Un nuovo gruppo studentesco di lingua malay del meridione thai ha scatenato le ire dei militari thailandesi quando ad un seminario sui diritti alla autodeterminazione di Patani ha proposto un voto simulato in cui chiedeva ai partecipanti se avrebbero sostenuto un referendum che potrebbe aprire le porte verso uno stato separato per la regione a maggioranza musulmana.
Il voto simulato chiedeva: “Sei d’accordo sul diritto alla autodeterminazione come il principio fondante dietro un referendum che permetterebbe l’ascolto della voce del popolo di Patani che così potrebbe votare per l’indipendenza attraverso mezzi legali?”

L’esercito thailandese si è sentito offeso e pensa ad una azione legale. Molti rappresentanti thai mettono sullo stesso piano il diritto all’autodeterminazione nel profondo meridione thailandese al separatismo.
Sono morte oltre 7300 persone per la violenza legata all’insorgenza sin dal gennaio 2004 di cui non si riesce a vedere la fine nonostante vari colloqui di pace che non riescono ad andare oltre la fase di misura di costruzione di fiducia.
Il vice presidente del Prachachat Party, Worawit Baru, che ha parlato al seminario sui diritti alla autodeterminazione, ha presto preso le distanze da ogni richiesta di referendum dicendo che ne parlava solo in termini generali.
Anche altri partiti si sono nascosti. Per molti partecipanti è stato molto deludente la posizione del deputato eletto di Fair Party, Pitipong Temcharoen, la cui campagna nel profondo meridione era basata sull’identità locale, libertà di espressione, giustizia ed eguaglianza per la gente malay e la loro narrazione culturale.
Invece di sostenere le libertà di espressione e di parola la prima cosa che Pitipong ha fatto è stata di salvarsi la pelle con un post di Facebook in cui dice che il suo partito non sostiene il separatismo e che chiunque abbracci queste idee o faccia tale attività dovrebbe subire un’azione disciplinare.
Il vice segretario di Fair Party, Hakim Pongtigor, di etnia malay del profondo meridione e sostenitore del diritto di autodeterminazione di Pataniche ha parlato al seminario, ha avuto tantissime pressioni dai suoi sostenitori a lasciare il partito per la posizione assunta da Pitipong.
“Dichiarare che Patani è uno stato indipendente è reato, ma parlarne non deve esserlo” ha detto Hakim, dove Patani si riferisce alla regione del profondo meridione thai di lingua malay.
Artef Sokho, presidente del movimento The Patani ed uno degli oratori al seminario, ha detto che ciò che è accaduto dopo quel fatto è stato un momento di verità per tutti i presunti partiti democratici che provano al momento a fare una coalizione di governo.
“Invece di essere controbattere ai media di destra e all’operazione di informazione del governo mentre prova a trasformare il seminario in un evento criminale, alcune di queste figure politiche hanno presto preso le distanze dall’evento per paura di essere etichettati come amici dei separatisti. Tutto quello che gli studenti chiedevano è se ci dovrebbe essere un referendum per il diritto alla autodeterminazione. Non hanno chiesto uno stato separato.” ha ribadito Artef.
Germi del sentimento separatista e autodeterminazione di Patani
Ovviamente il movimento studentesco che ha organizzato l’evento era su quella linea e sentivano il bisogno di testare la situazione vista la nuova atmosfera politica nel paese.
Da persone che sono cresciute nelle continue minacce della legge marziale e dei decreti di emergenza che l’ex premier Anand Panyaranchun definì una volta come ‘licenza di uccidere’, questi studenti hanno visto il diverso panorama politico thai e credono che tali questioni importanti come l’ autodeterminazione di Patani e il referendum non debbano più essere discussi clandestinamente.
Sanno anche bene che la dichiarazione di indipendenza per ogni regione è un reato per la legge thai.
Ma a guardare dalla reazione della IV Regione Militare che governa la sicurezza giornaliera nel profondo meridione, è chiaro che i militari non permetteranno al nuovo clima politico di prendere il sopravvento senza dare battaglia.
