Se ne stanno seduti, nella calura soffocante di Phnom Penh attorno all’ambasciata statunitense perché a dirla franca non saprebbero dove andare. Questa è la realtà per circa 300 famiglie di Borei Keila di Phnom Penh in Cambogia del distretto dopo essere stati cacciati dalla forza dalle loro case il 3 gennaio.
Poi sono passati i bulldozer a raderle al suolo per fare spazio ad uno sviluppo di una società su quella terra. Ingiusto? Questa storia, purtroppo, volge al peggio.
La povertà urbana resta una costante della capitale cambogiana sin da quando fu ripopolata dopo la pazzia dei Khmer rossi degli anni 70. Quasi senza alcun aiuto dal Partito del Popolo al governo, tantissimi poveri non hanno alcuna alternativa se non affidarsi alle istituzioni filantropiche e alle organizzazioni non governative occidentali per poter soddisfare i loro bisogni primari. Il governo cambogiano ha spesso reso prioritario l’investimento delle società ed il conseguente tornaconto alla elite politica rispetto ai bisogni dei suoi cittadini.
Questo è stato il caso della tragedia di Borei Keila. La Lega Cambogiana per la promozione e la difesa dei diritti umani (LICADHO) ha fornito una storia breve della situazione in una recente pubblicazione stampata che spiegava tutte le violazioni permesse dal governo e perpetrate contro i poveri di Borei Keila dalla compagnia di costruzione Phanimex.
“Agli inizi del 2003 fu proposto un accordo di condivisione della terra per Borei Keila che permetteva alla compagnia di costruzione Phanimex, con buone connessioni politiche, di sviluppare parte dell’area per scopi commerciali mentre doveva costruire case per i residenti sulla parte rimanente. La ditta fu obbligata a costruire dieci palazzi su due ettari di terra per gli abitanti dei villaggi che ritornavano per ottenere la proprietà restante di altri 2,6 ettari per sviluppo commerciale.
Nell’aprile 2010, la ditta unilateralmente rinnegò l’accordo, costruendo comunque con l’approvazione governativa solo 8 palazzi lasciando 300 famiglie di Keila Borei fuori dell’accordo originale ed ancora dimoranti nelle case sul sito. Queste sono le case che Phanimex ha distrutto oggi (3 gennaio 2012).”
Molte delle case sono state rase al suolo prima che gli abitanti potessero prendere i loro effetti personali rimasti dentro. Il 4 gennaio la situazione divenne violenta. Molti abitanti cominciarono a lanciare pietre contro varie persone che partecipavano alla distruzione compreso polizia, guardie di sicurezza e lavoratori della Phanimex. La polizia ha risposto con gas lacrimogeni e, secondo Phnom Penh Post, dieci persone sono state ferite ed altri venti arrestate.
Così senza alcun rifugio, circa 70 abitanti di Keila Borei hanno deciso di accamparsi vicino l’ambasciata americana, con la speranza di attrarre attenzione internazionale. L’ambasciata, con la sua pagina ufficiale di Twitter, ha emesso una blanda affermazione sul bisogno di chiarificare appropriatamente i diritti di proprietà, invitando le parti ad astenersi da atti violenti ed esercitare il massimo contenimento.
Non è questa la prima volta che i residenti di quel distretto hanno affrontato discriminazione da parte del governo. Il 18 giugno del 2009, venti famiglie colpite dall’HIV che vivevano nella comunità furono cacciate e inviate in un campo di collocamento lontano almeno 20 chilometri, un’azione che spinse Human Rights Watch ad inviare una lettera al primo ministro Hu Sen.
Nella lettera Human Rights Watch affermava che “si era creata di fatto una colonia dell’AIDS”. Ironicamente la spiegazione data dal governo per le espulsioni del 2009 fu che la Phanimex avrebbe potuto sviluppare commercialmente il suolo. I residenti spostati dovevano avere nuovi alloggi sul luogo sempre costruiti dalla Phanimex. Questo fu la prima costruzione mai fatta per le famiglie che hanno avuto la loro casa rasa ala suolo questa settimana passata.
Non sembra che sarà fatto qualcos’altro da parte dell’ambasciata. Dal momento che il governo si è schierato con Phanimex, l’onere di fornire alle famiglie di Keila Borei, attualmente senza casa, un’abitazione in tutta probabilità sarà posto sulla società civile.
Non dovrebbe sorprendere vedere i più poveri della società sfruttati da una società che ha nella propria mente soltanto i profitti. Ma quando questa povera gente è abbandonata anche dal proprio governo, il cui obiettivo principale si pensa sia di proteggere i propri cittadini, allora la situazione diventa ancora più tragica e vergognosa.
Tim LaRocco TheDiplomat