La classificazione di terrorista data dal governo indonesiano alla lotta armata per l’Indipendenza a Papua rischia di accrescere ulteriormente il conflitto in una regione che da tanto tempo si dibatte con la questione del separatismo.
Il Movimento di Papua Libera ha risposto immediatamente minacciando di “sterminare” le forze di sicurezza ed i civili migrati a Papua se il governo continuerà con questa politica.

Fa tempo la violenza è una caratteristica nel territorio che fu annesso dall’Indonesia nel 1969.
Uno scontro a fuoco di una settimana fa tra l’Esercito di Liberazione Nazionale di Papua Occidentale, TPNPB, braccio armato dell’organizzazione di Papua Libera OPM, e le forze di sicurezza indonesiane ha visto la morte del generale Karya Nugraha, a capo dell’Agenzia di Intelligence di Papua del governo.
“Se l’Indonesia continua il proprio programma di terrore e genocidio contro la popolazione civile di Papua Occidentale, come ha fatto per quasi 60 anni, senza che la comunità internazionale intervenga” ha detto Amatus Akouboo Douw del consiglio diplomatico del OPM “i combattenti dell’indipendenza annunceranno una campagna per annientare non solo l’occupazione militare illegale indonesiana, ma anche i migranti illegali giavanesi e altri indonesiani che continuano a rubare la sacra terra e le risorse della popolazione papuana occidentale”.
Il ministro indonesiano degli interni Mahfud ha annunciato di recente che i gruppi separatisti armati a Papua come anche i suoi membri e sostenitori, che il governo chiama gruppi criminali armati, sono terroristi.
Ha detto che il governo ha chiesto ai rappresentanti delle agenzie di stato come il BI, la polizia, l’esercito, compresa l’antiterrorismo della Densus 88, “di intraprendere azioni immediate, decisive e misurate”.
Nei fatti gli atti di violenza a Papua sono anche commessi dalle forze di sicurezza. Secondo Amnesty International, da febbraio 2018 a marzo 2021 sono stati commessi dalle forze di sicurezza almeno 49 casi di omicidi extragiudiziali in cui sono morte 83 persone, in gran parte civili. Vari casi di gravi violazioni di diritti umani non sono stati risolti come una tragedia del 2014 che vide la morte di cinque persone e l’incidente di Wamena del 2003 quando morirono nove civili.
Papua era una excolonia olandese che fu dichiarata parte dell’Indonesia con un referendum del 1969 in cui votarono oltre mille rappresentanti scelti dai militari e governo indonesiani votarono dichiarando quest’area ricca di risorse naturali parte dell’Indonesia.
Sebbene il voto fosse stato riconosciuto dalla comunità internazionale, molti papuani lo rigettarono perché lo ritennero fraudolento. Da allora ardono le lotte separatiste in questa provincia.
I papuani indigeni sono razzialmente differenti dalla maggioranza della popolazione indonesiana e più affini ai Melanesiani come i cittadini della confinante Papua Nuova Guinea o come le nazioni isolane delle Fiji e Vanuatu.
I papuani sono spesso discriminati razzialmente e lo sviluppo è stato lento, particolarmente durante la dittatura di Suharto, mentre continua lo sfruttamento delle risorse naturali tra cui la maggiore miniera di oro al mondo di Grasberg gestita dal gigante statunitense Freeport McMoRan.
Gli sforzi di vari governi di sviluppare Papua con i grandi finanziamenti dei fondi di autonomia speciale non sono riusciti a soffocare il desiderio di indipendenza.
Il presidente Joko Widodo ha provato a conquistare il popolo papuano con una serie di visite nella provincia al contrario dei suoi predecessori, liberando anche cinque prigionieri politici nel suo primo mandato senza giungere a molto.