In realtà la battaglia è sempre stata sulle narrazioni. Da un lato il meridione di lingua malay è parte integrale della Thailandia, mentre d’altro canto la regione di Patani appartiene ai Malay ed i musulmani hanno qui l’obbligo morale a liberare la patria storica dagli invasori.
Uno degli oratori all’evento, Mark Tamthai professore associato dell’università di Chiang Mai, ha detto che le due parti hanno sempre affermato di avere la popolazione dalla propria parte, senza però che ci sia una prova concreta quale può essere un referendum a proprio sostegno.
Thamtai fu capo negoziatore per i negoziati di pace del meridione nel governo di Abhisit Vejjajiva.
Le elezioni generali appena svoltesi hanno visto la democrazia e il nazionalismo malay salire alla ribalta a Patani, ma i politici avevano le priorità da qualche altra parte, perché nazionalismo di Patani e colloqui di pace non portano voti.
Ma non possono scansare la questione troppo a lungo. In una conferenza stampa Pita Limjaroenrat, il premier in pectore e capo del MFP fu messo al centro quando gli fu chiesto se con il suo premierato avrebbe permesso al meridione di diventare indipendente.
Pita ha provato ad aggirare la domanda dicendo che il conflitto era radicato in temi come la sopravvivenza, la sanità e l’economia della regione. La posizione antimilitarista del suo partito gli ha impedito di avere una comprensione completa e più profonda del conflitto secolare che continua a presentarsi ad ogni generazione.
Il fatto che non ci sia qualcuno di etnia malay tra i collaboratori di Pita che lavori alla risoluzione del conflitto a Patani fa dire che non comprende i sentimenti delle persone di qui, ed a questo riguardo MFP non è poi molto differente dagli altri partiti.
I critici dei militari amano indicare gli errori e le atrocità commesse dallo stato per spiegare le ragioni della ribellione armata. Ma una nuova generazione di combattenti è cresciuta negli anni 90 quando la situazione era alquanto calma. Comparvero a metà del 2001 per essere definiti banditi da parte da Thaksin Shinawatra.
Un furto di armi del 4 gennaio 2004 da cui i combattenti separatisti del BRN scapparono con oltre 350 armi costrinse il governo di Bangkok a riconoscere la loro presenza.
Infatti la narrazione dell’obbligo morale di liberare la propria patria dagli invasori siamesi degli etnici malay non è mai morta.
Il nuovo gruppo di capi politici thai dovrebbe sapere che le loro buone intenzioni non porteranno fine al conflitto né impediranno ai malay di sognare della propria Libertà, Merdeka, per quanto benevoli potranno essere. Un padrone coloniale benevole resta un padrone coloniale.
Mentre si può scusare quella dichiarazione estemporanea di Pita perché non conosce il conflitto e la sua complessità, il segretario del Fair Party Kannavee Suebsang ha fatto sussultare tantissime persone quando ha detto che ci sarebbe bisogno di sostituire la Malesia con l’Indonesia come mediatore ai colloqui di pace con il BRN, gruppo che controlla i combattenti in campo.
I testi sullo studio dei conflitti potrebbero dire che la Malesia non sia qualificata come onesto intermediario vista la sua prossimità alla regione Patani della Thailandia. Ma nessuno nel Sud Est asiatico sembra interessarsi a quello che dicono i testi, o no?
Non ci sono onesti intermediari nel Sud Est Asiatico, regione in cui ogni stato ha reclami e dispute territoriali, eredità delle potenze coloniali.
Chiunque vada al prossimo governo deve chiedere alla gente di Patani, indipendentemente dalla etnia e razza, cosa vogliono davvero. Se loro optano per l’indipendenza, allora lo stato saprà che deve lavorare molto più duramente per conquistarli.
Chissà che il diritto all’autodeterminazione di Patani non possa essere il termine mancante dell’empatia necessaria per una coesistenza pacifica. D’altronde nessuno mai ha detto che sia facile governare.
Asmadee Bueheng, Asiatimes.com