ASEAN e i diritti umani in Thailandia

Forse la giunta deve sentirsi compiaciuta per il fatto che non c’è stato alcun riferimento al golpe del 22 maggio al XLVII incontro dei ministri degli esteri dell’ASEAN in Birmania la scorsa settimana.

In modo simile l’ASEAN può provare la stessa cosa, dal momento che accade molto di rado che si parli di situazione interna di un paese membro, se non si tratta di qualcosa di orrendo di cui non si può evitare di parlarne.

Ma questo non vuol dire che non c’è stato un tentativo di bussare alla porta dell’ASEAN per chiedere il permesso di esprimere preoccupazione di quello che accade nel paese sotto la giunta.

Le organizzazioni sociali con connessioni decennali con la Thailandia, nel primo mese del 19° golpe del paese, lanciarono proteste di fronte all’ambasciata contro l’abolizione della costituzione, la presa del potere militare delle istituzioni e il taglio alla libertà di espressione.

prayuth_felice diritti umaniMa non tutti i paesi membri dell’ASEAN hanno ricevuto il messaggio dalla rete delle ONG; solo alcuni sono riusciti ad andare in Malesia, Filippine ed Indonesia. Alcuni quartieri della società civile thailandese stanno solo ora a dare voce alle loro preoccupazioni e a lavorare con altre forze asiatiche e dell’ASEAN per ricordare al mondo della situazione politica inusuale della Thailandia.

Mentre si avvicina il centesimo giorno del golpe, una rete di attivisti nell’ASEAN stanno preparando le proteste contro il governo militare al di fuori delle ambasciate thai nella regione, in solidarietà con gli attivisti thai dentro il paese.

Il International Solidarity Group for Thai Democracy and Human Rights, formatosi a Manila alla fine del mese scorso con partecipanti dalla Thailandia, Malesia, Filippine, Indonesia e Corea del sud, ha emesso una dichiarazione la scorsa settimana chiedendo la fine della legge marziale e degli ordini repressivi che violano i diritti umani internazionali.

Il governo ha chiesto il ritorno al governo civile democraticamente eletto, che non sembra dover accadere nel breve periodo, e la fine di tutte le violazioni dei diritti umani. Queste includono le violenze contro chi difende i diritti umani, chi difende i diritti della comunità e i militanti di base; gli arresti arbitrari, la custodia e detenzione; la libertà di espressione e il diritto all’informazione. Hanno anche chiesto la revoca degli articoli della costituzione provvisoria che violano i diritti umani.

Il gruppo non ha nulla a che fare con ree Thai Movement for Human Rights and Democracy guidato dai responsabili in esilio del Puea Thai.

Il gruppo solidale ha detto che mentre riconosce che la Thailandia ha avuto un percorso difficile verso la democrazia non si possono ignorare i di ritti umani o comprometterli nel percorso.

Le organizzazioni regionali sono state deluse dalla mancanza di una discussione significativa sui problemi della Thailandia presso la AICHR, Asean Intergovernmental Commission on Human Rights, sebbene alcune proposte siano state lanciate quando la commissione si incontrò a Bangkok lo scorso mese.

Christina Cerna dell’Università di Georgetown ha parlato alla consulta dello scorso mese tra i gruppi civili e la commissione.

Lei ha detto che, mentre la situazione thailandese era di preoccupazione internazionale, una organizzazione intergovernativa dovrebbe portare avanti una valutazione in modo urgente e per tempo.

Secondo Cerna non c’è stato molto entusiasmo per l’idea di di introdurre un meccanismo di reclamo ai termini di riferimento della AICHR. Invece lei ha suggerito che AICHR dovrebbe cercare di rivedere per esempio la situazione dei diritti umani del dopo golpe secondo la Dichiarazione dei diritti umani dell’ASEAN. Poi ha suggerito al AICHR che varie parti dei termini di riferimento della commissione potrebbero esser importanti per la situazione thailandese.

Vari partecipanti sono stati seriamente interessati alle sue affermazioni, ma non ne è uscito nulla dall’incontro.

Un esperto dei diritti umani dell’Università Mahidol, Sriprapha Petcharamesree, ha anche chiesto alla commissione di parlare dello stato non salutare dei diritti umani in Thailandia. Ha aggiunto che il pubblico thailandese si attendeva di sentire porre certe preoccupazioni di fronte alla commissione che è un corpo legittimo che dovrebbe gestire la questione.

L’attuale rappresentante thailandese presso l’AICHR è Seree Nonthasoot. Benché non fosse contento del golpe, ha scelto di non porre alcuna preoccupazione di diritti umani ai suoi colleghi dal momento che si ritorcerebbe soltanto contro se lo avesse fatto. “Sappiamo tutti che AICHR ha un tacito accordo di non discutere una tale questione” ha detto.

Seree, esperto internazionale di legge, ha detto che deve essere paziente per ottenere accordi reciproci su altri tangibili progetti. Ha aggiunto che non gli interessava se altri ponevano questioni sul post golpe, ma lui non li avrebbe posti.

“Il Free Thai Movement mi ha già inviato la loro lettera come rappresentante del AICHR spiegando come vedono la costituzione provvisoria tagliare i diritti dei thailandesi” ha detto Seree che ha aggiunto che i militari dovrebbero ascoltare anche le loro preoccupazioni. “Forse devono riallineare la dicotomia sulla democrazia dal momento che l’idea della democrazia in stile thailandese non sembra essere ammirata nel mondo”

Comunque ha detto che attendersi una dichiarazione da parte dell’AICHR non era pratico senza cambiare i termini i riferimento. Tra le questioni da risolvere c’era la possibilità di ricevere denunce da parte di individui, dalla società civile e dal settore privato. Un articolo permett alla AICHR di ricevere informazione dagli stati membri ma non dalle parti in questione.

“Naturalmente si tratta anche di interpretazione creativa dei termini di riferimento ma è abbastanza chiaro che devono essere cambiate anche le regole.” ha detto Seree.

Phil Robertson di Human Rights Watch ha detto che il consenso era un requisito specifico dei termini di riferimento della commissione.

“Mentre la Thailandia è stata in prima linea nel permettere l’indipendenza operativa dei suoi commissari AICHR, mi aspetto che qualunque sforzo dell’AICHR di criticare pubblicamente il colpo di stato sarebbe considerato un passo troppo lungo che troverebbe il veto thailandese” ha detto Robertson. “Quando si cerca il coraggio in favore dei diritti umani nella regione, l’ASEAN è probabilmente uno degli ultimi posti al mondo per trovarlo, e il silenzio dell’AICHR sulla situazione thailandese riflette quella realtà”

Achara Ashayagachat, Bangkokpost

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