La Cambogia vuole costruire il canale Funan Techo per tagliare costi di trasporto e legami di dipendenza dal Vietnam con soldi cinesi
Dalla propria casa sulle rive del fiume Mekong ad un’ora di strada da Phnom Penh, Mao Sarin può guardare i portacontainer avanzare lentamente verso il gigantesco delta in Vietnam.
Se il governo del nuovo premier Hun Manet dà seguito ai progetti, le prossime navi potrebbero spostarsi lungo un canale finanziato dalla Cina del valore di 1,7 miliardi di dollari che passerebbe proprio dove si erge la casa dal tetto in lamiere di Sarin.
Il Canale Funan Techo connetterebbe direttamente Phnom Penh ai porti cambogiani sul golfo di Thailandia con una scorciatoia che taglia fuori la postazione tradizionale del Vietnam sulla foce del gigantesco fiume asiatico.
“Ho visto arrivare qui una ventina di volte per prendere le misure il gruppo di progettazione. Viviamo con il fiato sospeso” racconta Sarin, un exsoldato che lavora come tassista e che vive lungo il fiume da oltre 30 anni.
Anche Hanoi vive con il fiato sospeso per questo canale e per gli effetti potenziali sul Delta del Mekong, dal momento che non ci sono valutazioni di impatto ambientale disponibili per questo canale che fa parte degli investimenti ambiziosi cinesi in progetti infrastrutturali in Asia.
Mentre le imprese statali cinesi si sono ritirate dalle promesse di finanziamento di grandi aeroporti in Cambogia, Manet ha fatto appello alla Cina perché mantenesse gli investimenti su grandi progetti come il canale di Funan Techo.
La controversia sul Canale riflette anche le più profonde tensioni geopolitiche perché la Cambogia prova ad allontanarsi dalla dipendenza dalle grandi vie commerciali controllate dal Vietnam, incrinandone il suo peso regionale, mentre allo stesso tempo accresce l’influenza cinese nel Mekong meridionale.
Gli interessi economici cambogiani restano molto legati al Vietnam che considera il regno un partner strategico speciale. Il Vietnam è il secondo maggior partner commerciale dopo la Cina, ed il commercio tra i due paesi valeva oltre 6 miliardi di dollari nel 2023. Il Canale perciò potrebbe diventare una linea di faglia tra i due paesi nel mezzo delle polarità crescenti nella regione.
Chhengpor Aun del centro cambogiani Future Forum ha descritto il canale come la realizzazione di un immaginario nazionale, perché affronta una profonda ferita psichica della Cambogia causata dalla perdita percepita dell’intero Delta del Mekong quando l’area era formalmente unificata con il Vietnam sotto il colonialismo francese nel 1949.
Il nome del Canale Funan Techo, deriva dall’antico regno di Funan che si estendeva anche nel Vietnam meridionale ed è visto come un precursore dell’impero Khmer. Il canale ufficialmente è conosciuto come Via Navigabile Tonle Bassac e Progetto di sistema logistico.
I piani cambogiani mostrano un canale a due corsie largo cento metri che dovrebbe essere operativo nel 2028 che fa un percorso dalle rive del Mekong del Porto Autonomo di Phnom Penh prima di tagliare attraverso il fiume Bassac e continuare per 180 chilometri fino alla provincia sud occidentale di Kep.
Il ministro dei trasporti cambogiano Peng Ponea ha affermato che i lavori del progetto inizieranno alla fine del 2024 anche se non sono ancora terminati gli studi di fattibilità iniziati ad ottobre scorso dalla impresa cinese China Road e Bridge Corp.
Nella provincia di Kep, nel punto previsto di arrivo del canale, lungo una passerella che sovrasta un gruppo di pescatori locali, c’è poco da pensare agli ambiziosi piani in corso. Questi servirebbero un porto d’altura di lunga data all’interno della zona economica speciale di Kampot, sonnolenta e piena di pascoli di mucche e risaie.
Un po’ più giù nella strada, una striscia di terra battuta non segnalata si protende nel mare, affollata di camion che riempiono il terreno per un porto in costruzione da 1,5 miliardi di dollari dal maggio 2022 dalla Kampot Logistics and Port Company. L’anno scorso, China Harbour Engineering, una filiale di CBRC, ha firmato un contratto per contribuire alla costruzione del porto.
Il governo cambogiano e i grandi magnati inquadrano questo canale in una maggiore revisione logistica utile a ridurre i costi di spedizione fino al 30% che aiuta il regno ad essere più competitivo nei maggiori settori di esportazione come l’industria delle confezioni.
