“Le Filippine continueranno ad essere amiche a tutti e nemiche a nessuno” dichiarò il presidente Filippino Marcos Figlio all’assemblea generale dell’ONU di settembre. Da allora ha ripetutamente sottolineato il proprio impegno per una politica estera indipendente che rende prioritari gli interessi nazionali ottimizzando le relazioni on le grandi potenze.

Marcos Figlio si è diretto ad Est ed Ovest facendo otto visite all’estero in appena sette mesi di presidenza visitando le grandi capitali da Bruxelles a Pechino. Al forum economico mondiale di Davos ha rigettato il “tipo di scenario da guerra fredda dove si deve scegliere una parte o l’altra” dicendo di essere “determinato nel volerne stare lontano”
Nonostante ciò le Filippine hanno garantito agli USA accesso espanso a basi poste strategicamente sotto l’ECDA. La decisione annunciata durante la visita del segretario USA alla difesa Lloyd Austin a Manila di questo mese ha preso tanti di sorpresa sia tra gli alleati politici che tra i più critici.
E’ stata comunque la decisione più conseguenziale di Marcos Figlio dalle grandi implicazioni geopolitiche perché ha posto il paese al centro della strategia americana contro la Cina di deterrenza integrata.
Tuttavia le Filippine possono mantenere relazioni relativamente stabili con Pechino se calibra i parametri dei propri legami militari con l’Occidente. Molto dipenderà da come evolveranno le dispute nel mare cinese meridionale e la realizzazione dei piani di investimento infrastrutturale cinesi nelle Filippine.
L’apparente voltafaccia di Marcos ha acceso un dibattito sulla vera natura della sua politica estera. Per alcuni si tratta di una correzione dell’orientamento antioccidentale dell’ex presidente Duterte che non solo si rifiutò di applicare l’ECDA ma minacciò anche di porre fine al trattato di difesa con gli USA.
Altri invece si domandano dell’influenza del potere della difesa e della elite strategica del paese, come le forze armate addestrate dagli USA, i gruppi industriali che cercano investimenti migliori con l’Occidente, e l’ambasciatore in USA Manuel Romualdez che è cugino di Marcos.
Alcuni si domandano anche sull’acume strategico del presidente filippino che ha un retroterra limitato in politica estera.
Durante le elezioni Marcos sostenne apertamente la posizione di Duterte di amicizia con Pechino, citando raramente l’alleanza con gli USA e sottolineando l’importanza delle relazioni diplomatiche calde con la Cina.
Secondo tutte le indicazioni Marcos ha avuto un cambio di idea dopo essere salito al potere. Da un lato deve essere stato favorito dall’offensiva di affetto dell’amministrazione Biden che è stato il primo capo di stato estero a congratularsi con lui per la sua vittoria elettorale.
Appena dopo, il vice segretario di stato Wendy Sherman visitò Manila rassicurando il presidente sulla sua immunità diplomatica, viste le varie cause che pendono contro la famiglia Marcos per le accuse diffuse di corruzione e di abusi di diritti umani durante la legge marziale imposta nelle Filippine dal 1972 al 1986.
Alcuni mesi dopo fecero visita a Manila sia il segretario di stato Antony Blinken che la vice presidente Kamala Harris che seguiva il faccia a faccia di Marcos Figlio con Biden durante il primo mese di presidenza.
Nel frattempo, la visita di stato di due giorni a Pechino dello scorso mese non è riuscita ad affrontare la maggior divisione nelle relazioni bilaterali. Nonostante le grandi promesse di investimenti e l’annuncio di una mappa temporale per la cooperazione di lungo corso, non c’è chiarezza sulle promesse mancate di investimento nelle Filippine, né c’è stata una reale svolta sulle dispute in mare con la Cina.
Ma parlando della politica estera di Marcos nulla è scritto già nella pietra per tre ragioni collegate.

La prima è che le Filippine possono ricalibrare le proprie relazioni di difesa con gli USA per evitare la provocazione totale della Cina.
Secondo EDCA, le Filippine garantiscono un accesso a rotazione alle truppe USA incluse il preposizionamento dei sistemi di arma fino a nove basi nel nord del paese di fronte a Taiwan. Da paese ospitante, le Filippine hanno la prerogativa di decidere il tipo e la frequenza delle esercitazioni militari congiunte vicino al Mare Cinese Meridionale e Taiwan.
Può anche determinare la vastità dell’accesso militare americano alle basi fondamentali. Non è chiaro se le Filippine hanno o daranno accesso alle forze USA alle importanti basi del nord nelle isole Mavulis e Fuga che sono molto vicino alla costa meridionale di Taiwan.
Inoltre Marcos non si può permettere di alienarsi del tutto la Cina senza provocare un contraccolpo da importanti alleati a Casa come i potenti Duterte. La vice presidente Sara Duterte, fondamentale nella vittoria presidenziale di Marcos ha sottolineato l’importanza di relazioni calde con Pechino dando persino un messaggio in Mandarino alla guida politica cinese lo scorso anno.
Suo padre Rodrigo ha anche minacciato di sfidare il presidente nel caso di grandi differenze politiche preparando così i suoi alleati ad una potenziale resa dei conti con il partito al potere nelle elezioni intermedie del 2025.
Ma il fattore più importante è la risposta cinese alla decisione di Marcos dell’EDCA nei prossimi mesi e anni. Finora il ministero degli esteri cinese ha messo in guardia contro qualunque cosa che possa “far salire le tensioni nella regione e minacciarne la pace e stabilità”.
Al di là della dura retorica, quello che importa davvero è se la Cina è determinata a negoziare accordi concreti per risolvere le dispute in mare con le Filippine nel Mare Cinese Meridionale e applicare progetti di investimento infrastrutturale grandi nel paese.
Con una carota tangibile Pechino può incoraggiare Marcos e la sua amministrazione a calibrare i parametri della sua alleanza con gli USA per mantenere relazioni ottimali con entrambe le superpotenze.
Richard Heydarian, SCMP