Non è affatto assicurata la sostenibilità del cambiamento strategico delle Filippine alla luce degli amici della Cina tra gli alleati del presidente Marcos e per la necessità di finanziamenti infrastrutturali
“Il problema è tra la Cina e noi. Se subentrano gli americani, è destinato a fallire” disse l’allora candidato presidenziale Ferdinando Bongbong Marcos nel momento più caldo delle elezioni presidenziali filippine insistendo su una politica estera neutrale nel crescere delle tensioni in Asia.
Per tutte le elezioni Marcos Figlio mise in guardia sui pericoli di un’alleanza militare delle Filippine con gli USA per proteggere i diritti sovrani del paese nel Mare Cinese Meridionale che era una ricetta per il disastro. Invece lui sosteneva il dialogo invitando ad un contatto continuato con la Cina come solo modo per prevenire uno scontro armato nella regione.
Da candidato alle presidenziali Marcos minimizzò il significato dell’alleanza USA-Filippine come anche del pericolo di schierarsi con una superpotenza contro l’altra.
Dopo neanche un anno da presidenze ha presieduto a qualcosa che sembra una rinascita delle relazioni strategiche con gli americani. Secondo le parole del cugino nonché ambasciatore filippino a Washington Jose “Babe” Romualdez “Credo che le nostre relazioni con gli USA sono nel suo momento migliore proprio ora”.
Se non altro, le Filippine sotto Marcos Figlio emergono negli ultimi mesi come il nuovo beniamino dell’Occidente. L’espansione della cooperazione alla difesa con Washington è andata di pari passo con l’approfondimento dei legami militari con Giappone ed Australia, alleati degli USA. La conclusione è l’apparizione graduale di una nuova alleanza quadrilaterale in cui le Filippine formano una componente essenziale di una strategia integrata di deterrenza a guida americana con una Cina in ascesa.
Tuttavia non è affatto assicurata la sostenibilità del cambiamento strategico delle Filippine. Oltre all’opposizione interna delle forze vicine a Pechino, come la sorella senatrice del presidente Maria Imelda “Imee” Marcos, ci sono dubbi sulla capacità occidentale di aiutare le Filippine a sviluppare le sue infrastrutture essenziali o a modernizzare le sue forze armate male equipaggiate.
La fioritura dei legami tra Manila e i suoi tradizionali alleati giunge dopo sei anni di presidenza Duterte in cui minacciò ripetutamente di porre fine all’alleanza del paese con gli USA mentre cercava legami più stretti con Cina e Russia.
Essa giunge mentre crescono le tensioni tra i paesi membri del Quad, Dialogo Quadrilaterale di Sicurezza, all’indomani dell’invasione russa dell’Ucraina che ha mostrato i dissensi tra India, che ha mantenuto legami buoni con Mosca, e USA, Australia e Giappone che invece hanno importo forti sanzioni alla Russia.
Nonostante le pressioni occidentali l’India si è rifiutata di votare contro la Russia all’ONU mentre accresce le importazioni energetiche da Mosca. Da presidente di turno del G20 di quest’anno, Nuova Delhi ha provato a minimizzare la guerra in Ucraina ridefinendola “crisi” e “sfida” in un chiaro assenso a Mosca e nella delusione degli stati membri occidentali.

Le Filippine che si sono mosse nella direzione opposta all’India si sono trasformate nel nuovo alleato stellare dell’Occidente. Lo scorso mese Manila ha accolto due rappresentanti di alto livello occidentali, quali il segretario alla difesa USA Lloyd Austin e il vicepremier australiano Richard Marles, mentre Marcos Figlio ha fatto una visita di cinque giorni a Tokyo.
La raffica di incontri di alto livello hanno portato ad una serie di accordi. Tra questi c’era la completa ed espansa applicazione dell’EDCA che garantisce alle forze USA accesso esteso alle basi vicine al Mare della Cina Meridionale e a Taiwan. C’era anche negoziato intenso di Accordi di Acquisizione e Servizio Incrociati e una accordo di VFA, accordo di forze in visita, con Giappone per facilitare maggiori esercitazioni congiunte e trasferimenti di armi. Erano presenti anche dialoghi di difesa istituzionalizzati e possibili pattugliamenti congiunti con l’Australia nel Mare Cinese Meridionale.
Le Filippine inoltre esplorano un sistema quadrilaterale di difesa con USA, Australia e Giappone.
Sempre Romualdez ha detto: “Ne stiamo discutendo con USA e Giappone ed anche l’Australia sta per entrare, e potrebbe finire con un accordo quadrilaterale”.
Nonostante questo improvviso scoppio di entusiasmo per un possibile nuovo Quad, il futuro della politica estera filippina è ancora incerto.
I due decenni scorsi mostrano che la tendenza del paese è di oscillare moltissimo tra le superpotenze rivali a seconda delle condizioni politiche interne e le preferenze della elite di governo.
La sorella del presidente Senatrice Imee Marcos che sostiene i legami favorevoli con Pechino, ha rimproverato pubblicamente i rappresentanti più alti della difesa che hanno dato accesso alle forze USA nelle basi vicino a Taiwan sostenendo che una azione del genere potrebbe provocare un conflitto inutile con la Cina.
La sua opposizione energica ha incoraggiato i governatori delle province settentrionali interessate come quelli di Isabela e Cagayan ad opporsi alla presenza forte di militari americani nella loro area. In risposta i militari filippini stanno rivedendo le esercitazioni congiunte con il Pentagono nelle province settentrionali del paese. Inoltre una scelta forte a favore dell’occidente rischia di allontanare potenziali investimenti cinesi.
All’inizio di questo anno le Filippine annunciarono un ambizioso programma di sviluppo infrastrutturale da 372 miliardi, ma a causa di una crisi fiscale del paese è facile che si debba affidare ad una rete vasta di investitori, molti dei quali cinesi, per sostenere la spesa infrastrutturale nazionale.
Mentre il Giappone è una grande fonte consistente di finanziamenti stranieri, USA e gli altri paesi occidentali devono ancora assicurare di poter riempire il vuoto potenziale di investimenti cinesi.
Alla fine dei conti le Filippine rischiano di ricadere nella dipendenza eccessiva strategica dagli USA se non riusciranno a modernizzare rapidamente le proprie forze armate. Finora non è chiaro se USA, Australia e Giappone vogliano o possano dare hardware militare all’avanguardia a prezzi accessibili in cambio dell’accesso alle basi filippine.
Ci si attende che ci saranno nuovi cambi di programma nella politica estera filippina.
Richard Heydarian SCMP