Come nota però Sothearak Sok del Center for Southeast Asia Studies, c’è una retorica di reclamo di sovranità, quello che Hun Manet descrive come “respirare con il nostro naso”.
Nella visita di Hun Manet in Vietnama dicembre, Hanoi ha sollevato la problematica ambientale dopo essere succeduto al padre Hun Sen. Un importante uomo di stato cambogiano ha detto ai media locali che la visita includeva una presentazione dei “risultati di vari studi” che confermerebbero che “non ci sono impatti sull’ambiente”, studi che non sono stati resi pubblici.
Ad agosto scorso, quando Hun Manet arrivò al potere, la Cambogia notificò al segretariato della Commissione del Fiume Mekong dei piani di costruire un canale “sul fiume tributario del Mekong” dicendo che l’impatto sarebbe limitato alla polvere e ai rumori della costruzione.
L’esperto americano Brian Eyler del Stimson Center ha sostenuto che non si può negare che il canale avrà degli effetti sul corso del Mekong vedendo le mappe presentate al MRC dalle autorità cambogiane e che gli impatti saranno enormemente maggiori di quanto affermato dalla Cambogia.
Secondo l’Accordo del Mekong del 1995, i progetti che influenzano il flusso principale del fiume devono sottostare ad una revisione tecnica da parte della MRC e ricevere input dai paesi membri come Vietnam, Laos e Thailandia. Il segretariato del MRC ha detto a ANR di “aver richiesto e di essere in attesa di maggiori informazioni dalla Cambogia”.
Senza precauzioni sufficienti dice il ricercatore dell’Università di Can Tho, Pham Dang Tri Van, il canale potrebbe cambiare del tutto gli allagamenti naturali, accrescere la salinità dell’acqua e alterare il flusso dell’acqua nel motore agricolo ed economico del Delta del Mekong che già vive gravi criticità ambientali.
La sintesi della valutazione dell’impatto ambientale fornita dalla Cambogia al Segretariato del MRC afferma che l’uso di tre chiuse insieme al canale garantirà un “controllo efficace” del deflusso dell’acqua per evitare cambiamenti significativi nel flusso del Mekong.
Sono poche le informazioni pubbliche disponibili su come la Cambogia intenda mitigare altri impatti, come l’interruzione delle pianure alluvionali naturali del Delta del Mekong e gli sfratti delle persone che vivono lungo il percorso del canale. Le autorità cambogiane hanno rimandato Nikkei alla loro presentazione al Segretariato del MRC.
Un portavoce del ministro degli esteri vietnamita ha detto a NAR che Hanoi sostiene lo sviluppo socioeconomico dei vicini, ma ha chiesto alla Cambogia di “collaborare strettamente” per condividere informazioni sull’impatto del progetto sul Delta del Mekong “per assicurare gli interessi in armonia dei paesi lungo il fiume e la gente del posto”.
Il presidente dell’Accademia Reale, Sok Touch, scienziato di punta del governo cambogiano, ha lasciato intendere che la vera paura del Vietnam è la perdita di controllo sulla Cambogia e che Hanoi dovrebbe farsi gli affari suoi.
“Guardate il Vietnam! Trasportano il riso attraverso un sistema di vie d’acqua. Ci hanno mai detto prima che stanno per scavare? No, non ce lo dicono mai”, ha detto Touch ai media allineati allo Stato a gennaio. “Per favore, abbiate pietà di noi Khmer! Quello che faremo noi Khmer non riguarda voi vietnamiti”
L’analisi di Nikkei dei social media e dei registri aziendali indica che Kampot Logistics and Port, l’azienda cambogiana che sta lavorando al porto d’altura di Kampot, è controllata dal magnate Try Pheap, sottoposto a sanzioni statunitensi, che ha costruito un impero illegale del legname ed è stato collegato al traffico di esseri umani. Sebbene il magnate non figuri tra i direttori o i proprietari di Kampot Logistics, l’anno scorso ha partecipato in prima fila alla cerimonia di firma del contratto di costruzione con il promotore cinese dell’impresa e in precedenza aveva riconosciuto l’intenzione di costruire un porto d’altura nell’area.
Più a monte di Kampot, il nuovo canale consentirebbe un facile accesso da e verso la Zona Economica Speciale di Sihanoukville, destinataria di importanti investimenti cinesi nell’ambito della Belt and Road Initiative, e il porto autonomo di Sihanoukville, che gestisce la maggior parte delle importazioni e delle esportazioni cambogiane. Nelle vicinanze si trova la controversa base navale di Ream, che sta ricevendo un ammodernamento finanziato dalla Cina, visto con timore dagli Stati Uniti come prova del suo ruolo di futura base dell’Esercito Popolare di Liberazione, una prospettiva che la Cambogia ha ripetutamente negato.
