Consiglio di Amministrazione di Stato Birmano e l’Occidente

Di fronte alle stragi che il Consiglio di Amministrazione di Stato di Myanmar perpetra nelle strade ogni giorno, l’occidente e gli stati della regione sono incapaci di articolare una risposta che fermi quelle stragi e riporti il paese lungo un percorso democratico.

Di seguito traduciamo un intervento di Bertil Lintner apparso su Irrawaddy dal titolo ‘Constructive Engagement’ Stumbles Right Out of the Box in Myanmar

E’ stata una grande vittoria diplomatica per la nuova giunta birmana del Consiglio di Amministrazione di Stato, SAC, quando il 9 marzo il suo vicepresidente generale Soe Win ha incontrato in video conferenza il direttore generale dell’EUMS, ammiraglio Hervé Bléjean.

Hanno discusso degli sforzi del Consiglio di Amministrazione di Stato per stabilire il governo della legge e la pace della comunità secondo la costituzione birmana e hanno discusso cordialmente di come le forze di sicurezza birmane gestivano le proteste attuali, dei futuri piani di lavoro e dei programmi di vaccinazione del COVID-19.

Quello che è apparso come un riconoscimento dell’Unione Europea del Consiglio di Amministrazione di Stato ed un appoggio alle loro azioni è giunto dopo un evento simile che ha coinvolto Vice ammiraglio David Johnston, il secondo di più alto grado australiano, il quale 22 febbraio chiamò Soe Win e due comandanti militari e parlarono del ruolo guida del SAC.

Il nuovo corpo governativo, ha spiegato Soe Win, lavora a stabilire uno stato democratico basato su giustizia e libertà, e le forze di sicurezza birmane non hanno represso alcuna manifestazione pacifica ma solo usato la forza minima nel controllare le rivolte che pervadono il paese.

Il vice ammiraglio australiano ha detto al collega birmano che l’Australia è un partner i sviluppo del Myanmar e hanno anche discusso la cooperazione tra i militari dei due paesi che, secondo Soe Win, si basano su norme e valori democratici. Da parte sua Johnston ha promesso l’aiuto australiano per combattere il Coronavirus in Myanmar.

Questo è almeno quello che hanno riportato i media birmani controllati dai militari ed ora sotto stretta censura delle conversazioni telefoniche che i due ammiragli. Si deve notare che Johnston ha chiamato di fatto Soe Win nel tentativo di liberare lo studioso australiano Sean Turnell e che ha affermato “l’uso della forza letale e della violenza contro manifestanti pacifici è inaccettabile”. Johnston ha poi chiesto il ripristino della democrazia e il rilascio immediato dei capi civili detenuti dal primo febbraio.

I gruppi dei diritti umani australiani hanno criticato la telefonata di Johnston perché in questo modo accresce la credibilità di un regime illegittimo. Ma secondo la ABS del 23 febbraio: “Alcuni analisti hanno difeso quella telefonata dicendo che era ragionevole che il governo australiano usi ogni opportunità per spingere i militari a non usare la violenza contro i manifestanti”

Con lo stesso spirito la UE ha detto nella sua dichiarazione del 9 marzo che la ragione della telefonata di Bléjean a Soe Win era di spingere i militari birmani a fermare immediatamente la violenza e che devono “rilasciare la guida politica democraticamente eletta del paese tra cui Aung San Suu Kyi Win Myint oltre a tutti i detenuti politici.”

Bléjean ha sottolineato “la particolare importanza di estendere un invito all’inviato speciale ONU Schraner Burgener a visitare Myanmar al più presto possibile, permettendola di incontrare tutte le parti e facilitare il dialogo”

La ragione di queste due telefonate è ovvia: la UE e l’Australia pensavano che la nuova guida politica birmana sarebbe stata più disposta a sentire un ufficiale militare più che un politico ed agire magari di conseguenza.

E’ incredibile che Australia e UE non siano stati capaci di predire come sarebbero state prese dal SAC le due telefonate che le avrebbe usate a fini propagandistici.

E’ un’imperdonabile ingenuità credere che i generali birmani avrebbero ascoltata ad un consiglio amichevole di un occidentale, militare o civile. Loro ascoltano solo se stessi.

