Oggi ci potrebbe volere solo qualche mese prima che famiglie adottive italiane disponibili alle adozioni internazionali possano portare a casa dei bambini cambogiani
Una signora portò Jane all’Orfanotrofio di Kammpong Thom in auto quando aveva appena qualche giorno. No, qualcuno ritrovò Jane abbandonata tra due industrie vicino al Ponte di Monivong a Phnom Penh. Ancora no, sua madre morì qualche ora dopo la sua nascita e nessuno venne a reclamarla all’ospedale.
Sono le tre storie che una madre adottiva olandese, Meta Meulenbelt-Hörz, si è sentita raccontare sul ritrovamento di sua figlia adottiva Jane, un nome di fantasia. Nessuno sa quale di queste storia sia quella vera.
“Sapevano che c’era del non detto sulla storia di nostra figlia, ma non siamo mai riusciti a scoprire la verità” ha detto la signora Meta Meulenbelt-Hörz.
Jane ha ora 21 anni e vive in Olanda con i suoi genitori adottivi e il suo fratellino adottivo cinese. E lei è solo una delle migliaia di bambini cambogiani che, tra il 1980 e il 2010, fu data in adozione internazionale.
La maggioranza di quei bambini, ora adulti, non conosce la propria vera origine, né come siano fossero finiti all’orfanotrofio o se i loro genitori biologici sono ancora vivi e se li cercano.
Oggi ci potrebbe volere solo qualche mese prima che famiglie adottive italiane disponibili alle adozioni internazionali possano portare a casa dei bambini cambogiani.
Dopo aver bloccato tutte le procedure nel 2009 a causa della corruzione e delle accuse di traffico di esseri umani, la Cambogia nel 2014 ha rimosso il divieto sulle adozioni internazionali. Il paese ha comunque fatto passi consistenti verso la completa riapertura a metà 2022 riprendendo le discussioni con il governo italiano. Paesi come USA, Regno Unito, Francia e Australia hanno messo al bando le adozioni dalla Cambogia agli inizi degli anni 2000 e non hanno mostrato interesse nel riprenderle, definendo così la Cambogia non ancora pienamente allineata agli standard internazionali di protezione del fanciullo.
Da parte sua l’Italia non ha mai fermato le procedure ed è invece sempre stata per tutto questo tempo all’avanguardia delle discussioni bilaterali con le autorità locali mirando a riprendere le adozioni non appena ci fossero i permessi.
A gennaio 2023, secondo il sito ufficiale Commissione per le Adozioni Internazionali, l’autorità centrale governativa italiana, ci sono ancora 9 adozioni pendenti dalla Cambogia con tre organizzazioni: CIFA Onlus, Comunità di Sant’ Egidio ACAP e Lo Scoiattolo ONLUS. Tra di loro solo l’ultima ONG ha confermato alla scrivente che ci sono due procedure di adozione pendenti sospese fino ad ulteriore avviso.
“2023 è l’anno” ha detto Michele Torri, rappresentante dell’adozione internazionale presso Amici dei Bambini, una delle otto organizzazioni italiane che attendono di essere autorizzate a riprendere le adozioni internazionali dalla Cambogia.
“Si è così vicini a ricevere il via libera finale da parte dell’autorità cambogiana delle adozioni internazionali da poter dire quasi in sicurezza che le agenzie autorizzate possono iniziare a prepararsi per riprendere le nuove procedure di adozione dalla Cambogia nel giro dei prossimi mesi”.
Comunque secondo Torri, la Commissione Italiana ha fatto un’apertura “cauta e controllata” permettendo solo un numero limitato di adozioni annuali e per bambini che hanno bisogni sanitari speciali allo scopo di monitorare efficacemente ogni processo dall’inizio alla fine e di verificare la legittimità di ogni singolo passo.
Nei primi anni del 2000 le indagini internazionali misero in luce un grande scandalo corruttivo legato ad un numero estremamente elevato di bambini cambogiani dati in adozione internazionale senza l’autorizzazione dei genitori biologici, accompagnati da documenti falsi in cui si affermava falsamente il loro stato di orfano oltre al cambiamento dei nomi e delle età.
