Il cambio improvviso al vertice del governo thai non avrà un grande impatto sui colloqui di pace del meridione thai dato che essi non sono mai stati una priorità del partito guida.
Il Pheu Thai tornò al potere a settembre 2023 con un patto faustiano con i partiti politici civili e militari nonostante avesse promesso di non lavorare con loro.
Dalla salita al potere fino alla rimozione di Srettha Thavisin con una sentenza della corte costituzionale, l’attenzione del Pheu Thai è sempre stata sull’economia, questione che con cui ancora si dibatte.
Nel frattempo si lavora a sostituire il capo negoziatore thai. Con i regolamenti attuali per i colloqui di pace, il mandato dato al primo capo negoziatore civile Chatchai Bangchuad terminerà dopo la convalida reale di Paetongtarn ‘Ung Ing’ a premier.
Chatchai che è anche vice segretario generale del Consiglio di Sicurezza Nazionale ha guidato per sette mesi il gruppo del negoziato dei colloqui con il BRN, il gruppo dell’insorgenza del meridione thai più forte.
E’ riuscito a portare il BRN ad accettare un quadro per il processo di pace che è ufficialmente conosciuto come CJPP, Piano congiunto comprensivo verso la pace.
Accordarsi sul quadro dei colloqui potrebbe non essere difficile come il negoziare la sostanza delle tre questioni sostanziali che sono la cessazione delle ostilità e riduzione della violenza, un processo di consultazione pubblica e la discussione verso una soluzione politica nel dirimere un conflitto nella regione di frontiera meridionale a maggioranza musulmana che ha fatto oltre 7400 vittime dal 2004.
L’accordo comunque è un passo nella direzione giusta. A fine giugno il facilitatore malese di allora, Gen. Zulkifli Zainal Abidin fece una dichiarazione alla stampa per salutare questa azione. E si attende un sostegno formale del quadro da parte di tutti per settembre.
Ma la sentenza della corte costituzionale che ha cacciato Srettha Thavisin ha fermato questo. In quella sentenza si intimava a Srettha di lasciare l’incarico immediatamente per aver commesso una grossa violazione etica quando ha nominato una persona condannata Pichit Chueban nel suo governo.
La conseguenza sarà che il JCPP dovrà attendere la decisione del nuovo governo di rinominare Chatchai oppure di nominate un nuovo capo negoziatore.
Dato che Srettha e Ung Ing provengono dallo stesso partito, è facile assumere che la transizione del nuovo governo e l’agenda dei colloqui di pace non saranno interrotti.
Ma quando si parla di meridione thailandese nulla è facile.
Il pannello del dialogo di pace di Chatchai ha incontrato critiche dai consiglieri del governo e dai duri, molti dei quali non hanno mai apprezzato in primo luogo l’idea di parlare con i ribelli. Vedono i colloqui di pace come non necessari che conferiscono al BRN una legittimità che non meritano.
Peccato per Chatchai e il suo gruppo che la critica più aspra è giunta da uno delle voci più fidate nel circolo del Pheu Thai.
E’ il professore Surachart Bamrungsuk, esperto della sicurezza della Chulalongkorn University, che con i suoi attacchi recenti al JCPP ha fatto saltare dalla sedia non solo Chatchai ma anche i membri del comitato parlamentare ad hoc incaricato di fare le raccomandazioni sul miglioramento dei negoziati di pace.
Surachart non appartiene al Pheu Thai ma ha legami stretti con il partito ed è ascoltato dai dirigenti del partito.
Secondo le fonti vicine al sottocomitato si sta scrivendo un rapporto che si dice sia molto progressista e che contiene suggerimenti al governo e al parlamento affinché aprano lo spazio sociale, culturale e politico per i Malay del meridione per conquistare il cuore e la mente di un popolo che continua a rifiutare il costrutto stato-nazione e la narrativa della Thailandia che minano la loro identità etno-religiosa.
La bozza del rapporto chiede che i colloqui facciano un passo oltre le misure di costruzione della fiducia, CBM, e assumano questioni più di sostanza sul tavolo. Queste raccomandazioni saranno consegnate in parlamento prima della fine dell’anno fiscale del 30 settembre.
Come il pannello del dialogo di Pace, i membri di questo comitato ad hoc hanno qualche dubbio che le loro raccomandazioni finiranno per essere lettera morta.
Se neanche il professore Surachart non suole dare al JCPP il beneficio del dubbio, allora non ci sono molte speranze per le raccomandazioni del comitato.
Surachart ha accusato i negoziatori di aver superato i propri confini e ha detto che tutti i colloqui con i ribelli debbano includere una domanda di riduzione della violenza, qualcosa che il BRN non vuole concedere.
Lavorare per la riduzione della violenza e rispettare le regole di ingaggio sono giusti di principio, ma un accordo formale sulla cessazione delle ostilità è, secondo la visione del BRN, qualcosa di più di una forma di resa.
E tra le critiche che pongono i negoziatori in una posizione scomoda, diversi individui tra cui un generale dell’esercito in pensione si muovono pensando di poter fare un lavoro migliore.
Non ci attendono grandi reazioni se il nuovo governo del Pheu Thai dovesse nominare un altro generale dell’esercito come capo negoziatore, anche se dovesse significare rimangiarsi le proprie parole sulla promozione del primato civile nei colloqui di pace.
Ma se la scusa della rimozione di Chatchai ha a che fare con le critiche di Surachart, potrebbe significare la fine del JCPP come lo conosciamo.
Indipendentemente da chi diventi il capo negoziatore, la Thailandia deve ancora superare alcuni grossi ostacoli come l’accordo sulla natura del conflitto stesso.
Quello che hanno fatto vari successivi governi di mandare negoziatori per incontrare i rappresentanti del BRN testimonia che riconoscono la radice politica del conflitto.
I duri però credono ancora di poter porre fine al conflitto con mezzi militari ed uscirsene vittoriosi senza fare concessioni al BRN o ai malay del profondo meridione.
Separatamente la Malesia ha nominato un suo nuovo facilitatore, Mohd Rabin Basir per i colloqui di pace tra governo thai e BRN. Ci vorrà del tempo perché lui prenda familiarità con questo conflitto intricato, ma il nuovo negoziatore sembra sia partito con il piede buono.
I rappresentanti thai dicono che Rabin non ama troppo i protocolli e che lui incoraggia incontri diretti tra le due parti. Un negoziatore ha detto che l’approccio di Rabin sembra meno strutturato, più diretto e personale.
Ma resta tutto da vedere, d’altro canto, come questo aiuti una maggiore discussione sul JCPP
Don Pathan, Benarnews