Il gran numero di migranti dalle altre isole, come Giava, ha accresciuto altri problemi e preoccupazioni per cui i Papuani indigeni diventeranno una minoranza nella loro patria. Il sentimento contro i migranti espresso da gruppi a favore dell’indipendenza ha acceso spesso violenze come quelle del 2003 a Wamena in cui le forze indonesiane costrinsero con la forza a spostare la popolazione indigena, e quella di Tolikara del 2015, quando le forze di sicurezza spararono ad una dimostrazione di cristiani papuani uccidendo una persona e ferendone altre 11.
Secondo il LIPI, istituto Indonesiano di Scienze, ci sono almeno quattro cause radicali dei continui conflitti a Papua Occidentale come la marginalizzazione della società, il fallimento dello sviluppo, questioni di status politico e violazioni di diritti umani contro i Papuani.
Mahfud ha deto che l’ultima politica del governo indonesiano è fortemente sostenuta dalle forze di sicurezza, dal parlamento e dalla comunità papuana e dagli stessi capi comunità. Persino il presidente della Camera Bambang Soesatyo ha incoraggiato governo e forze di sicurezza a schiacciare gli insorti sostenendo che delle questioni di diritti umani “si può discutere in seguito”.
Il governatore di Papua comunque, Lukas Enembe, ha chiesto al governo e al parlamento di rivedere attentamente la propria decisione di classificazione di terrorista data l’insorgenza papuana, perché potrebbe fare più male che bene, accrescendo il pregiudizio contro i papuani che risiedono fuori della provincia più orientale e che non hanno associazione con i separatisti.
Il governo userà dopo la legge 5 del 2018 sulla Eradicazione di Atti criminali di terrorismo, che stipula che le autorità possono detenere chi viola la legge fino a 21 giorni senza accusa formale, cosa che è stata largamente criticata dai gruppi dei diritti umani a causa della possibilità della tortura e della perdita di diritti a comunicare con familiari o avvocati.
I militanti dei diritti umani sono preoccupati che la classificazione di terrorista si carichi di un approccio alla sicurezza che accrescerà la violenza a Papua, invece di soluzioni che rendano prioritari gli aspetti dell’umanesimo. Si teme che un approccio militare di vasta scala terrorizzerà i civili che si trovano in mezzo tra gruppi armati ed esercito indonesiano come è stato finora.
“Il governo cambia sempre l’etichetta sui gruppi armati a Papua ma i problemi sono sempre irrisolti” dice Amiruddin Al-Rahab della Commissione Nazionale dei diritti umani, Komnas HAM, il quale aggiunge che l’applicazione trasparente della legge deve essere la cosa principale e non l’etichettatura che a suo avviso potrebbe accrescere la violenza sul campo.
Il direttore del SETARA Institute, Hendardi, ha detto di credere che il governo indonesiano si trovi in un punto disperato della capacità di risolvere l’eterno problema del separatismo papuano.
Invece di costruire un dialogo tra Giacarta e Papua e ridurre l’approccio di sicurezza, il governa sottolinea la scelta violenta per gestire Papua.
“La classificazione di terrorista e le operazioni successive sono la peggiore politica di Jokowi su Papua”
Hendardi prevede che questa etichettatura porterà alla chiusura del dialogo tra Giacarta e Papua raccomandato da molti come un modo di costruire la pace. Poi ha detto che, per quanto accaduto finora, la crescita della violenza avrà un impatto diretto sui Papuani costringendoli a fuggire per la propria salvezza, perdendo entrate economiche, accrescendo l’assenteismo a scuola, peggioramento delle questioni sanitarie e ambientali etc.
Terza cosa, la classificazione di terrorista accresce l’opportunità di istituzionalizzare il razzismo e la continua discriminazione contro i papuani in generale vista la poco chiara di chi è terrorista.
“La scelta realistica per Papua è un accordo pacifico che inizi con un accordo sulla fine delle ostilità, lo stabilirsi di un dialogo e la formulazione di uno schema di sviluppo condiviso”
Ainur Rohmah, Asia Sentinel