Campus universitario UP a Manila adocchiato dai militari filippini

Da quando è scoppiata la pandemia lo scorso anno, il grande campus universitario della University of Philippines, UP, è rimasto chiuso.

A chi vive ad appena un chilometro di distanza, può sembrare che sia venuta a mancare l’aria.

campus universitario di UP
Campus Universitario Diliman University of Philippines

Solo poco prima delle feste di Natale, ha aperto per qualche ora e permettere alla gente di fare ginnastica, di farsi la loro camminata, un picnic al tramonto, un ritorno a quello che era prima.

Ai fine settimana diventa un parco affollato che è insolito in una metropoli a cui mancano degli spazi verdi.

Poi a metà gennaio, all’improvviso, il ministro della difesa annunciava che il governo rigettava in modo unilaterale un accordo decennale con l’università, con il quale era vietato alla polizia e militari di entrare nel campus universitario, sulla loro assunzione che è un ambiente di reclutamento per comunisti, classificati come terroristi.

In quel preciso momento i media sociali scoppiarono in grida di protesta e di resistenza, come se fosse riapparso ricordo nefasto dei disordini sociali nell’era della legge marziale della dittatura di Marcos negli anni 70 ed 80. La politica è diventata parte di un copione a cui mira il governo del presidente Duterte, un ritorno all’autoritarismo.

Il governo in modo proprio semplice aveva messo su un’immagine dell’università come in un covo di comunisti, quasi fosse una politica della scuola mandare gli studenti a combattere nella giungla.

Fa ridere e allo stesso tempo infuriare tanto da farci porre la domanda se i militari abbiano perso il proprio senso della storia, o la loro mente.

Una ripercussione potrebbe di fatto portare all’opposto delle loro intenzioni, di impedire ai ragazzi di diventare dei rossi.

I militari sono riusciti a creare maggior imbarazzo per se stessi quando hanno proposto una lista di studenti della UP che, secondo loro, sarebbero stati membri della guerriglia comunista NPA e che ora sarebbero morti oppure sarebbero stati catturati dalle forze armate.

campus universitario UP caccia ai rossi

Sfortunatamente almeno otto di coloro che sono nella lista sono ancora vivi, alcuni dei quali personalità pubbliche importanti, e nessuno di loro membri del NPA, né ora né mai.

L’università, che fu una creazione del regime coloniale americano, è conosciuta come la culla dell’attivismo studentesco ed una zona della libertà accademica, un privilegio in un paese dove la maggior parte delle scuole private sono gestite da enti cattolici. Intende generare il meglio per la costruzione della nazione ma ma nei decenni ha visto i propri prodotti diventare capitalisti, rappresentanti corrotti nel governo e fascisti.

Sono finiti i giorni quando il fuoco del movimento vide gli studenti condurre massicce dimostrazioni che minacciavano il governo, come fecero agli inizi degli anni 70 quando Ferdinando Marcos alla fine dichiarò la legge marziale regnando mediante il terrore fino alla sua cacciata dal potere nel 1986.

Sta cercando il potere militare di tornare a quel passato? Non ha imparato che fu la legge marziale a generare l’insorgenza?

L’insorgenza perse lentamente terreno negli anni successivi alla dittatura quando l’illegale partito comunista filippino si divise in due fazioni.

Non si può escludere che suoi membri provino a reclutare studenti non solo dal campus principale ma anche dalle altre scuole.

Nel clima attuale che si respira nella UP forse sono in competizione con altre greggi come i gruppi religiosi, le fratellanze, o persino gli studenti coreani che cercano dei tutori di lingua inglese.

Ho conosciuto ufficiali militari che prendono la loro laurea. Talvolta li incontro quando fanno il loro jogging o le corse in bici attorno al campus universitario. Li incontro nei ristoranti che sono preferiti dalla sinistra e si salutano amabilmente. Abbiamo lunghe discussioni nei caffè e nessuno ci importuna.

Questo campus universitario è un’icona di libertà e anche di tranquillità, e resta in quel modo.

Dove altro si può andare per un attimo di tranquillità in una metropoli piena letteralmente di rumori e per una franca discussione su di tutto sotto quegli splendidi archi di antichi alberi di acacia? Dove altro si potrebbe godere per tutto l’anno di concerti poco costosi di musica classica e della sfilza di luci colorate prima del Natale?

Tutto questo si fermò quando la pandemia ha colpito quasi un anno fa.

Nei miei giri in bici alla ricerca di qualcosa da mangiare sulla periferia del campus universitario vedo costruzioni della scuola che furono usate temporaneamente per ospitare chi ha lavorato contro la pandemia ed altri come ricoveri di quarantena. Gli scienziati dell’Università elaborarono dei kit di controllo per la pandemia che il governo ignorò.

Il governo non riuscì neanche ad agire in modo unito quando si trattò di fare i controlli di massa ed il tracciamento, mettendoci in una serrata delle più lunghe e severe al mondo i cui effetti sono da discutere.

Le Filippine sono il secondo paese del Sudestasiatico per il più alto numero di casi di Coronavirus. Il paese si dibatte ancora per capire come accedere ai vaccini mentre la sicurezza del presidente si è trovata in uno scandalo per essere stati vaccinati segretamente ed illegalmente.

E in tutti questi mesi di quarantena, virtualmente imprigionati nelle nostre case, le libertà ci venivano strappate via. La più importante fu la chiusura della rete televisiva ABS-CBN a maggio.

Era la sola stazione televisiva capace di raggiungere i villaggi remoti del paese. Ed ora questa storia con l’università. Non se ne andrà presto.

Il ministro della difesa Delfino Lorenzana ha paragonato il campus alla zona demilitarizzata della Corea distorcendo di fatto l’immagine dell’università che si trova a meno di dieci chilometri dal suo quartier generale, nel cui mezzo ci sono tantissimi centri commerciali, condomini e ristoranti.

E’ quel tipo di propaganda che probabilmente si ritorcerà per svelare l’intenzione di fare di questa parte della campagna in corso dei militari di individuazione dei rossi qualcosa di simile all’era McCarthy dei decenni passati.

Nel giorno dell’annuncio soldati armati in mimetica si sono diretti al campus universitario nei loro camion presumibilmente per un’operazione civile e militare ad aiutare a piantare verdure per la pandemia.

Si sono viste così tante volte nelle aree di conflitto questo genere di operazioni ma questa fa proprio ridere.

I militari si sono coperti di ridicolo con le loro mani. Ma se ci provano di nuovo come accadde nei giorni della legge marziale a distruggere la santità della libertà accademica, sarà un invito a conseguenze nefaste

Criselda Yabes, Asia Sentinel

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