Ieng Sary, il ministro degli esteri dei Khmer Rossi, amante del lusso e quasi sempre sorridente, sotto processo per genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità presso il Tribunale Speciale dei Khmer Rossi a Phnom Penh, è morto all’età di 88 anni, prima che potesse essere ricevere la sentenza.
Sua moglie, Ieng Thirith, lettrice universitaria di letteratura inglese e specializzata in Shakespeare, e cuoca epicurea specializzata in pollo senza osso, era originariamente sotto processo. Ma la “ministro dell’azione sociale” dei Khmer Rossi lo scorso anno fu sollevata dal dovere di presiedere al processo, dopo che gli è stata diagnosticata una presunta demenza.
Certamente Shakespeare avrebbe tratto materiale per un lavoro splendido dagli anni di tragedia e di strazio qui. Bizzarro a dirsi, Ieng Thirith diceva agli amici che lei preferiva sempre viaggiare con la Swissair per la croce bianca sul fondo rosso, simile alla corse rossa su un fondo bianco usato appunto dalla Croce Rossa. Affermava che Swissair era la “meno probabile ad essere attaccata da terroristi”, affermazione che ha dell’ironia per un’organizzazione che pareva specializzata in omicidi di massa.
Ieng Sary era cognato di Pol Pot, “fratello numero 1 dei Khmer Rossi, e loro sposarono due sorelle. Ieng Sary fece quindi parte di un circolo più interno, molti legati da matrimonio, della élite che studiò a Parigi in un momento in cui il credo prominente delle università francesi era il marxismo.
Dopo essere stato presentato a Ieng Sary nel 1971 ad un ricevimento diplomatico in Cina da Re Sihanouk, morto a Pechino il 15 ottobre 2012, fui il primo giornalista ad intervistare Ieng Sary nel settembre 1975, dopo la caduta di Phnom Penh nell’aprile dello stesso anno.
Partecipavo ad una conferenza dei non allineati a Lima in Peru, di cui Sihanouk era uno dei padri fondatori, quando vidi Ieng Sary che si avvicinava all’entrata e dissi “Sok Sabai” (Salute! in Khmer) che attrasse l’attenzione dei tre delegati Khmer Rossi. Accettò di parlare, e gli chiesi del sequestro del cargo americano, Mayaguez, e più importante sull’evacuazione forzata verso la campagna ricoperta di mine e prosciugata, in quel momento dell’anno, di tutta la popolazione della capitale.
L’intervista fu pubblicata nell’edizione internazionale di Newsweek, di cui ero il corrispondente per l’America Latina, ma non nell’edizione americana perché non volevano gli editori dare ulteriori notizie brutte dall’Indocina al lettore americano. A quel tempo disse di aver ordinato il rilascio immediato del Mayaguez, benché gli USA avessero già bombardato il porto di Sihanoukville e dichiarato la vittoria nonostante la perdita della Cambogia prima e poi del Vietnam qualche settimana dopo.
Ieng Sary disse che avevano evacuato tre milioni di persone da Phnom Penh dal momento che non avevano mezzi sufficienti per muovere gli alimenti nella capitale, quindi la gente doveva andare dove stava da mangiare (sebbene quando andarono lì trovarono quasi nulla.)
Solo esponente pubblico di un regime senza scrupoli, una persona allegra e aperta in apparenza, sotto il cui governo dovevano morire 1,7 milioni di cambogiani, disse che la CIA degli USA tra le tante misure avevano pianificato di corrompere le nostre truppe e indebolire lo spirito della rivoluzione con “donne poco pulite, alcol e denaro”.
Sorridendo sempre in un apparente modo affabile come consuetudine in situazioni pubbliche, Ieng Sary sottolineò che i cambogiani avevano “completa libertà di religione” nonostante la demolizione mattone dopo mattone della cattedrale di Phnom Penh.
Quando gli chiesi se Long Boret, primo ministro del defunto regime di Lon Nol, disse: “Morto o no, è un traditore ed è stato giudicato dal popolo e dal Congresso.”
Negli anni seguenti vidi un po’ di Ieng Sary, di quanto amava la bella vita mentre i cambogiani morivano di fame durante una delle rivoluzioni più dure della storia. Amava per esempio i liquori buoni, e mentre viaggiava nei voli internazionali in prima classe per le missioni del regime amava comprare profumi costosi che secondo i testimoni sniffava delicatamente sebbene erano destinati per una che non fu mai scoperta, forse Ieng Thirith.
Dopo negli anni 90, quando andai per mezzo di un elicottero russo stracolmo, che sfiorava i tetti mentre provava ad alzarsi, verso il quartiere generale dei Khmer Rossi proprio dopo che il gruppo legato a Ieng Sary aveva optato per schierarsi col regime di Phnom Penh, vidi che le miniere di rubini e zaffiri e il diboscamento illegale, aveva reso i Khmer Rossi specie Ieng Sary immensamente ricchi.
I Khmer Rossi vivevano in bungalow confortevoli, ognuno con un carroarmato parcheggiato fuori, una vista bizzarra, periferia da guerriglia.
Ieng Sary mi salutò in modo gioviale alla conferenza stampa che tenne, ricordando i nostri incontri a Pechino e Lima. Eppure avevo visto, allora, quando lasciava andare il suo sorriso normalmente radioso, quanto oscuro e dura potesse diventare il suo volto. Odiavo di essergli stato di fronte ad un tavolo di interrogatorio.
