I dazi di Trump distruggeranno la rete attuale di fornitura facendo crescere i costi danneggiando l’immagine americana nel Sudest Asiatico
L’amministrazione Trump ha fatto conoscere le tariffe tanto anticipate sulla maggior parte del mondo e hanno il senso che ci si aspettava. I paesi vedranno le tariffe sulle esportazioni negli USA variare tra il 10 e il 50%. Il Sudest Asiatico è stato particolarmente colpito.
Il Vietnam vede tariffe del 46%, la Thailandia del 36% e l’Indonesia del 32%, mentre Cambogia e Laos vedranno tariffe di quasi il 50%.

Sembra che l’amministrazione Trump sia giunta a queste cifre prendendo il deficit commerciale esistente che gli USA hanno con ogni paese e dividendolo per quanto importano da quel paese. Poi hanno preso questo rapporto e lo hanno dimezzato per ricavare l’importo delle tariffe.
A quanto pare, hanno incluso solo il commercio di beni e non di servizi. Se vi sembra difficile da seguire è perché non ha senso. Ma che abbia senso o meno, è ciò che accade. Perché sta accadendo e cosa significa?
Per prima cosa, proviamo almeno a comprendere il ragionamento. L’idea è che gli USA assorbano tanta produzione dal resto del mondo e questa è la ragione del deficit commerciale con molti paesi.
Gli americani comprano cose in altri paesi e di conseguenza producono meno in patria. Rendendo costosi all’inverosimile per gli USA importare prodotti stranieri crescerà la produzione interna.
Ci sono tante cose errate con questo ma è la logica che Trump usa per giustificare queste azioni.
Sono errate perché il commercio globale e la catena di valore sono più complicati. Prendiamo la Cambogia, un piccolo paese che si vede imporre tariffe del 49% sulle esportazioni negli USA. Trump sostiene che i prodotti cinesi sono spesso importati e riesportati dalla Cambogia, Laos e Vietnam per evadere le sanzioni commerciali sulla Cina.
Anche se fosse verola Cambogia ha esportato per appena 9,7 miliardi di dollari nel 2023, una cifra irrilevante se si considerano le dimensioni complessive dell’economia e dell’attività commerciale americana. È invece molto importante per la Cambogia, il cui PIL nel 2023 era di soli 42 miliardi di dollari.
Ma diciamo che la teoria dei dazi di Trump sia corretta e che con queste tariffe del 49% sulla Cambogia tutti questi beni sarebbero prodotti negli USA da ora in poi.
Cosa ha esportato la Cambogia negli USA nel 2023? Quasi la metà del valore di 4,2 miliardi è fatto di tessile come le magliette. Un altro miliardo e 300 milioni per bauli e valigie. Sono un genere di prodotti ad alta intensità di lavoro, di basso valore aggiunto che gli USA non vogliono o non possono produrre facilmente, specialmente se il costo deve essere paragonabile ai manifatturieri cambogiani.
Un’altra cosa che sfugge al modello di Trump sul commercio globale è che non tutto il commercio riguarda i prodotti finiti. Molti di essi sono beni intermedi, che vengono utilizzati per produrre prodotti finiti. Anche se un prodotto di alto valore come un’automobile viene assemblato negli Stati Uniti, molti dei componenti che lo compongono vengono importati da tutto il mondo.
La Cambogia per esempio ha esportato 2 miliardi di dollari in device semiconduttori negli USA usati per fare altri prodotti e sistemi elettronici. Ora, le aziende statunitensi che si rifornivano di questi componenti dalla Cambogia (o dal Vietnam, o dalla Thailandia, o dalla Malesia) dovranno rifornirsi da qualche altra parte, o da un altro Paese con un’aliquota tariffaria più bassa o dal mercato interno, sempre che siano prodotti in America, cosa che potrebbe non accadere.
La costruzione di nuove capacità produttive richiederà grandi investimenti di tempo e denaro. In entrambi i casi, si interromperanno le reti di produzione esistenti e si aumenteranno i costi, ottenendo pochi risultati.
Ci siamo concentrati sulla Cambogia, ma potremmo analizzare i legami commerciali tra gli Stati Uniti e quasi tutti gli altri Paesi del Sud-Est asiatico e giungere a conclusioni simili.
È molto probabile che molte di queste misure vengano ritirate, soprattutto perché i mercati finanziari non sono contenti dei dazi. Gli Stati Uniti cercheranno probabilmente di ottenere alcune concessioni da ciascun Paese, per poi abbassare i dazi e sostenere la prova dell’abilità di Trump nel concludere accordi.
Stiamo già assistendo a questo processo. In realtà, questa è l’opposto di una buona politica, perché creerà incertezza e confusione e non raggiungerà nessuno degli obiettivi dichiarati, come una maggiore produzione nazionale o una riduzione del deficit commerciale degli Stati Uniti.
Nel frattempo, ha già causato un danno immenso e probabilmente irreversibile all’immagine e alle relazioni dell’America all’estero.
Molti Paesi del Sud-Est asiatico hanno costruito la loro economia sulle esportazioni e gli Stati Uniti sono stati a lungo un mercato affidabile per questi beni.
L’economia thailandese è già alle prese con un rallentamento economico, ed essere puniti con tariffe punitive per aver registrato un surplus commerciale bilaterale di 45 miliardi di dollari con gli Stati Uniti lo scorso anno peggiorerà le cose.
Anche se alla fine i dazi di Trump saranno ridotti o annullati il danno è fatto.
Gli Stati Uniti hanno inviato al mondo un messaggio inequivocabile: non ci si può più fidare di una politica dettata dai capricci incoerenti di un leader erratico.
Molti Paesi stavano già iniziando a cercare altrove partner più affidabili, e queste azioni bloccheranno ulteriormente questo processo.
Piuttosto che dare il via a un boom dell’industria manifatturiera nazionale, gli Stati Uniti finiranno con ogni probabilità per essere più isolati, con una minore influenza in regioni in rapida crescita e di importanza geo-strategica come il Sud-Est asiatico e con il loro ampio deficit commerciale globale ancora intatto.
James Guild, TheDiplomat