Nonostante la Cambogia nel 2007 avesse sottoscritto la Convenzione de L’Aia sulla protezione del Fanciullo e la Cooperazione nel rispetto dell’adozione internazionale e nonostante l’approvazione nel 2009 della Legge di Adozione Internazionale, il sistema cambogiano di protezione del fanciullo non è riuscito ad adeguarsi agli standard internazionali. Un decennio dopo il governo con l’appoggio dell’UNICEF, ha migliorato le procedure per l’adozione nazionale. Alla fine queste non sono state mai finalizzate per l’arrivo del Covid-19.
Con lo stesso obiettivo, l’UNICEF ha di recente sostenuto il Ministero degli affari Sociali, della riabilitazione di Veterani e Giovani nel produrre una bozza di legge di protezione del fanciullo che regoli le adozioni.
Lo specialista della comunicazione dell’UNICEF, Bunly Meas ha spiegato alla scrivente che la legge una volta approvata riempirà alcune delle mancanze esistenti nel processo e nelle procedure come la creazione di un registro delle adozioni internazionali.
Mentre la legislazione è sufficiente per convincere l’Italia che la Cambogia è pronta a riprendere l’adozione internazionale, la mancanza di trasparenza sui nuovi meccanismi e procedure resta una delle ragioni di preoccupazione tra le organizzazioni di protezione del fanciullo e dei diritti umani.
Il gruppo cambogiano sui diritti umani LICADHO segue gli sviluppi del governo su questo problema e lavora con le famiglie che hanno perso i figli a causa delle procedure illegittime di adozione internazionale.
Il direttore di sensibilizzazione del gruppo Naly Pilorge non crede che la Cambogia possa garantire che le adozioni internazionali non saranno viziate dalle stesse frodi e corruzioni che hanno caratterizzato le adozioni passate.
“La Cambogia ha a malapena riconosciuto gli abusi del passato, dato che non ci sono state indagini significative né procedimenti penali” ha detto Pilorge. “Non è stata data assistenza per aiutare le famiglie di origine o i bambini adottati che soffrono ancora”.
Pilorge ha anche sottolineato che il governo cambogiano e le sue istituzioni sono tra le peggiori al mondo per la corruzione percepita e il debole governo della legge. Pilorge crede che ciò rende quasi impossibile poter assicurare il miglior interesse dei bambini.
“Nel contesto attuale è impensabile che la Cambogia cerchi di riprendere le adozioni internazionali ed è inconcepibile che paesi come l’Italia rischino di infrangere i diritti dei bambini cambogiani partecipando a tale riapertura”.
Per rispondere alle critiche Torri ha sostenuto che, sebbene ci siano e ci saranno sempre rischi connessi alle procedure, le autorità delle adozioni devono valutare un insieme più vasto di condizioni.
“La scelta è se chiudere tutto e non prendere rischi e percorrere la strada facile lasciando i bambini cambogiani nelle istituzioni senza dare neanche ad uno di loro la possibilità di trovare una famiglia permanente, oppure assumersi il rischio ed attivare i meccanismi persino dove le garanzie totali non sono ancora interamente pronte in pratica” ha detto Torri.
Ma la mancanza di trasparenza è ciò che fa dubitare alcuni studiosi dell’efficacia delle nuove leggi. Patricia Fronek, assistente sociale e professoressa associata della Griffit University che ha pubblicato vari lavori sul sistema alternativo di cura in Cambogia, ha persino sostenuto che “le adozioni di bambini con bisogni speciali è continuata persino dopo il divieto del 2009” e che sono stati inviati all’estero un numero imprecisato di bambini.
L’agenzia centrale per l’adozione internazionale non ha rilasciato commenti. UNICEF ha detto di “non essere a conoscenza di casi recenti di adozioni internazionali”, sebbene non ci sia un registro ufficiale nonostante gli articoli contenuti nella legge di protezione del fanciullo che lo prevedono.
Per compensare questa mancanza, il ministero degli affari sociali ha adottato di recente l’uso di un sistema di gestione sostenuto dall’UNICEF che raccoglie tali informazioni, “ma non ci sono misure per il monitoraggio, la denuncia e per i legami familiari dopo l’adozione” ha detto Bunly.
Ma indipendentemente dalle procedure burocratiche e i miglioramenti delle misure di salvaguardia a livello nazionale, le famiglie e i bambini cambogiani e nel mondo sono ancora alla ricerca dei loro familiari di sangue e di risposte.
