Autodifesa una menzogna della guerra alla droga di Duterte

Una delle grandi menzogne della guerra alla droga del Presidente Duterte è che le persone uccise in azioni di polizia sono state colpite per autodifesa dai poliziotti che rispondevano al fuoco degli spacciatori.

Già in precedenti articoli si faceva notare come il basso numero dei poliziotti feriti o uccisi, contro i 2028 morti in operazioni legittime della polizia, sta ad indicare che qualcosa non va nelle versioni ufficiali della polizia. Un’indagine al Senato sulla morte del sindaco di una città filippina, Espinosa, ha già definito quell’omicidio come premeditato.

Ora esce una analisi della Reuters ,Police rack up an almost perfectly deadly record in Philippine drug war, i cui autori sono Clare Baldwin, Andrew R.C. Marshall and Damir Sagolj, in cui si indaga su 51 operazioni legittime accadute attorno a Manila in cui sono stati colpiti 100 sospettati e sono morti 97, mentre gli altri tre sono sfuggiti al colpo finale fingendosi morti. Dice l’analisi della Reuters:

Cifre dell’Autodifesa della Polizia Filippine sotto Duterte

“Quando la polizia apre il fuoco nella guerra di Duterte, i sospettati quasi sempre muoiono…Lo stato brasiliano di Rio, dove la polizia è stata accusata di omicidi extragiudiziali in una sanguinosa repressione del crimine, impallidisce quando la si paragona alle Filippine di Duterte.

Ogni cinque persone che la polizia ha ucciso tra il 2013 e il 2015 hanno ferito una persona secondo HRW. Nel caso filippino esaminato da Duterte la polizia ha ucciso il 97% di chi ha sparato. 33 morti ogni persona ferita.”

Numeri simili mettono fortemente in dubbio la legittima difesa addotta dalle forze di polizia filippine e tendono ad avvalorare l’idea che la polizia, più che per autodifesa, ha adottato una politica di esecuzione attiva dei sospettati.

I vari testimoni intervistati per l’articolo parlano di sospettati disarmati ed uccisi a sangue freddo, come nel caso di uno che è riuscito a farla franca perché si è finto morto, di cui abbiamo parlato precedentemente.

Derrick Carreon, portavoce della PDEA, dice: “Credo che alcuni poliziotti sono troppo bravi a sparare. Sono forse dei bravi tiratori”.

menzogne della guerra alla droga
Reuters/Damir Sagolj, Ponte C3

La narrazione classica delle operazioni è che i sospettati vengono uccisi in una operazione in cui poliziotti in abiti civili provano a comprare dello shabu. Il sospettato per paura estrae la pistola ma viene subito freddato.

La polizia del SOCO, che segue a ruota, ritrova la pistola calibro 38 senza numero seriale e la bustina di shabu. Le indagini della scientifica, SOCO appunto, sono superficiali e opache e si possono avere, con l’arrivo di Duterte, solo facendo richiesta al giudice.

Tutto conferma l’idea che le armi sono state messe lì dalla polizia. Non è stato lo stesso Duterte in una delle sue sparate a dire che durante la sua attività legale aveva spesso creato delle false prove?

“I rapporti di polizia dicono che c’è stata uno scontro a fuoco o una battaglia” dice Jun Nalangan della Commissione Nazionale dei diritti umani “Nelle nostre indagini non se ne trovano. Invece di operazioni di caccia alla droga, fanno omicidi extragiudiziali”

Delle 1500 indagini lanciate internamente dalla polizia dall’inizio di questa guerra ai poveri, non c’è stato un solo poliziotto dimesso dall’incarico.

Gli scontri a fuoco sono meno mortali per la polizia, come già abbiamo rilevato in altri articoli.

La polizia ha detto che sono 17 i poliziotti morti nelle operazioni in tutto il paese, un poliziotto ogni 118 sospettati uccisi. A Rio di Janeiro invee per ogni poliziotto i sospettati uccisi sono 25, per non citare il Sudafrica e gli USA, stando al rapporto di HRW.