Ma era impossibile aver fiducia di un qualunque capo Khmer Rosso, o dei loro soldati. Allora 37 giornalisti erano già morti in Cambogia, la maggioranza per mano dei Khmer Rossi. Io stesso fui minacciato da un capo intermedio che ora è ambasciatore nel presente governo.
Durante il loro regime, lo stesso Ieng Sary approvò la politica di “ridurre a pezzetti” tutti quelli ritenuti nemici della rivoluzione radicale dei Khmer Rossi, accusandoli di crimini immaginari come “agenti della CIA, del KGB o comunisti vietnamiti”, o di tutte e tre le cose, sotto tortura e nei campi di sterminio come Tuol Sleng a Phnom Penh.
Il ministero degli esteri aveva il campo di Boeng Trabaek, K15, a Phnom Penh dove gli intellettuali indotti da lui a tornare da Parigi erano tenuti ed interrogati. Dei 1700 che tornarono, il 75 % fu sterminato. Ieng Sary ne mandò molti a morte a Tuol Sleng: eppure c’erano alcuni favoriti dai tempi di Parigi che protesse.
Il capo del campo, Fratello Duch, è il solo ufficiale dei Khmer Rossi, uno dell’apparto non un capo, ad essere stato processato con successo dal Tribunale conosciuto come Tribunale straordinario della Corte Cambogiana (EEEC) con una sentenza a vita.
Prima che fosse portato in tribunale sei anni fa, Ieng Sary viveva in una villa di lusso a Phnom Penh vicino ad un tempio buddista con Ieng Thirith. Mi recai una volta all’entrata e fui accolto dal nipote di Ieng. Quando non riuscì a capire la mia richiesta orale di vedere Ieng Sary, gli porsi una foto di me con Ieng Sary e di due altri diplomatici a Lima, per mostrare Ieng Sary e chiedere un’intervista.
Il ragazzo tornò dicendomi che il nonno era troppo malato per potermi vedere, ma Ieng Sary manteneva la foto. Preferii non finire in un archivio dei Khmer Rossi e riuscii con qualche discussione a riprenderla.
Pol Pot stesso morì in circostanze misteriose nel 1998 nel suo ultimo avamposto lungo la frontiera con la Thailandia, quasi certamente avvelenato da un altro capo Khmer Rosso, Ta Mok, Il macellaio, dopo che l’organizzazione entrò al suo interno in una feroce lotta. Accadde dopo anni di protezione dalla Cina e Thailandia. Prima di morire, Pol Pot ordinò la morte di Son Sen, il suo ministro alla difesa precedente, e della sua famiglia, e dopo che furono uccisi furono investiti costantemente da un pesante automezzo. Tutto finì in lacrime.
La morte del sempre sorridente giocatore d’azzardo Ieng Sary, un tempo prestante ma da tempo malato di cuore, dopo essere stato portato in ospedale per problemi gastrointestinali, lascia solo due capi nel processo contro i Khmer Rossi. Nuon Chea, l’ideologo del regime, fratello numero due, e l’ex capo di stato Khieu Samphan, nel processo conosciuto come il caso numero 002.
Nuon Chea che era un tempo eloquente e franco, ma il più certo assassino di massa, è stato lui stesso malato, e ci si domanda per quanto tempo può andare ancora avanti il tribunale, che ha cominciato i lavori sei anni fa spendendo 173 milioni di dollari. Solo Khieu Samphan sta meglio in salute ma collerico in comportamento, sebbene i suoi crimini siano minori rispetto a quelli degli altri.
Ma il tribunale stesso attualmente è fermo per uno sciopero di centinaia di lavoratori che non sono pagati da tre mesi, ma che tornerebbero al lavoro se solo pagassero un mese. I governi esteri forse protestano alla richiesta di altri fondi, dopo casi di prima corruzione da parte cambogiana del ECCC.
Il corpo di Ieng Sary sarà portato ad una vecchia roccaforte dei Khmer Rossi a Phnom Malai lungo la frontiera con la Thailandia per essere cremato. Mentre si può credere strano che i supposti sconfitti Khmer Rossi hanno ancora la loro area, è solo una delle tante anomalie. Per esempio il figlio di Ieng Sary è vice governatore di una città a pochi chilometri.
Un altro esempio, le tre figure importanti dell’attuale governo sono ex Khmer Rossi, guidati da Hun Sen, sebbene essi fossero originariamente nel ramo provietnamita, prosovietico del partito, mentre quelli in giudizio sono della fazione cinese.
Hun Sen è determinato nel dire che non ci sarà nessun nuovo processo contro i Khmer Rossi, mentre la minoranza dei componenti esteri del tribunale crede che ci dovrebbe essere un’indagine dei livelli minori con altri casi, come quelli che costruirono un grande aeroporto sotto la guida cinese a Kompong Chnang con la perdita di migliaia di vite.
Con la morte di Ieng Sary, la corte non sa come procedere e sarà un mistero come si risolverà. Alla fine ci si domanda si vedrà che sarà stata fatta giustizia?
James Pringle, http://www.asiasentinel.com/index.php?option=com_content&task=view&id=5253&Itemid=207