La famiglia Meulenbelt-Hörz adottò Jane nel 2002 quando la bambina aveva un anno. Il suo certificato di nascita afferma “di pare e madre sconosciuti” e una stima approssimata della nascita è ottobre 2001.
Poiché allora il governo cambogiano non aveva un registro delle adozioni unificato, Jane e i suoi genitori non sono riusciti a trovare i suoi genitori biologici con una ricerca della documentazione ufficiale, costringendo Jane a fare affidamento sui test del DNA.
Nel suo secondo viaggio in Cambogia nel 2019, lei e i suoi genitori adottivi hanno messo centinaia di volantini vicino le fabbriche dove sarebbe stata abbandonata. Poco tempo dopo due famiglie si sono fatte avanti facendo il test del DNA.
Per nessuna delle due famiglie c’è stata la concordanza dei DNA, ma questo ha segnato il primo passo per la creazione del DNA Cambogia, un progetto di databank fatto insieme ad una ONG locale KFCO che aiuta a riunire le famiglie separatesi durante la guerra, per il genocidio e la povertà. Finora ci sono oltre 300 profili di DNA raccolti all’interno di Database di MyHeritage e Family Tree.
Mentre tutte le adozioni fatte prima del divieto furono organizzate da facilitatori indipendenti piuttosto che agenzie o organizzatori, ora tutte le adozioni internazionali devono essere gestite da agenzie autorizzate dal governo. Imprese private non autorizzate ed orfanotrofi non possono più gestire direttamente le adozioni globali.
Ma né Meulenbelt-Hörz né Fronek credono che un tale miglioramento cambierà la loro contrarietà alle adozioni internazionali. Fronek ritiene che il rafforzamento di un sistema nazionale di affidamento sia l’unica soluzione efficace e sicura per la deistituzionalizzazione di bambini cambogiani orfani o abbandonati.
“Se il sistema di affidamento è forte, i bambini possono trovare una famiglia permanente e sicura immediatamente senza vivere mai in una istituzione” ha detto Fronek.
La deistituzionalizzazione è anche l’obiettivo della organizzazione americana no-profit HOLT International che guida le adozioni nazionali in Cambogia con il sostegno del governo e lavora a rafforzare il sistema di affidamento nel paese, ha spiegato la vicepresidente Thoa Bui che ha detto:
“Non vogliamo davvero vedere i bambini diventare maggiorenni negli orfanotrofi”.
Lynelle Long, direttrice che ha fondato la rete globale di bambini adottati a livello internazionale, InterCountry Adoptee Voices, nata e adottata in Vietnam ed ora in Australia, vede il sistema di affidamento come un’opzione più adatta e sicura per gli orfani o i bambini abbandonati.
Mentre da un punto di vista legale, l’adozione è una transazione privata, e una volta andata in porto nessun governo o ONG ha il diritto o il dovere di controllare i bambini, il sistema di affidamento resta sotto il controllo del governo. In quel modo la sicurezza dei bambini nel sistema di affido è costantemente assicurato da enti autorizzati dal governo.
“I bambini adottati molto spesso finiscono in famiglie abusive di paesi stranieri” ha detto Lynelle Long. “Nessuno assicura che sono al sicuro e in salute una volta che sono adottati. Quelli nel sistema di affido sono controllati e hanno sempre la possibilità di denunciare l’abuso all’autorità centrale del paese”.
Lei come centinaia di altri bambini adottati hanno vissuto l’isolamento e il razzismo nelle loro comunità come anche una mancanza di comprensione da parte dei genitori adottivi.
“I genitori adottivi spesso hanno difficoltà a comprendere cosa vivono i loro figli adottivi” ha detto Long. “Provengono da un retroterra culturale diverso e non sanno gestire il peso psicologico dei loro bambini adottivi”.
Anche Meulenbelt-Hörz è d’accordo sul fatto di evitare a tutti i costi l’adozione.
“Dopo aver visto tutte le durezze che i miei piccoli hanno dovuto vivere, non sono più favorevole all’adozione. Tutti i figli coinvolti nell’adozione sono bambini con dei traumi”.
Beatrice Siviero, SouthEastAsiaGlobe_