Un’altra delle grandi menzogne di questa guerra riguarda la lotta ai grandi signori della droga, perché finora a morire sono quasi tutti poveracci.

L’articolo della Reuters ci porta a Novotas City, dove furono uccisi a novembre due autisti di risciò a pedali, Maderal e Avancena.

La Reuters ha intervistato il nipote di Maderal, Rodriguez, che vive in una delle baraccopoli sulle tante vie d’acqua soffocate dai rifiuti di Navotas. L’uomo ha raccontato che tre uomini in abiti civili entrarono con la forza nella capanna dello zio, prendendolo e chiudendosi con lui in una delle stanze. Rodriguez dice di aver sentito lo zio supplicare di risparmiargli la vita, poi sente due spari.

Quando riesce ad entrare nella stanza vede il corpo dello zio in una pozza di sangue con in mano una pistola. Usava shabu, ma non aveva armi e non aveva fatto resistenza.

Dopo appena 5 minuti arriva la scientifica e blocca la scena dell’omicidio. Nei dieci minuti successivi Rodriguez sente due spari che segnano la morte di Avancena, amico dello zio, che provava a nascondersi in una stanza.

Il racconto è confermato da due vicini di Rodriguez, che non ha sporto denuncia per non essere il prossimo ad essere ucciso, che sentono due colpi di pistola prima e dopo dieci minuti altri due colpi.

Questi racconti agghiaccianti parlano di una modalità familiare confermata da moltissimi testimoni i quali confermano che tutti i sospettati uccisi non avrebbero mai potuto rispondere al fuoco non avendo alcuna arma.

Nella stessa zona di Novotas City sono state uccise in operazioni legittime 18 persone, altri 14 corpi sono stati gettati sotto il ponte C3, diventato ormai la discarica degli omicidi extragiudiziali.

La polizia di Novotas ovviamente ha confermato la versione ufficiale affermando che le accuse false tendono a screditare gli uomini del distretto.

Questa modalità solita di omicidi extragiudiziale viene messa in crisi quando uno dei cinque sospettati ad essere sparato, Efren Morillo, riesce a sopravvivere.

Morillo vende frutta in un altro povero sobborgo di Manila quando alcuni poliziotti in borghese li portano sul retro di una capanna e sparano. Ferito sente le urla di supplica dei suoi amici e si finge morto per sfuggire al colpo di grazia.

Poi riesce a fuggire e a farsi medicare in un ospedale. A novembre si è recato dalla Commissione Nazionale dei Diritti Umani per farsi difendere. La polizia lo ha persino denunciato di tentata aggressione. Ora Morillo è sotto protezione della CHR ma non riesce a sostenere i due figli con la paga minima che riceve, non potendo lavorare.

Sono poche le voci levatesi contro questa strage extragiudiziale. La più forte è quella di Leila De Lima, ex ministro della giustizia sotto il governo Aquino, che per la sua opposizione agli omicidi extragiudiziali di Duterte si è guadagnata le ire del presidente e della sua amministrazione.

La De Lima ha detto che “queste operazioni non si intendono per arrestare i sospettati ma realmente di liquidarli”.

Prima Leila De Lima fu dimessa dalla presidenza della commissione sulla giustizia del Senato, poi accusata dal NBI di essere coinvolta nel traffico di droga nella prigione di Bilibid, poi infangata nella sua vita intima.

Il suo autista è stato accusato di raccogliere soldi del racket della droga e di finanziare la campagna elettorale della De Lima.

Le prove sono alcune foto della De Lima con figure oscure del traffico della droga, foto simili a quelle in cui si ritrae Duterte con un suo amico Peter Lim, anch’esso coinvolto come signore della droga ma ancora vivo e vegeto.

L’articolo della Reuters mette sotto la sua lente anche il ruolo della polizia scientifica filippina, SOCO. I pochi fondi che riceve, le strutture che mancano ed il numero di omicidi fanno sì che le autopsie delle vittime di omicidi, obbligatorie, sono fatte presso le ditte di pompe funebri.

