La prossima settimana il presidente Obama si recherà nel Sudest Asiatico per visitare Birmania, Thailandia e Cambogia, lasciando fuori le Filippine e gli altri paesi coinvolti nella questione del Mare Cinese Meridionale. La Thailandia si prepara ad affrontare un confronto aspro per la questione dell’aiuto thailandese al riso che sta un po’ alterando i mercati e soprattutto le multinazionali americane che si pongono il problema di cosa succederà al riso nei depositi thailandesi, se verrà immesso nel mercato e come, con quale impatto sui prezzi.
Le Filippine senza troppo clamore hanno fatto un po’ sapere della loro delusione, considerata la situazione tesa che vive da qualche mese nel mare cinese meridionale nei confronti della potenza cinese. La visita del “fratello più grande e forte” avrebbe certamente corroborato l’immagine di un paese fedele alleato forse anche un po’ pronto a fare la voce grossa.
Con la nuova politica di Obama nei confronti dell’Asia Pacifico e del suo rapporto con la Cina, per gli USA è necessario creare rapporti e relazioni con paesi che, vicini alla Cina di cui sentono un po’ il fiato sul collo, vogliono appunto permettere un maggiore ruolo USA nella regione per allentare così un po’ la stretta cinese. Ecco quindi la Birmania e la Cambogia. La seconda ha chiaramente espresso a livello internazionale la sua visione politica di “sudditanza” alla Cina che offre finanziamenti “senza condizioni accluse” a cui però non si può dire di no.
Obama che arriva in Birmania è di per sé una notizia storica. L’ultima visita di un presidente USA in Birmania è degli anni 50 e questa visita cade proprio in un momento particolare.
Di certo come si legge sull’Irrawaddy rafforza moltissimo l’agenda delle riforme del presidente Thein Sein e di un governo che, giunto al potere sempre con elezioni farsa nel 2010, ha fatto partire delle riforme che hanno modificato letteralmente le relazioni tra i due paesi specie dalle ultime visite in USA del presidente stesso e di Aung San Suu Kyi. Mentre il presidente ha incontrato dopo il suo discorso all’ONU il segretario di stato Hillary Clinton, Su Kyi ha ricevuto la più alta onorificenza americana e le lodi pubbliche del presidente Thein Sein sul suo ruolo nel movimento della democrazia birmana.
Nello stesso tempo le sanzioni sono state quasi tutte tolte anche in seguito alla vista della Clinton a Dicembre scorso e alla visita di vari parlamentari americani sostenitori della Suu Kyi. Altri incontri bilaterali hanno dato risultati favorevoli come un incontro tra ufficiali della difesa di alto rango Birmani e americani.
La diplomazia di Obama sulla Birmania ha avuto successo ed ha determinato la svolta che non si è avuta invece in medio oriente. La Birmania ora agli occhi di Obama può giocare un ruolo maggiore ed attivo per varie ragioni.
L’apertura democratica birmana per molti versi lo si deve anche alla mutata pressione americana e quindi alla politica di Obama, anche se per il momento c’è tanta strada da fare e rappresenta ancora una speranza.
La Birmania si trova tra Cina ed India e può rappresentare un punto strategicamente importante per per un eventuale sbocco cinese sull’oceano indiano. Considerato che la Birmania ha un grande traffico economico con la Cina, riuscire a creare una relazione più stretta è un’occasione che Obama e nessun diplomatico si vuol lasciar sfuggire specie alla luce di un nuovo interesse americano per l’Asia Pacifico. Gli USA vedono nella Birmania un possibile nuovo asse e questo è stato salutato positivamente nella regione soprattutto di fronte ad una presenza ingombrante come quella cinese.
Solo in Birmania la Cina ha investito finora attorno ai 20 miliardi di dollari con un interscambio di oltre 2 miliardi per sei mesi di quest’anno specie nel settore energetico.
Inoltre i rapporti bilaterali Birmania Cina affondano nel tempo e la Cina è sempre stata al fianco delle varie giunte militari con la sua opzione di veto, quando l’ONU ha provato a porre mozioni di condanna delle repressioni feroci dei militari birmani. L’apparato militare è stato fatto dai cinesi ch sono il fornitore principale. I rapporti di amicizia e collaborazione sono sempre stati molto forti a livello di vertici da decenni. Di questo gli USA ne sono ben consci. Sono altresì consci che la presenza cinese crea nella popolazione sentimenti particolarmente ostili alla Cina che non ha legami particolari a livello di società civile, mentre la presenza americana è anche legata ad un rapporto di lunga data con l’opposizione democratica e la stessa società civile dentro e fuori della Birmania. Si tenga conto anche della possibile manipolazione di questi sentimenti anticinesi come accaduto quando furono sospesi i lavori di costruzione della diga Myitsone.
