Non era quello che tanti thailandesi immaginavano,negli anni di forte crescita e di democrazia promettente. Se il paese non riesce a trovare la volontà di trovare un compromesso politico e il consenso nei prossimi pochi anni, la dura realtà è che potrebbe entrare in un periodo lungo di stagnazione e declino, nonostante la grandezza favorevole del mercato e la posizione geografica.
La Thailandia ha passato tre decenni senza riuscire ad essere all’altezza del suo potenziale. Il primo decennio termina nel 1997, quando l’economia Thai era una delle più espansive al mondo con oltre il 7% l’anno, con tre anni di crescita a doppia cifra alla fine degli anni 80. Ma nello stesso periodo la macroeconomia del paese da tempo isolata, gestita tradizionalmente da tecnocrati, si politicizzò e fu presa da interessi consolidati, mentre la crescita si basava sul debito estero eccessivo.
La strategia ambiziosa di trasformare i campi di battaglia dell’Indocina in un mercato e centro finanziario basati sulla Thailandia andò a male quando entrarono nell’economia i capitali volatili. A metà degli anni 90, la combinazione di un tasso di scambio fisso, influsso di capitali e politica monetaria inflessibile in un’economia aperta causarono difficoltà nella gestione macroeconomica. La bolla che esplose portò alla crisi perfetta con politiche economiche scadenti da un lato e corruzione e nepotismo dall’altro.
Il secondo decennio perso iniziò in modo più augurale quando i Thailandesi, che emergevano dall’economia ridotta a macero, stesero una costituzione che prometteva di sollevare la politica del paese dalla fogna del patronato e della corruzione.
Reagendo ad un circolo vizioso di corruzione, di golpe e sollevazioni, la costiruzione del 1997 creò meccanismo di controllo e istituzioni indipendenti di osservazione per promuovere trasparenza e responsabilità. Nonostante successi iniziali contro la corruzione, alla fine si incontrò con la potente macchina politica di Thaksin Shinawatra che dominerà le elezioni thai fino al XXI secolo.
In modo inevitabile Thaksin divenne un monopolista politico allo stesso modo in cui aveva dominato le telecomunicazioni. Questo minò la flebile democrazia del paese ponendo una minaccia esistenziale ai centri di potere costituito. Tutto ciò che era buono nella costituzione del 1997 fu alla fine reso marginale, fu manipolato e cooptato.
Il golpe del 2006 che cacciò Thaksin segnò la fine del secondo decennio durante cui non si ebbe il consolidamento della democrazia.
Il terzo decennio dello sperpero si estese dal primo golpe contro Thaksin al golpe del 2014, quando un putsch, ordito dalla stessa cerchia di generali che organizzarono il golpe del 2006, cacciò il governo di Yingluck Shinawatra, sorella di Thaksin. L’ultimo golpe, tredicesimo in 85 anni di governo costituzionale, fu completamente diverso dai precedenti.
Una presa più salda
Sotto la guida del generale Prayuth Chanochoa, diventato poi primo ministro, l’ultimo golpe voleva essere un preludio alla successione reale e al ripristino di uno stato burocratico che facesse gli interessi dei militari e della burocrazia a spese dei rappresentanti eletti.
Con la morte di Re Bhumibol il 13 ottobre 2016, il quale regnò per sette decadi e presiedette sulla modernizzazione portando il paese da uno stato arretrato agrario ad una giungla di cemento postindustriale, i generali non ritardarono ad assumere il controllo diretto.
Il paese si trova in un limbo precario dopo tre anni di governo militare.
Re Bhomibol era tanto popolare e si era guadagnato tanta autorità morale con progetti personali di valore nazionale che la sua morte ha lasciato un vuoto che il figlio e successore Re Vajralongkorn non potrà mai riempire. Mentre la monarchia resta incerta sotto il nuovo re, i generali al governo hanno deciso di fare da soli, usando un parlamento fantoccio e un comitato di stesura compiacente per introdurre una nuova costituzione che sostituisce un’altra costituzione sostenuta dai militari del 2007.
La nuova costituzione del 2017, la terza in 20 anni, segna il cambiamento di linea rispetto a quella del 1997 e rappresenta un tuffo indietro nel passato non democratico del paese attraverso un sistema di controllo ferreo del parlamento.
La costituzione permette un senato di 250 membri, nominato dai militari per bloccare leggi approvate da una camera bassa di 500 membri. I generali avranno bisogno solo di 126 seggi della camera bassa per una maggioranza semplice con due camere che votano insieme. Sarà sufficiente conquistare i voti essenziali a selezionare il prossimo primo ministro, dopo le elezioni attese per la seconda metà del 2018.
Il regime militar di Prayuth ha anche decretato che il nuovo governo deve seguire i programma strategici di sviluppo formulati ai militari per i prossimi 20 anni. In altre parole i militari controlleranno il futuro prevedibile mentre sono marginalizzati di rappresentanti eletti.
Lo scopo dei generali potrebbe essere assicurare la sopravvivenza della monarchia indipendentemente da ciò che succede. Ma i problemi sono lì. Senza responsabilità e legittimazione popolare, i generali restano ora sotto accusa per corruzione. Hanno spostato la politica estera in favore della Cina che ha messo in pericolo la tradizionale destrezza thai nel bilanciarsi tra le grandi potenze.
Finora, la giunta è stata attenta a non colpire fisicamente i dissidenti, sebbene centinaia abbiano visto violati i loro diritti civili. Se i generali diventassero più violenti o agissero con la mano pesante, ne potrebbero seguire proteste popolari. Arrabbiati dal radicamento politico dei generali, il partito di Thaksin e la sua nemesi del partito democratico potrebbero unirsi in un fronte civile di opposizione ai militari.
Una nuova dinamica
Resta ancora incerta la relazione tra giunta e il nuovo re. Nel cercare di salvare il trono a tutti i costi si potrebbe danneggiare la tradizionale relazione simbiotica tra i militari e la monarchia. E nelle file dei militari si annida sempre la faziosità. Se la giunta fa dei calcoli sbagliati, Prayuth ed i suoi amici, il suo vice e ministro della difesa generale Prawit Wongsuwan, potrebbero essere abbattuti.
Detto questo, la Thailandia potrebbe trovarsi un quarto decennio per riportare ordine in casa. Il tasso di crescita medio 1999-2016 è stato del 4%, ma tra il 2011 ed il 2016 la crescita è scesa fino al 3%. Questa è la nuova normalità per l’economia che soffre dell’instabilità politica, ma ènsostenuta dal suo ruolo centrale allo sviluppo di tutta la regione.
Nel lungo periodo la crescita del 3% potrebbe non essere sufficiente a soddisfare le aspettative locali e il tasso potrebbe scendere ulteriormente, mentre la competizione regionale si intensifica. Ma se ritorna la stabilità politica, l’economia potrebbe espandersi fino al 6% annuo per il prossimo decennio.
La Thailandia ha bisogno di coltivare un accordo in cui il potere sia condiviso tra i militari, i capi civili dopo l’elezione e la Monarchia che giochi un ruolo costituzionale responsabile.
Se emergesse tale compromesso la Thailandia sarà sul giusto percorso. Ma se continua lo sforzo di centralizzare il potere nell’ottica del chi vince prende tutto, il paese potrebbe ritrovarsi con un altro decennio perso e condividere i destini della Birmania e delle Filippine che erano le stelle luminose degli anni 50 e 70, prima di scivolare nella stagnazione.
Thitinan Pongsudhira, Asianikkei