BIRMANIA: Thein Sein assume la presidenza dell’ASEAN per il 2014

La settimana scorsa Myanmar ha ricevuto il testimone dal sultano del Brunei ed ha assunto a rotazione la presidenza dell’ASEAN per il 2014, l’organizzazione dei dieci paesi del Sudest Asiatico.

Il prossimo dicembre la nazione conosciuta anche come Birmania ospiterà i giochi dell’ASEAN, una festa di presentazione per una nazione che emerge da quasi mezzo secolo di repressione militare.

Sono segni incredibili della rapida riabilitazione della Birmania da stato cenerentola internazionale in seguito al massacro dei monaci durante la rivoluzione arancione del 2007. Eppure la Birmania resta presa dalle convulsioni della violenza religiosa e dei pogrom contro i musulmani che possono generare rischi per l’unità e la reputazione dell’ASEAN stessa.

L’organizzazione fu stabilita nel 1987 ed è diventata, con il suo quartier generale a Giacarta, il fulcro della regionalizzazione, di espansione della partecipazione, di iniziazione di dialoghi e di organizzare i programmi annuali con numerose conferenze che hanno promosso la diplomazia in una regione che si trova di fronte diverse sfide alla pace e alla stabilità.

La Birmania si unì all’ASEAN 16 anni fa ed è stata sempre considerata comela pecora nera del gruppo per il suo regime militare repressivo e le estese violazioni dei diritti umani. Sin dal 2011 comunque ci sono stati significativi progressi nella realizzazione della democrazia e nell’allentamento delle restrizioni draconiane sulle riforme politiche, ma lo scoppio della diatriba tra buddisti e musulmani sin dall’estate scorsa pone qualche nuvola sull’intera transizione.

Ed ora la Birmania su trova sulla sedia che scotta mentre l’ASEAN continua a trattare con una lite che marcisce con la Cina sui territori contesi nel Mare Cinese Meridionale.

Nel 2012 ci fu una crisi istituzionale quando i ministri degli esteri dell’ASEAN non riuscirono ad emettere un comunicato congiunto che affrontava il problema che divide. Sembrò che la Cina riuscì ad influenzare la Cambogia, presidente di turno dell’ASEAN, a bloccare il consenso minando così l’integrità dell’organizzazione e la sua unità.

Ma ora la lite è peggiorata mentre quest’anno le Filippine hanno alzato la posta portanto la disputa territoriale con la Cina nel Mare Cinese Meridionale all’arbitrato dell’ONU. Nel frattempo l’Indonesia annunciava pubblicamente che aveva una simile disputa con la Cina, mentre il Vietnam ordinava sottomarini per rafforzare la propria presenza navale e le proprie richieste.

In tutto questo il Brunei ha provato di essere una presidenza abile del 23° summit dell’ASEAN riuscendo a gestire e ravvivare la coesione dell’organizzazione. Ma ci sono altre turbolenze ad attenderla.

Le relazioni birmane con la Cina sono peggiorate lo scorso anno sin da quando la polizia ferì dei monaci e altri manifestanti presso un sito di un progetto minerario controverso dove villaggi erano stati spostati. L’accaparramento delle terre hanno attirato l’ira locale per tutta la Birmania con la Cina che comincia a sentire la pressione essendosi impegnata su imprese di estrazione di risorse che coinvolgevano accordi oscuri con la giunta birmana e i suoi amici che ignorano gli interessi locali.

Pechino comunque riconosce di aver gestito male la relazione con la Birmania mentre le pratiche di corruzione e il comportamento arrogante hanno esacerbato radicati sentimenti anticinesi. Quando la Birmania ha ospitato il World Economic Forum a giugno di quest’anno, ha attratto poca partecipazione cinese e nei corridoi i gestori birmani non facevano nulla per scoraggiare le dicerie sulla presunta tristezza del presidente Thein Sein rispetto al più grande investitore estero.

