevano e talvolta torturavano magliette rosse ed altri critici che giungevano nelle aree della protesta. Il 17 marzo il PDRC rigettava una richiesta di dialogo da parte del governo Yingluck.

Nidhi sostiene che il vuoto percepito dagli atomi che costituivano il PDRC è gemello del vuoto che desiderano installare al centro della politica. La grande massa delle persone non riconosce il principio della maggioranza democratica e si sofferma all’interno sulle proprie vite e famiglie. La direzione delle proteste è decisa su base giornaliera, per cacciare gli oppositori delle proteste m anche gli atomi stessi, dal momento che “Qualunque progetto o piano trasforma gli atomi in individui, poiché devono avere un principio fermo. Se gli atomi cominciano ad avere principi e devono pensare di sostenere o opporvisi, smettono di essere atomi. Quindi la (grande) massa (di persone) si dissolve diventando semplicemente una folla in cui ogni persona ha uno scopo differente… Questo perché il movimento della Grande massa di persone è pianificata ora per ora e deve avanzare lentamente giorno per giorno. Lo scopo o il piano è di distruggere La grande massa di persone stesse.”

Uno dei modi in cui è tenuta insieme la massa mentre si precipita verso l’autodistruzione e la fine dell’intera società è la violazione della legge.

Per quelli che sentono un vuoto, commenta Nidhi che la violazione della legge “rafforza il loro credo che il movimento porterà a qualcosa di nuovo e migliore delle vecchie leggi”. Alcune delle violazioni della legge, come i graffiti e il vandalismo di fronte al quartier generale della polizia e di altri palazzi governativi sono materiali. Eppure l’obiettivo primo delle proteste rappresenta una violazione molto più grande della legge. Desiderano la rimozione extralegale del governo eletto dal potere e la sua sostituzione con un primo ministro e consiglio nominati.

Secondo la costituzione del 2007, questo non è altro che un golpe. Sin dai primordi delle proteste del PDRC, Suthep e gli altri capi avevano invocato una rivolta per abbattere il governo e tutto ciò che rappresenta. Fomentare la rivolta è un grave crimine secondo il codice penale thai e alla fine del 2013 furono emessi mandati di cattura per Suthep ed altri capi del PDRC. Comunque i mandati devono essere eseguiti (aprile 2014 data dell’articolo). Se non sono stati eseguiti a causa della paura di una possibile reazione violenta o poiché il PDRC è sostenuto da figure potenti da ignorare la legge è immateriale. Il risultato finale è che la legge è svuotata di significato e di forza. La distruzione della legge a sua volta lascia tutti quelli nel governo senza protezione.

Il 21 marzo la corte costituzionale, il cui scopo chiaro è di proteggere la Costituzione, e per estensione i cittadini la cui sovranità è al suo centro, si lanciò allo sbaraglio in aiuto della distruzione della legge. In risposta alla richiesta del Ombudsman, decisero che le elezioni del 2 febbraio non erano costituzionali poiché la Costituzione comanda che le elezioni si debbano tenere nello stesso giorno su tutto il territorio nazionale. Poiché le elezioni non furono tenute in 28 distretti a causa del boicottaggio ed ostruzionismo del PDRC, la Corte sostenne che le elezioni erano nulle e vuote. Due giorni dopo l’Assemblea per la difesa della democrazia, una coalizione di intellettuali progressisti,rilasciò una dichiarazione che condannava la decisione della Corte come legalmente sbagliata e politicamente motivata.

Mentre la costituzione stipula che la data per un’elezione generale deve essere fissata alla stessa data per il paese, non comanda che l’elezione debba aver luogo esattamente nello stesso giorno nel paese. Disastri naturali, disordini ed altri fattori possono causare che le elezioni siano spostate in alcuni distretti. Questo non rende vuote normalmente le intere elezioni. Ma in questo caso, portò la coste costituzionale a dire che il decreto reale che fissava la data delle elezioni era incostituzionale, e così le elezioni erano vuote.