Mancano le attrezzature di Raggi X, le camere del freddo dove tenere i cadaveri, le autopsie portano a risultati anche parziali. Per di più la CHR deve chiedere il mandato del giudice per vedere questi rapporti.

menzone della guerra alla droga

Il caso di Conrado Berona è anche esemplare. L’uomo è ricercato per furti e droga e viene ucciso in uno scontro a fuoco il 6 luglio. La CHR scopre che sul corpo dell’uomo ci sono i segni di un colpo sparato a bruciapelo ad indicare che lo scontro a fuco non c’è mai stato, come la stessa CHR ha denunciato. L’uomo si sarebbe consegnato ed era disarmato quando uomini in borghese lo hanno ucciso. CHR ha chiesto l’incriminazione per i responsabili.

L’altro caso che l’articolo della Reuters cita, è quello più famoso di Espinosa, ucciso insieme a Raul Yap, mentre era in detenzione nel carcere di Baybay. Espinosa era il primo nella lista lanciata da Duterte tra i signori della droga ed aveva sempre negato ogni coinvolgimento.

Dale indagini del Senato si apprende che la scientifica filippina, SOCO, era stata chiamata 40 minuti prima di entrare nella prigione. Il senatore Panfilo Lacson definì questo omicidio premeditato. La telefonata era come chiamare le pompe funebri prima di una sparatoria.

Anche in questo caso il solito decorso familiare delle operazioni nell’omicidio dei due.

Tra le poche verità dette da Duterte su questa guerra alla droga, c’era la promessa di difendere tutti i poliziotti coinvolti negli omicidi. “Perdono firmato Duterte” diceva nei suoi comizi, dando così mano libera ai poliziotti di uccidere chi volevano. Si diceva felice di ucciderli tutti, di essere l’Hitler delle Filippine, di voler dare da mangiare ai pesci della Baia Di Manila, dove vanno a finire quel ponte C3 di Novotas City sotto il quale fu trovato anche il corpo di Angelo Lafuentes.

Il corpo di Lafuentes fu ritrovato col corpo crivellato di colpi e torturato con tagli profondi e cicche di sigaretta insieme ad altri due suoi amici.

“Le morti di Lafuentes e due suoi compagni pongono dubbi sulle affermazioni della polizia che non ha nulla a che fare con questi omicidi in stile vigilante” scrive la Reuters.

Lafuentes che ha solo 22 anni è visto vivo in custodia della polizia, dodici ore prima del ritrovamento del suo corpo. La polizia aveva fatto un’incursione nel quartiere poverissimo che sta vicino al mercato del pesce di Novotas. Lapolizia disse che i tre avevano provato ad aprire il fuoco.

La sorella Angela Lafuentes ha detto che all’arrivo della polizia nel pomeriggio, il fratello Angelo, insieme al cugino ed ad un altro giovane, scappa ma vengono tutti e tre presi sulla strada che corre dietro il quartiere. Angela Lafuentes vede i tre essere ammanettati e caricati su un’auto della polizia.

Una donna di 59 anni, Elisa Martinez, li vede scendere dall’auto della polizia con le mani legate alle spalle. Poi la donna li vede essere messi su moto di uomini in abiti civili che li portano via.

menzogne della guerra alla droga

Angela Lafuentes è andata alla stazione di polizia per cercare i tre giovani ma non li vede. Alle 2 di notte un vicino le dice che sono stati scoperti tre corpi.

Due corpi sono sotto il ponte C3. Il certificato di morte di Angelo Lafuentes parlava di colpi d’arma da fuoco multipli sulla testa, tronco e parte destra bassa. Il terzo corpo fu trovato vicino ad una scuola con il corpo crivellato di colpi.

Quando Angela Lafuentes è andata alle pompe funebri per vedere i corpi, ha notato sul corpo del fratello tagli profondi e corti sul petto, braccia e faccia, oltre a bruciature di sigaretta. Un altro aveva il collo spezzato con gli occhi che gli uscivano dalle orbite. Il corpo di un terzo era tanto malmesso dalle botte che era quasi irriconoscibile.

Sugli indumenti di tutti e tre la polizia ha ritrovato lo shabu, sebbene nessuno dei tre fosse stato mai arrestato per droga. Le indagini della polizia brancolano nel buio perché la gente ha paura di vari elementi criminali, come ha detto il capo della polizia di Navotas.

