E’ ancora lì la cicatrice di Tak Bai nel corpo del meridione thailandese che non riesce mai ad essere sanata
L’8 novembre scorso Adilan Ali-ishak, già parlamentare per la provincia di Yala, in qualità di rappresentante del Centro degli Avvocati Musulmani, ha presentato una lettera alla commissione parlamentare della Legge, Giustizia e Diritti Umani, in cui chiede che la commissione monitori e tratti i casi legali dell’incidente di Tak Bai, dal momento che i 20 anni di prescrizione per i casi scadono entro meno di un anno.
L’incidente o massacro di Tak Bai accadde il 25 ottobre del 2004 ed è il caso più noto nel conflitto delle province meridionali thailandesi a Patani.

Dopo il caso di varie bombe fatte detonare il 4 gennaio 2004, l’intera regione fu posta sotto la legge marziale. La situazione era già peggiorata quando questo massacro accadde. Le tensioni tra le autorità e la popolazione musulmana di etnia malese peggioravano ancor di più a causa delle dilaganti detenzioni arbitrarie sotto la legge marziale.
L’incidente di Tak Bai iniziò con una dimostrazione della popolazione musulmana di etnia malese di fronte alla stazione di polizia che chiedeva il rilascio di sei volontari della difesa del villaggio. Essi si erano recati volontariamente alla stazione di polizia per denunciare il furto delle loro armi e poi erano stati denunciati dalla polizia stessa di aver ceduto le armi agli insorti.
Il numero dei manifestanti cresceva fino al punto che la situazione sfuggì quasi al controllo. L’esercito decise di disperdere i manifestanti con la forza bruta. I soldati lì impiegati spararono ai manifestanti uccidendone sette sul posto.
Dopo aver sottomesso i manifestanti, a tutti i maschi (circa 1.300 in totale) fu ordinato di prostrarsi a terra e furono tolte loro le camicie. Poi furono legate le mani dietro la schiena e costretti a strisciare verso i camion militari, dove furono ammassati uno sull’altro come tronchi, in cinque o sei strati.
Furono portati per l’interrogatorio a Fort Ingkhayutthaboriharn, nella provincia di Pattani, a più di 140 chilometri da Tak Bai in un viaggio durato cinque ore che causò la morte per soffocamento di 78 persone.
Nonostante il numero così alto di persone uccise dalle forze di sicurezza statali, sorprendentemente nessun funzionario statale è stato finora accusato di queste atrocità. Thaksin Shinawatra, primo ministro all’epoca dei fatti, in un programma di Club House sull’incidente del 25 ottobre 2022, invece di riconoscere le proprie responsabilità, disse al pubblico di chiedere a Prawit Wongsuwon, l’allora comandante in capo dell’esercito.
Prawit, il giorno successivo, quando gli è stato chiesto se Thaksin avesse fatto il suo nome, ha detto ai giornalisti di chiederlo a Thaksin. Surayud Chulanont, nominato Primo Ministro dopo il colpo di Stato militare che estromise Thaksin, si scusò per le malefatte del governo precedente senza però riconoscere alcuna responsabilità dell’esercito.
Finora non c’è stata alcuna iniziativa politica per attribuire la responsabilità dell’incidente.
Si sono fatte indagini sulla morte innaturale dei manifestanti, ma i tribunali si sono limitati a concludere l’inchiesta affermando che sono morti per mancanza di ossigeno. Non sono state formulate accuse penali nei confronti di alcun agente responsabile della repressione.
Le famiglie delle vittime potrebbero citare in giudizio lo Stato ed ottenere un risarcimento, ma il governo ha versato un’ingente somma di denaro, al massimo 7,5 milioni di baht, come “sanatoria”. Inoltre, molte famiglie sono rimaste così traumatizzate dall’incidente da essere riluttanti ad affrontare lo Stato per chiedere giustizia.
Pertanto, questo incidente è ancora coperto dalla cultura dell’impunità, come molte altre brutali repressioni di assemblee di dissidenti politici, come il 6 ottobre 1976, il Maggio Nero nel 1992 e la repressione delle Camicie rosse nel 2010.
In tutti questi episodi, compreso quello di Tak Bai, i civili sono stati uccisi dalle forze di sicurezza dello Stato, ma nessuno è mai stato punito legalmente.

La repressione a Tak Bai fu anche strategicamente controproducente. Un capo politico del BRN disse allo scrivente della difficoltà a reclutare giovani prima di Tak Bai.
“Anche se raccontavamo di continuo le atrocità commesse dallo stato siamese, i giovani musulmani di etnia malese non riuscivano a visualizzarsele. Era un processo così stancante reclutare un giovane. Dopo l’incidente di Tak Bai non dovevamo più spiegare quanto crudele fosse lo stato siamese. Lo avevano visto a Tak Bai e ci cercavano per unirsi alla nostra lotta”
Il 25 ottobre di ogni anno si svolgono gli eventi commemorativi dell’incidente, come forum pubblici, dibattiti, mostre d’arte, ecc.
Negli ultimi due anni, il numero di questi eventi è aumentato, probabilmente perché il 25 ottobre 2024 scade il termine di prescrizione di 20 anni.
È altamente improbabile che l’attuale coalizione di governo, che comprende sia il partito di Thaksin che quello di Prawit, prenda un’iniziativa politica per specificare le responsabilità di questo incidente. È altrettanto improbabile che le famiglie delle vittime, che sono traumatizzate e hanno ricevuto il denaro per il “risarcimento”, intraprendano un’azione legale. Inoltre, la stessa neutralità del sistema legale in questa regione è sempre stata messa in discussione.
Il caso più eclatante è stato il tentato e poi riuscito suicidio di Khanakorn Pianchana, un giudice anziano della Corte Provinciale di Yala, che ha lasciato il messaggio “Restituite i verdetti ai giudici, restituite la giustizia alla gente”, che indica con forza che ci sono state interferenze politiche nell’indipendenza dei tribunali.
In breve, non ci sono molte speranze che sia fatta giustizia per i musulmani di etnia malese delle province di confine meridionali.
Tuttavia, se non si affronterà seriamente questo problema, rimarrà un enorme ostacolo alla giustizia di transizione per risolvere il conflitto. La cultura dell’impunità nelle province di confine meridionali è protetta da leggi speciali draconiane, che sono una ricetta quasi perfetta per le violazioni dei diritti umani.
Finché la cicatrice di Tak Bai non sarà trattata adeguatamente, l’instaurazione di una pace autentica o positiva in questa regione sarà ancora molto lontana.
Hara Shintaro, Prachatai.com