Il ruolo della Corte Costituzionale è solo di esaminare leggi e decisioni rispetto alla costituzionalità non agli eventi politici. Nel rendere vuote le elezioni emerse una serie aggiuntiva di problemi. Come sollevato dalla AFDD cosa è accaduto nei seggi di oltre 20 milioni di persone che votarono il 2 febbraio? Le loro schede sono immagazzinate da qualche parte? Sono state distrutte? E cosa succede delle voci che quelle schede rappresentano? Sono state contate o no e sull’autorità di chi? Non ci sono leggi normali o costituzionali in Thailandia che spieghi cosa siccede alle schede e alle voci quno un’elezione è dichiarata senza nessuna conseguenza.

L’AFDD notava che il problema di queste elezioni è che proprio il corpo che è posto a proteggere il diritto della gente a partecipare al processo democratico ha agito sia in eccesso di mandato e per pignorare il processo democratico. Il vuoto al centro della politica thailandese si allarga giorno per giorno e questa decisione della corte aiuta a creare lo spazio per un primo ministro non eletto.

Dentro questo spazio la possibilità di disordini e quindi di violenza nella politica Thailandese cresce. David Streckfuss nota che questa decisione della Corte indica che lo spazio nella politica thailandese, sempre dubbio, ha interamente cessato di esistere. Il fallimento di riconoscere questo è al centro del problema.

Quando “la grande massa di persone” del PDRC, che di fatto è un minoranza, ed altri che desideravano essere salvati dalla Gente morale affermano che vogliono un primo ministro nominato, lo fanno sotto il segno della neutralità, la natura antidemocratica delle loro azioni è sia approfondita che oscurata.

Il futuro del paese resta incerto. Sebbene una nuova data per un’elezione generale non sia stata fissata, le elezioni de lsanato che è un corpo eletto al 50% e 50% nominato, è andata normalmente il 30 marzo del 2014. Al momento il primo ministro Yingluck si trova di fronte a sfide potenziali sia da parte della Commissione Contro la Corruzione che della corte costituzionale che potrebbero condurre alla sua rimozione dall’incarico.

Una delle petizioni attualmente considerata dalla corte coinvolge sia la rimozione di Yingluck che la nomina di un primo ministro presunto neutrale, in linea con i desideri del PDRC. Se queste vengono portate avanti avremo un golpe giudiziario. Mentre non ci sono basi perché la corte costituzionale prenda questa azione, gli eventi di cinque mesi passati indicano che in questo periodo di totalitariso strisciante, questo potrebbe non essere un ostacolo.

Quello che rende gli scritti di Anna Arendt fortemente risonanti con l Thailandia nel momento attuale è la sua forte richiesta di pensare attentamente in un tempo di crisi. Nel suo scritto “Comprendere la Politica” Hanna Arendt scriveva:

“La Comprensione, mentre non ci si può attendere di dare risultati che sono specificatamente utili o ispiranti nella lotta contro il totalitarismo, deve accompagnare questa lotta se deve essere qualcosa di più di una mera lotta per la sopravvivenza.”

Nei lunghi cinque mesi di protesta di Suthep e del PDRC, la violenza dei vigilanti antidemocratici è stata fomentata da praticanti autoproclamati della disobbedienza civile, sette anni di attenta ricostruzione del processo democratico distrutti dal golpe del settembre 2006 sono stati smantellati, e la guerra civile è diventata una possibilità chiara. Con ogni giorno che passa in cui Suthep e PDRC tentano di assicurare un golpe, sia militare che giudiziario, e le istituzioni come la corte costituzionale, che dovevano proteggere i principi democratici, non riescono a farlo, il bisogno di comprendere e di analizzare le elisioni e gli indietreggiamenti che hanno avuto luogo diventa sempre più urgente.

Quello che Anna Harendt realizzò e quello che Nidhi comprende è che se la lotta per il futuro è separata da uno forzo forte di comprensione all’interno delle istituzioni tutte, il futuro che ne verrà sarà espropriato sia della giustizia che della pace.

Tyrrell Haberkorn, JAPAN FOCUS

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