Dopo tre mesi Angela Lafuentes riceve il rapporto “confidenziale” della polizia, l’autopsia, che parla di morte per colpi d’arma da fuoco.

La polizia deve fare le indagini interne ogni volta che si spara, che poliziotti o civili vengono uccisi. L’agenzia interna di indagini IAS è piena di rapporti e sono 1548 i casi indagati da luglio a novembre, senza che sia stato trovato mai un qualcosa che inguaiasse uno di loro.

Solo 29 casi potrebbero finire in tribunale ma secondo l’avvocato della polizia probabilmente saranno prosciolti per legittima difesa, perché come si ammette nello stesso IAS non ci sono testimoni disposti a parlare o denunciare. Quindi ci sono probabilmente molti più abusi di quanto finora ammesso.

Si legge nell’articolo:

“Dobbiamo fissare un punto nel dibattito su chi dobbiamo proteggere di più. Gli spacciatori, i tossicomani, i sospettati di droga? O il poliziotto del governo le cui intenzioni sono di preservare l’ordine nella società?”

Il governo non ha mai dato la licenza di uccidere, non vi è stato nemmeno il bisogno, perché la guerra alla droga non è un gioco da bambini.

Ed ecco un’altra delle menzogne della guerra alla droga, il cui vero scopo è probabilmente creare il terrore della polizia nella popolazione ed aprire la strada al ritorno dei Marcos alla presidenza filippina. Poi i veri grandi criminali scappano all’estero quando non riescono a farsi gli amici a casa.

I numeri macabri della presidenza Duterte nella guerra alla droga

La guerra alla droga del presidente Duterte, iniziata con i toni trionfalistici, comincia ad attirare l’opposizione delle organizzazioni dei diritti civili ed anche di organizzazioni della sinistra filippina, che ha alcuni suoi ministri nel governo Duterte, per i suoi numeri macabri.

Con la diffusione delle immagini delle esecuzioni sommarie per strada, di gente uccisa nonostante si fosse “arresa” e avesse sottoscritto l’impegno alla riabilitazione, di persone uccise durante presunti scontri a fuoco con la polizia ma mai avvenuti, cresce il risentimento verso un modo assurdo e selvaggio di affrontare il problema della diffusione della droga nella società filippina.

ronald_dela_rosa numeri macabri

Benché il capo della polizia parli ai quattro venti, ogni giorno, degli scontri legittimi della polizia, crescono le voci e le denunce di manipolazione della scena delle esecuzioni di semplici tossicodipendenti, uccisi in realtà con colpi alla testa non in uno scontro a fuoco.

I numeri macabri dell’amministrazione Duterte nella sua guerra alla droga dicono che dal 1 al 13 luglio sono stati passati per le armi 135 persone, 1844 arrestati, 43,026 case visitate.

Se si vedono le cifre dall’elezione del 9 maggio ad essere passati per le armi sono 192 persone, con 8110 arresi e 3477 denunciati in tribunale. Oltre 35 mila persone si sono “arrese”.

In un rapporto differente della polizia si parla di 60 mila tossicomani e 6000 spacciatori arresi presso gli organi amministrativi locali Barangay, che hanno un minimo di funzione di polizia e di risoluzione bonaria delle dispute, sotto l’egida della politica di Oplan Tokhang condotta a livello di villaggio.

Come sostiene il giornale online di PCIJ Blog, a questi numeri macabri non corrispondono sequestri enormi di droga, ed il valore dichiarato di quanto sequestrato non è ben chiaro. Alcuni sequestri di droga sono apparsi davvero troppo a ridosso delle elezioni, e la scoperta di un laboratorio galleggiante di sintesi dello Shabu sembra essere un po’ dubbia. In questo caso sono stati arrestati quattro cittadini cinesi vicino Subic.

