La signora Chiranuch Premchaiporn, editrice del giornale online thailandese Prachatai è attualmente sotto processo per aver violato la legge thailandese sui crimini informatici.
Avrebbe permesso, a detta dell’accusa, la pubblicazione di alcuni commenti, seppur temporaneamente e rimossi dopo qualche giorno, contro la monarchia postati in un forum del giornale online durante i mesi caldi di aprile maggio del 2010.
La Chiranuch Premchaiporn rischia fino a 50 anni di carcere, ed ha rischio secondo molte persone è la libertà di stampa stessa.
Non solo è colpevole chi esprime un pensiero contro la monarchia, ma anche chi l’ospita sul proprio blog anche se non ne condivide il punto di vista.Intervista a Chiranuch Premchaiporn, editore del Prachatai.com apparso su New Mandala, 9 febbraio 2011
La Thailandia e la libertà di stampa
“Quando parliamo di libertà di stampa in Thailandia, in realtà è quasi controllata dallo stato e manipolata dalle gruppi economici dell’informazione. Se si parla di notizie e di politica non si può esprimere una critica vera, su quello che ha fatto il governo, nel bene e nel male. La maggioranza dei media in Thailandia sono di proprietà dei militari o dello stato. E’ un problema di proprietà.
Un altro problema sono i programmi principali dei media, simile a quelli che si trovano in altre parti del mondo; media che lavorano sull’intrattenimento, che non rispettano il bisogno della gente di un’informazione … di avere un giudizio vero della società.
E parlando dei giornali stampati, essi hanno una organizzazione molto forte… possono dire di più, sono più liberi dei media radio televisivi. Hanno associazione a protezione dei loro giornalisti. Il problema essenziale, a mio avviso, è che i media principali non sentono di aver bisogno di protezione dallo stato, specialmente con l’attuale governo. E tuttavia la autocensura è estesa. Specie se si parla di alcuni temi, quali i militari e la monarchia.
In Internet, ci sono molte più forme nuove di media che non lavorano nel modo tradizionale. Quando persone che non sono giornalisti si sentono disillusi, o arrabbiati, cominciano ad usare internet come una nuova piattaforma, un nuovo canale dove ricercare informazioni su problemi che nei media tradizionali sono stati distorti. Internet è considerata in Thailandia una nuova piattaforma in cui la gente può interessarsi di più alla politica, al diritto di esprimersi.
Questo tipo di fenomeni è accaduto da quando sono iniziati i movimenti anti Thaksin. Questi gruppi usavano Internet come una piattaforma per promuovere il loro movimento con molto successo. Poi, dopo il golpe, il governo si è preoccupato di questo mezzo e media nuovo, territori che avevano bisogno do controllare.
Durante il periodo di Thaksin, non avevamo problemi nel fare il nostro lavoro. Anche se cominciammo in un periodo in cui pensavamo che i media sotto Thaksin fossero inaccettabili, avevamo bisogno di notizie ed informazioni indipendenti e d alternative. Non avevamo i problemi degli altri media forse perché si era ancora agli inizi.
Noi scrivemmo del massacro a Tak Bai nel sud di cui i media principali non parlarono a quel tempo. Provammo a fare un’indagine giornalistica. Ma non ricevemmo alcuna minaccia o intimidazione dai militari o dallo stato. Le minacce che abbiamo ricevuto sono arrivate dopo il golpe del 2006. La prima volta che fummo contattati dalla polizia, compreso il ministero, venne nell’ottobre 2006 e sta continuando da allora.” ha detto Chiranuch Premchaiporn
Sul processo legale
“Hanno cercato di mettermi paura con la legge, col processo che ora affronto. Nella legge del Crimine Informatico del luglio 2007, l’articolo 15 parla dei service providers che possono essere accusati per conto di quelle persone che commettono un reato in base all’articolo 14. Quando la legge fu approvata, nonostante non fossi d’accordo, la studiai. Credo che ci sono alcune parti della legge che possono minare la libertà di espressione e, allo stesso tempo, minare la crescita economica nel campo delle tecnologie informatiche in Thailandia. Ma credo anche, per come capisco la legge, di essermi attenuta alla legge stessa. Non l’ho violata, sia che mi piaccia o meno. Non mi attendevo di essere accusata ma ero preoccupata che gli utenti potessero essere accusati in base ad essa. Ma è successo ….
Questa è un’intimidazione fatta attraverso un processo. E per il modo con cui mi hanno trattata, non so perché abbiano avuto bisogno di un mandato di arresto. Ho un ufficio. Prachatai apertamente produce dove noi viviamo, lavoriamo, dove è facile contattarci. Sono una persona facilmente rintracciabile… Non so perché abbaino voluto far credere il contrario. Anche quando ero un’attivista, ero coinvolta in manifestazioni, movimenti, dimostrazioni… Non mi aspettavo che potesse accadermi qualcosa del genere. Ho un mandato di arresto, in mio nome come un criminale. Credevo che, come media, abbiamo cercato di essere rispettosi, di attenerci alla nostra professionalità. Ne avevamo proprio bisogno”
Cosa ti aspetti dal processo
“Giustizia. Credo ancora che esista la giustizia nella società Thailandese. Credo che ci piaceva credere di vivere in una società libera e aperta, forse tanto tempo fa. Credo nella gente, nei sentimenti delle persone della nostra società. Che non stiamo crescendo in una società totalmente controllata. Abbiamo alcune esperienze da poter esprimere liberamente, fino al punto che incontriamo alcune difficoltà di espressione… la gente, il pubblico ha la capacità di dirigere anche la nazione.”