Alcuni commentatori vietnamiti e americani esprimono preoccupazioni sul canale che potrebbe essere oggetto ad essere usato per scopi militari da Pechino sebbene non ci siano indicazioni che questa sia l’intenzione del progetto.
Chi propone il canale sostiene che sarà un modo più veloce e più economico della ferrovia o della strada. Ma le navi oceaniche che arrivano ai porti costieri, dice il presidente Sin Chantly di Cambodia Logistics Association, avranno ancora bisogno di scaricare i container sulle chiatte capaci di trasportare fino a 1000 tonnellate lungo il canale profondo quasi 5 metri nella stagione delle piogge.
Khac Giang Nguyen, ricercatore vietnamita dell’ISEAS-Yusof Ishak Institute di Singapore, ha dichiarato di non ritenere che l’economia vietnamita subirà un impatto significativo dal canale “dati i volumi commerciali relativamente ridotti”, ma ha affermato che “non è saggio avanzare frettolosamente un progetto così importante senza comprenderne appieno i potenziali impatti”.
Altri analisti vietnamiti hanno sostenuto che Hanoi mantiene una certa influenza sulla Cambogia, sottolineando che le navi che trasportano più di 1.000 tonnellate continuerebbero a fare affidamento sui porti vietnamiti per risalire la corrente del Mekong.
In passato Hanoi ha fatto ricorso al controllo del Delta meridionale del Mekong negli scontri con Phnom Penh, bloccando anche il traffico navale lungo il fiume per diversi mesi nel 1994. Nel 2009, Cambogia e Vietnam hanno firmato un trattato che consente la libertà di navigazione lungo il Mekong.
Per il ricercatore cambogiano Aun, il canale significherebbe “che la Cambogia potrebbe reclamare un certo grado di autonomia economica – e anche politica – dal vicino orientale [Vietnam]”. Allo stesso tempo, però, l’autonomia verrebbe ritardata dal fatto che la gestione del canale rimarrebbe nelle mani di Pechino per più di cinque decenni, nell’ambito del modello di finanziamento “Build-Operate-Transfer”.
In patria, il premier cambogiano Hun Manet ha difeso il prezzo del progetto dicendo all’opinione pubblica che il governo “non ha preso in prestito denaro dalla Cina per costruire il canale”, sottolineando che il costruttore cinese si assumerà il rischio finanziario.
Ma con il rallentamento dell’economia cinese, dice Murray Hiebert, analista del think tank Center for Strategic and International di Washington, hanno espresso dubbi sul fatto che il progetto sarà effettivamente realizzato, almeno nei tempi ambiziosi previsti da Phnom Penh.
“Non vedo come il Canale possa dare tanti benefici a Pechino. Non riesco ad immaginare che vogliano mettere 1,7 miliardi di dollari per costruirlo nei prossimi 4 anni”.
Sia l’impresa di stato CRBC che l’ambasciata cinese a Phnom Penh non hanno risposto a richieste di commenti in merito.
Tuttavia, la Cambogia sembra decisa a far avanzare il canale e negli ultimi sei mesi ha inondato i media allineati allo Stato con pubblicità sul canale e rassicurazioni al Vietnam. Per costruire il canale, l’amministrazione Manet dovrà “spingere [contro] la linea di non ritorno nelle relazioni bilaterali con il Vietnam”, ha dichiarato l’analista Aun a Nikkei.
“Destreggiarsi tra Cina e Vietnam non è un compito facile per la Cambogia sotto la nuova leadership”, ha detto. “La strada da percorrere sta diventando sempre più rocciosa e rischiosa”.
Anche per Mao Sarin e i suoi vicini che vivono lungo il percorso proposto per il canale, il futuro è incerto, in attesa di un probabile sfratto. Sarin non è ottimista sulla possibilità di ricevere un risarcimento equo e dice di non aver ancora sentito nulla di concreto dalle autorità.
“È un progetto del governo, quindi il nostro destino è a loro discrezione. Ci può essere chiesto di trasferirci o di essere sfrattati – se così fosse, la gente non è sicura di dove vivere”, ha detto Sarin. “Dove c’è sviluppo, c’è anche una persecuzione ingiusta”.
Jack Brook, NAR