In modo analogo “PCIJ ha chiesto una copia di qualunque documento della polizia filippina emesso che chiarifichi gli obiettivi, le linee guida e la vastità ed i protocolli dell’implementazione della guerra alla droga, ma non ne ha ottenuti dal generale De La Rosa”

Sono stati firmati accordi con le formazioni della Bangsamoro MILF e MNLF per la lotta alla droga nei loro territori; il partito comunista filippino, ha anche accettato un impegno simile nella lotta alla droga, ma ha anche denunciato il rischio che questi omicidi extragiudiziali in realtà diventino un’altra guerra ai poveri.

L’avvocato dei diritti umani Chel Diokno ha scritto:

“La guerra al crimine del presidente Duterte ha acceso una esplosione nucleare di violenza di cui si sta perdendo in fretta il controllo creando una nazione senza giudici, senza legge e senza ragione.

Vogliamo davvero dare all’uomo con la pistola il potere di giudicare che sono i criminali e di ucciderli? Per decidere chi è cattivo e chi buono, chi merita di vivere e chi merita di morire? Potremmo anche sciogliere i tribunali, il ministero della giustizia e abolire il parlamento. Perché non c’è davvero bisogno di legge quando è la canna di una pistola a dispensare la giustizia.

La moda che il presidente ha creato è una moda di odio, una mentalità da folla che non solo condona ma incoraggia a prendere le vite “perché se lo meritano”.

Certo, lo spaccio distrugge le vite. Certo i criminali si comportano come animali. Ma chi li uccide è poi meglio? E gli omicidi si fermeranno lì?

La nostra gente ha visto quello che una folla può fare nelle mani di un tiranno che non conosce se non la propria legge. Se non dimentichiamo la prima persona che Marcos condannò a morte fu uno spacciatore. Ma si fermò lì? Fino a quando fu cacciato si rese responsabile della morte di migliaia e migliaia di persone il cui unico errore era di credere nella giustizia, nel governo della legge e nei diritti umani.

Presidente Duterte non uccidere a nome mio. Quello non è il tuo mandato, non è la ragione per cui sei stato eletto. Certo attacca i cartelli della droga e le organizzazioni criminali, i corrotti, i criminali tra noi. Ma fallo come un rappresentante della legge che hai giurato di sostenere come avvocato e presidente.

Edre Olalia della Unione Nazionale degli avvocati del popolo ha scritto:

“La follia deve finire. La barbarie della soluzione veloce e dell’abuso di potere da parte di chi applica la legge per eliminare la criminalità e la droga, che volontariamente o involontariamente, direttamente o indirettamente, sono incoraggiati, condonati o sanciti, sono mostri che ci perseguiteranno per sempre. La cura potrebbe rivelarsi peggiore della malattia.”

Human Rights Watch ha dichiarato:

“Il picco di omicidi di sospettati di droga pone un ulteriore peso sull’amminisyrazione per assicurare che la polizia agisce nei confini della legge. Il governo a cominciare da Duterte deve con forza fare chiarezza che la polizia deve rispettare i diritti e le protezioni di tutti i sospetti criminali”

Un’altra associazione Karapatan, considerata vicina alla sinistra filippina, ha scritto:

“L’amministrazione Duterte nel perseguire i generali e i pesci grossi del commercio dei narcotici deve anche rendere meno vulnerabili le vite dei poveri ad denaro facile che il commercio delle droghe offre” che ha sottolineato la propria posizione contro gli omicidi sommari. Karapatan ha anche invitato a non coinvolgere in questa guerra Le Forze Armate Filippine a causa della sua storia truce contro i diritti umani, “almeno per evitare che diventi una giustificazione per condurre operazioni di controinsorgenza”

Nel frattempo la senatrice Leila De Lima, già ministro della giustizia sotto Aquino, prova a mettere su una commissione per provare le violazioni dei diritti umani in questa guerra alla droga.

Mentre è osteggiata la formazione della commissione del Senato, se si considera l’appoggio che Duterte ha trovato nel parlamento ed anche negli ultimi sondaggi della SWS, il generale De La Rosa capo della polizia ha detto di sentirsi legalmente attaccato da questa richiesta, anche se ha ripetuto che non tollererà il vigilantismo.

Come dire li uccidiamo noi che abbiamo la divisa?

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