Grazie al proprio egoismo, la Cambogia ha letteralmente fatto inginocchiare l’ASEAN i cui ministri degli esteri, nei suoi quarantacinque anni di storia, non hanno mai mancato di emanare un comunicato congiunto, per quanto vago e privo di impegni, dopo le proprie deliberazioni.
Ci sono stati tanti anni duri nel passato e tanti dissapori, non ultimo il conflitto cambogiano. Ma non si è mai andati a finire come questa volta.
Questa volta la Cambogia, da presidenza dell’ASEAN, ha preso una posizione senza compromessi sul problema del Mare Cinese Meridionale. Invece di provare a trovare un terreno comune tra le parti coinvolte, come fatto dalle presidenze dell’ASEAN nel passato, la presidenza ha deciso di mettere davanti alla solidarietà del raggruppamento il proprio interesse nazionale.
Alla lunga si ripercuoterà sulla Cambogia e sull’ASEAN intera. Potrebbe persino danneggiare la ricerca della Cambogia di un posto permanente nel consiglio di sicurezza dell’anno prossimo. Sarà interessante notare la reazione delle Filippine. Anche prima la Cambogia capirà che il suo comportamento ha messo nei guai la credibilità del gruppo.
In assenza di un comunicato congiunto sulle deliberazioni, non si può fare nulla su decine di decisioni poiché non c’è un resoconto ufficiale, ed il segretariato non potrà fare nulla e l’ASEAN avrà bisogno di rimediare in qualche modo.
Sin da quando si è allargata negli anni 1995-1999 l’etica e il modo di fare è cambiato tremendamente, più di quanto non si voglia ufficialmente ammettere, a causa dei differenti panorami politici e abitudini. Solo la Cambogia ha avuto tempi duri nell’unirsi all’ASEAN a causa della sua storia turbolenta. Perciò fu l’ultimo membro ad essere ammesso nel 1999. L’ASEAN aveva voluto che tutti i nuovi membri fossero ammessi nel 1997. Sin dall’unione della Cambogia l’ASEAN ha sviluppato nuove relazioni con la Cina un tempo nemica di Phnom Penh.
La Cina era la sostenitrice principale dei Khmer Rossi che lottarono contro il governo di Phnom Penh dal 1979 fin oltre l’intervento dell’ONU con le elezioni nel 1993. Per gli scorsi 12 anni Cambogia e Cina hanno costruito i loro legami bilaterali e cementato la cooperazione e amicizia come mai prima. Come fatto col resto dei paesi del gruppo, la Cina ha sviluppato una relazione molto stretta con la Cambogia ed in qualche modo la relazione tra Cina e Cambogia è andata un po’ oltre di come è andata con gli altri.
Il primo ministro Hun Sen sa bene che la Cina potrebbe dare una grande assistenza nell’accelerare lo sviluppo economico e la sua posizione nella regione.
Hun Sen, il capo più longevo della regione, vuole essere riconosciuto come un capo che ha portato pace e prosperità al suo paese e alla regione. Dopo tutto, è stato proprio il conflitto in precedenza cambogiano a minacciare la stabilità della regione. Da quando la Cambogia ha preso la presidenza dell’ASEAN, i legami con la Cina sono stati indagati strettamente a livello mondiale. Le diatribe sulle istanze sovrapposte di sovranità nel mare cinese meridionale, specie quelle coinvolgenti Filippine, Vietnam e Cina, hanno tutte alzato la testa quasi allo stesso tempo.
Le Filippine sono andate su tutte le furie contro la Cina per la vicenda di Scarborough Shoal nei mesi passati, con Manila che ha ingaggiato il suo alleato principale americano ad accrescere la sua capacità di difesa. Vietnam e Cina sono anche ai ferri corti per le loro richieste sulle isole Spratly, ognuno con una tattica di manovra differente. Ma piaccia o meno, è la presidenza dell’ASEAN che può rendere qualunque argomento sensibile di rottura o di riconciliazione.
L’unità e solidarietà dell’ASEAN è di estrema importanza per la sopravvivenza del gruppo e per la salvaguardia del suo potere di contrattazione. Se ogni paese si arrovella sui suoi propri interessi nazionali, al pari della Cambogia, allora l’ASEAN non ha futuro. Il consenso e le politiche di non interferenza permettono ad ogni paese membro di perseguire i propri interessi. Ma non c’è alcun principio dell’ASEAN che permette alla presidenza di turno di prendere le decisioni senza considerare la voce della sua maggioranza.