Benché la Cina ultimamente si è ritirata dalla partecipazione ad un’asta di grossi contratti della telecomunicazione, i suoi controversi progetti minerari hanno per il momento superato le proteste locali, anche se resta ancora presente con un suo gasdotto che ha finanziato e che ha appena cominciato ad operare. Come ha detto l’icona della democrazia birmana Aung San Suu Kyi: “Che ci piaccia o no dobbiamo andare d’accordo con i nostri vicini”.

Cionondimeno passare il martelletto al Presidente Thein Sein è un gioco d’azzardo per l’ASEAN e non solo per l’enigma cinese.

Naypyidaw, la nuova sede appena costruita del governo, ospiterà una serie di incontri dell’ASEAN oltre al Summit Oriente occidente, mettendo assieme nazioni membri con rappresentanti ci Cina, Giappone, Corea del Sud, Stati Uniti e Russia, portando così al limite la sua capacità diplomatica e logistica.

Improvvisamente la Birmania sarà catapultata da dall’isolamento alla prima serata, e ci si potrà attendere ancora una maggiore indagine internazionale dei media. Una qualunque violenza settaria che dovesse scoppiare allora danneggerebbe in modo serio la sua reputazione internazionale con ramificazioni sulla sua ambiziosa agenda di riforme e di armonia complessiva dell’ASEAN.

Il governo non ha fatto granché per controllare le tensioni settarie tra le comunità buddista e musulmana per dare seguito alla retorica di tolleranza zero del presidente. Le notizie sui recenti attacchi contro i villaggi musulmani indicano che le forze di sicurezza continuano ad oziare e guardare gli atti di violenza e gli incendi. Oltre 140 mila musulmani della Birmania languiscono in campi profughi dopo aver avuto le case incediate da folle arrabbiate di militanti buddisti.

E’ una situazione che sfiderà l’unità dell’ASEAN e il suo principio di non interferenza. I paesi membri come la Malesia e l’Indonesia a maggioranza musulmana si aspettano progressi concreti poiché questa è un problema transnazionale destabilizzante.

Gli attacchi contro i musulmani nella Birmania occidentale hanno preso di mira i Rohingya, che non sono riconosciuti come cittadini legittimi dal governo birmano, ma la violenza si è diffusa ad altre parti del paese coinvolgendo altre minoranze etniche i cui diritti di cittadinanza non sono messi in dubbio.

La violenza che mira i musulmani e la conseguente fuga dei Rohingya verso la Thailandia e la Malesia sta facendo salire la tensione ed infiammare la popolazione musulmana nella regione, portando a vendette antibuddiste in Malesia, Indonesia ed India ed ad un attentato sventato a Giacarta contro l’ambasciata birmana.

Monaci militanti seminatori di odio che predicano la violenza e chiedono il boicottaggio dei negozi musulmani trovano un pubblico ricettivo per i loro discorsi di odio evidente nella vendita di DVD, mentre i social media ed i media stampati attizzano l’antagonismo tra le fedi. Il governo sembra più zelante nel perseguire i musulmani coinvolti in tali incidenti anche se le loro comunità sono nella maggioranza di casi le vittime designate degli attacchi.

Di certo si può fare molto di più per portare gli istigatori e i colpevoli davanti alla giustizia. Reprimere gli scoppi di violenza richiede polizia addestrata, ma i capi religiosi e della comunità devono anche alzarsi per sfidare gli estremisti e abbassare le tensioni.

Affrontare la violenza settaria sarà la cartina al tornasole per l’approccio poco evidente dell’ASEAN nella promozione dei diritti umani. Come anche una sfida maggiore per i capi religiosi e politici della Birmania. Sono montante frustrazioni sui soliti problemi associati alla forte povertà e alla crescente ineguaglianza, mentre la gente tenta di porre un limite all’accaparramento di terre e alla corruzione mentre cerca di migliorare la propria vita, i servizi sociali, la scuola e il governo della legge.

Questa è la paglia secca che facilmente prende fuoco dello scontento popolare. Non ci sono facili soluzioni a questi problemi endemici ma come ha detto un gruppo internazionale: “La Birmania non può permettersi di diventare un ostaggio dell’intolleranza e della bigotteria”.

Jeff Kingston, Japan Times

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