Saranno almeno 37 mila le persone costrette ad abbandonare i propri luoghi secolari per fare posto a tre dighe sul fiume Salween in Birmania, in un’area dove vive l’etnia Karen ed il sottogruppo dei Yintale, che hanno un loro stato e sono in aperta contrapposizione col regime birmano.
Gli Yintale, che sono in tutto un migliaio, vivono coltivando miglio e sesamo lungo il corso del Salween e del fiume Pawn in vicinanza dei luoghi dove si propongono le tre dighe, e sono perciò a rischio di estinzione. Questo si evince dal rapporto del KDRG (Karenni development research group).
Le tre dighe sono una di 600 megawatt a Ywathit sul Salween, una di 130 megawatt sul fiume Pawn ed una di 110 megawatt sul fiume Thabet nella zona settentrionale della capitale dello Stato Karen di Loikaw. Fanno parte di un accordo di intenti tra la giunta birmana e l’industria di stato cinese Datang firmanto nel gennaio 2010 e di recente gli ingegneri, scortati militarmente, hanno visitato i luoghi proposti, sono stati costruiti i primi alloggi per il personale e la gente è stata invitata a stare lontano dalla zona.
“Se si procede alla costruzione delle dighe, il profitto che genereranno sarà macchiato del sangue della nostra gente….. Queste dighe stanno uccidendo fino all’estinzione la nostra gente. Non avremo un posto dove andare, anche se questa terra ci appartiene per lo meno col nome. E’ una cosa molto triste per il futuro della gente Karen. Il regime non può venire qui e fare come gli aggrada solo perché siamo in pochi.”
Ma non sono solo gli Yintale a rischio di estinzione: la distruzione della biodiversità, delle foreste, delle produzioni agricole, della disponibilità di acqua sono ugualmente minacciate, come per ogni grande progetto faraonico di diga. In più questi progetti non fanno altro che buttare altra benzina su un fuoco che dura da molti decenni e quindi incrementano l’instabilità dell’area.
Oltre all’estinzione sicura di più di 50 specie di animali, igrandi progetti si accompagneranno con ogni genere di abuso e di violenza. “Siamo già passati attraverso la costruzione della diga di Lawpita, dove abbiamo perso la nostra terra, ma non ci è stato possibile chiedere nulla in ricompensa.” sostiene l’organizzazione KDRG. La diga costrinse a migrare 12 mila persone mentre furono installate almeno 18 mila mine attorno al sito, oltre alle truppe che furono spiegate per tenere il sito in sicurezza che si resero colpevoli di vari abusi dal lavoro forzato, alle violenze sessuali agli omicidi extragiudiziali.
Sul Salween ed i suoi affluenti, in realtà, sono 7 i progetti di dighe da costruire insieme a compagnie Cinesi e Thailandesi e si trovano tutte in zone di alto conflitto etnico, sul confine Birmano Thailandese.
“Come si può pensare che si tratti del solito business quando armate si danno battaglia tutto intorno e la gente scappa per salvarsi la pelle? Dovrebbero subito rendersi conto dei rischi e fermare quello che stanno facendo”
Tutta l’energia prodotta non sarà di certo utilizzata dai Birmani, ma sarà venduta alla Cina e alla Thailandia, come lo sarà quella prodotta da tutti e 21 progetti in costruzione nei vari stati Kachin, Shan e Karen e nelle province di Mandalay e Sagaing con una produzione totale di quasi 36 mila megawatt di elettricità all’anno.
La domanda che si pone il KDRG è come può la Datang partecipare così massicciamente a questi progetti e rendersi corresponsabile nei fatti delle pesanti violazioni di diritti umani e poi fare parte del United Nation Global Compact che è “una iniziativa di politica strategica per le imprese che si impegnano ad allineare le proprie operazioni e strategie con i dieci principi universalmente accettati nelle aree dei diritti umani, del lavoro, dell’ambiente e della lotta alla corruzione”?