Inoltre secondo Aung Zaw dell’Irrawaddy, la Birmania non vuole trovarsi in una relazione con la Cina da padrone suddito, specialmente ora che non ha bisogno più di una potenza che la difenda col diritto di veto di fronte al mondo intero, come accaduto nel passato nei consigli di sicurezza dell’ONU. Cosa farà la Cina? Questa questione è aperta.
Ma le questioni fin qui esposte non sono le sole o le più importanti. Appunto perché gli USA sono stati e sono un riferimento per i democratici birmani, e per tutti quanti nella regione, ci sono molte cose da chiedere ad Obama e ci sono anche molti rischi per lo stesso Obama che non possono esser sottovalutati.
Forse la questione del nome, Birmania o Myanmar, è in apparenza la più sottile ma nello stesso tempo l più simbolica. Myanmar è come i generali hanno rinominato il paese, nel mezzo della repressione più feroce, cancellando il vecchio nome coloniale inglese. Sarebbe come dire “non siamo più una vostra colonia e ci siamo dati un nome e ci dovete rispettare”. Ma è anche rivolto all’opposizione interna, come la Suu Kyi, che spesso chiama il proprio paese Birmania.
Proprio come un Giano bifronte: Birmania o Myanmar, ma anche riforme e guerre etniche nello stato del Kachin; riforme e scontri etnici nell’Arakan dove le forze armate hanno giocato un ruolo non sempre cristallino.
Cosa ha da guadagnarci Obama a venire in questo momento, si domanda qualche democratico, quando i ripetuti inviti al rilascio di tutti i detenuti politici sono caduti nel dimenticatoio, quando le violazioni dei diritti umani sono ancora rampanti e non c’è fine agli arresti arbitrari. Non c’è forse il rischio di legittimare un regime che deve ancora dimostrare di poter conseguire quello che ha promesso?
Ovviamente per Thein Sein è un ottimo punto in suo favore, anche se la visita dovesse durare qualche ora e anche se la visita si fermerà a Rangoon, la vecchia capitale: di fronte al mondo la Birmania/Myanmar non è la cenerentola del mondo e si avvia ad essere un “paese normale”. A Rangoon, la vecchia capitale e non Naypidaw la capitale costruita dai generali, Obama incontrerà Thein Sein e Aung San Suu Kyi.
La Casa Bianca ha fatto sapere che Obama incontrerà molti gruppi della società civile, forse nella vecchia università di Rangoon che fu il centro delle lotte studentesche del 1988 contro la giunta per la democrazia nel paese e che è al momento ancora chiusa.
Sull’arrivo di Obama il leader del movimento studentesco del 1988 Ko Ko Gyi ha espresso la speranza che qualcosa di buono giungerà specie se non servirà come un riconoscimento o appoggio a questo governo sempre fatto di generali che erano presenti nel vecchio regime. Quello che chiede ad Obama è farsi promettere che l’esercito non userà la sua forza per risolvere conflitti etnici o politici.
Dal canto suo il leader dei Kachin ha espresso la speranza che l’arrivo di Obama non si focalizzi solo sugli interessi di bottega americani ma che tenga conto della situazione interna politica. Oltre che a contenere la Cina e a strappare il paese dall’orbita cinese, gli USA dovrebbero farsi portavoce della democrazia e dei diritti umani per poter ottenere un cambio reale nel paese Birmania / Myanmar.
Secondo David Steiberg, esperto della Birmania, invece c’è qualche pericolo in questa nuova situazione. “Gli USA dovrebbero restare bilanciati nelle proprie politiche per far capire alla Cina che gli USA comprendono bene la necessità che Birmania mantenga le proprie buone relazioni con la Cina. Spero che Obama lo affermi pubblicamente e privatamente quando è lì”. Poi continua: “La politica con la Birmania è stato il suo solo successo in Asia. Poiché i birmani indicavano un interesse nella riforma, l’amministrazione Obama, col dipartimento di stato, ha fatto da apripista.”
Inoltre la visita di Obama potrebbe aiutare il processo riformatore stesso e non attendere invece che si compia e maturi in una reale società democratica, casi per altro molto rari. Per molti birmani questa visita può essere un segno di essere stati visti, dopo decenni di isolamento
Si leggano questi due articoli di Aung Zaw su Irrawaddy.org sulla visita i Obama in Birmania.
http://www.irrawaddy.org/archives/18780 http://www.irrawaddy.org/archives/18207