Il futuro del tuo giornale, il Prachatai
“Questa è una domanda ostica. Siamo preoccupato per le nostre finanze, come autosostenerci. Ma anche come continuare a fare il nostro lavoro e riempire gli spazi nella nostra società, per dare quanti più benefici alla nostra società. E di questo c’è bisogno di discutere… Non possiamo parlare e prendere decisioni per tempi lunghi, cinque o dieci anni, perché la situazione in Thailandia è molto incerta specie sulla direzione che la nostra società sta prendendo. Ma abbiamo ancora bisogno di essere quanto più possibile giusti, al momento attuale. La sfida è come mantenere la nostra forza.
Il nostro gruppo è abbastanza giovane e lavoriamo in modo molto differente da come si fa nei media principali. E’ un piccolo gruppo… non assegniamo un lavoro per vie gerarchiche, ma per via orizzontale. Lavoriamo in modo molto democratico anche se talvolta la democrazia è anche inefficiente. Ma non crediamo nella democrazia e dobbiamo mostrarlo nel nostro modo di lavorare. La democrazia non è perfetta, è confusione. Ma devi lavorarci sopra.
Siamo sopravvissuti. Anche nel passato, quando è stato più difficile. Così credo che possiamo farcela. Sono felice di avere sostegno finanziario per le mie spese legali, separate dal Prachatai…Ci sono persone che vogliono sostenermi.
Se credo nella liberà di internet… credo che controllare internet vada nella direzione sbagliata, che minerà internet stessa… il concetto di internet è la sua apertura. Ma questo non implica che non si abbia bisogno di qualcosa che la controlli. E’ un media di nuovo tipo, che introduce nuove culture, comunità, altre società; forse internet è una società. Questi tipi di società hanno necessitano esperienza, di trovare le proprie norme, di trovare qualche accordo di consenso… non si tratta di un dittatore che controlla tutto. E’ una società e questa è un’opportunità affinché la nostra società impari, per costruire il nostro consenso e le nostre norme.
Sul forum aperto di Prachatai.
“La gente vuole parlare di politica, dei sentimenti anti totalitari, di competenza o incompetenza del governo, di criticare l’autorità. Quando il nostro forum divenne più popolare eravamo già al dopo golpe. E non c’erano spazi per esprimere le proprie preoccupazioni o le proprie idee. Il golpe dovrebbe essere un argomento accettabile e la gente ha il diritto di criticarlo. Fu questo a rendere Prachatai più popolare, non escludavamo le persone….
Iniziammo in lingua thai. Questo potevamo fare. Eravamo preoccupati di come poter essere una fonte di notizie per il pubblico thai indipendenti ed alternative; i media usuali non rappresentano questa voce.
Credo sia importante che la gente sia ascoltata anche se pensano di non essere ascoltai nei media principali…. I media tradizionali credono di dover ascoltare solo i grandi nomi, le persone importanti. Ma poer noi è importante ascoltare la gente.
Per il Prachatai quindi il dovere è di riempire questi spazi vuoti, di argomenti e di prospettiva. Abbiamo il dovere di lavorare per la gente. Dovrebbe essere che la gente possa usare i media. Se la gente vuole essere ascoltata dovremmo essere i loro canali, i loro strumenti di accesso. Questo è il lavoro importante del Prachatai.
In base alla mia esperienza, quando lavoravo sull’AIDS era un tema di sensibilità, sensibilità di genere, di pregiudizio, di stigmatizzazione. Imparai che era importante per la gente di parlare con la propria voce, far ascoltare i propri problemi. Non è che siccome uno conosce di più deve parlare sempre. Anche i membri della società devono parlare.
Dopo il golpe iniziammo con la traduzione inglese del Prachatai. Sapevamo già che c’erano persone che non parlavano thailandese ma che erano interessate alle questioni della nazione.
Nei giornali di lingua inglese qui presenti, ci sono cose che mancano ma che noi proviamo ad affrontarle. Ma in Inglese abbiamo solo una parte del gruppo di lavoro. Abbiamo contributi ma non ce la facciamo a coprire tutte le notizie giornaliere come fanno Nation oppure Bangkokpost. Proviamo a scrivere su questioni che non sono molto trattate, come la libertà di espressione, la lesa maestà….
Ci sono molte storie apparse sul Prachatai di vado fiera. Gli articoli durante il periodo del massacro di Tak Bai, sulla situazione nel profondo sud in quel momento quando nessuno ascoltava la gente… Nessuno veniva a chiedere testimonianze, di chi era ancora vivo, negli ospedali e nei villaggi, di cosa succedeva.
Ma lo facevano i nostri articoli anche se era pericoloso. Credo che questo è qualcosa di meraviglioso di cui andare fieri. Inoltre, durante le proteste dello scorso anno, alcuni dei problemi affrontati dal Prachatai erano le voci della gente; provavamo a chiedere delle loro motivazioni per unirsi alle proteste, delle loro aspettative. Sia che si sia d’accordo o in disaccordo, dobbiamo ascoltare, specie se sono la voce di chi non è mai stato prima coinvolto nella politica, del perché non rimangono silenziosi. Questi sono temi importanti. Dobbiamo ascoltare la gente.
Talvolta siamo stati criticati come media delle “magliette rosse”, ma noi rappresentiamo la voce della gente, indipendentemente dal loro colore. Hanno una loro testa, una loro volontà. Queste sono le storie che dobbiamo ascoltare.”