Nel 2015, il sottoscritto nel commentare su occidentali che credono di poter impegnare i capi generali birmani amichevolmente, scrisse che quelle politiche di molti paesi occidentali riflettono

“quello che è solo un’attitudine apertamente neocoloniale. Parole ad effetto: dobbiamo andare e dire a questi nostri amici scuri come gestire il loro paese, e siccome siamo grandi ed intelligenti uomini bianchi, di sicuro ci ascolteranno. Ma allo stesso tempo, è facile immaginare quale deve essere stata la reazione dei generali birmani quando ricevettero quelle proposte occidentali di impegno: queste myaukpyu scimmie bianche sono divertenti, ma non sono molto saggi. Usiamoli oppure parole ad effetto”

Il più estremo e meno elaborato esempio di politica di impegno costruttivo lo si trova in un articolo del NAR del 2 marzo di Bill Hayton, un membro del Programma Asia Pacifico del Chatham House di Londra, dal titolo “la guerra fasulla di un mese è finita”

E’ un mistero come potesse avere questa impressione quando, nello stesso giorno della pubblicazione, si tenevano in tutta la Birmania le proteste contro i militari. Ma quelle proteste nella versione degli eventi di Hayton sono solo “qualche scontro a Yangon e Mandalay. I militari si sono costruiti una nuova capitale a Naypyidaw proprio per scappare al riscio di disordini nella vecchia Yangon … non è da cedere solo perché le folle urbane rumorose lo vogliono”

E’ solo un insulto alle milioni di persone del paese che sono scese in strada rischiando la vita questo descrivere quello che accade quando “folle rumorose” coinvolte in “qualche disordine” che chiaramente sono confinate nelle due grandi città.

La gente ha manifestato in tutte le città dal nord di Putao al profondo meridione di Kawthaung, compresa Naypyidaw che Hayton deve aver dimenticato. Tutta questa gente, specialmente chi è stato abbattuto dalla polizia ed esercito birmani, meritano rispetto e non definiti guastafeste da un accademico occidentale seduto nel conforto di qualche parte del mondo.

La ricetta di Hayton per la soluzione della crisi birmana è ugualmente vuota di tutto ciò che somiglia a quello che accade nelle città del paese, né simile a qualcosa che si potrebbe realisticamente fare.

Dopo aver ripetuto il vecchio mito del Tatmadaw che agisce così perché “si percepisce come il guardiano della nazione, l’unica forza che si erge tra l’unità nazionale e la disintegrazione” e non per proteggere i propri interessi e privilegi, Hayton continua a dure che è fondamentale che i vicini birmani e gli “amici nel mondo”, chiunque essi siano, “impegnino rapidamente i capi militari birmani”.

E perché la cosa funzioni, si devono “mettere da parte i discorsi di ridurre il ruolo dei militari nella politica”. Poi continua a dire che “si potrebbero ammettere alcuni compromessi per salvare la faccia sulle affermazioni delle irregolarità nei risultati elettorali”.

Secondo Hayton potrebbe essere il momento per USA e Cina di trovare un terreno comune” perché nessuna superpotenza “vuole vedere l’instabilità in Myanmar”. Lui dice che “una qualche iniziativa congiunta” tra USA e Cina sia possibile a cui Giappone, India e Asean potrebbero unirsi”

E’ difficile immaginare un piano di azione più impossibile per andare avanti. L’accomodamento non ha mai funzionato come anche “impegno costruttivo” che era il nome iniziale dato alla politica della amministrazione Regan agli inizi degli anni 80 per giustificare il commercio ed altre relazioni col regime sudafricano del Apartheid. Esso fallì miseramente perché come scrissero Stanford J. Ungar e Peter Vale nel 1985 su Foreign Affairs:

“Dopo essere stati offerte troppe carote dagli USA per un periodo di quattro anni e mezzo come incentivi alla creazione di riforme significative, le autorità sudafricane divennero una democrazia ma quello fu a causa di fattori interni ed una nuova e illuminata guida politica a Pretoria, non perché gli Usa ed altri paesi occidentali si ingraziarono un regime repressivo”

E credere che Giappone, India e ASEAN potrebbero unirsi a qualche iniziativa USA Cina, anche se dovesse accadere contro tutte le probabilità, è del tutto stupido.

Prima di tutto la Cina non prenderebbe neanche in considerazione di fare qualcosa con gli USA e i nemici della regione e rivali come India e Giappone.

La Cina che ha molto da perdere in Birmania, un vicino strategicamente importante, sta perseguendo un’agenda più elaborata per proteggere i propri interessi in cui ci sono molti attori differenti nel paese senza coinvolgere nessun altro.

E il Giappone ed India dovrebbero volere unirsi per fare gli attori secondari in questo grande piano?

Per quanto riguarda ASEAN, il primo ad indicare che dovrebbe giocare un ruolo importante nello spingere il paese verso la democrazia fu Kevin Rudd, già premier australiano e presidente di Asia Society.

Alla BBC il 13 febbraio disse che la via di uscita è un dialogo con i golpisti sotto l’egida ASEAN, dimenticando chiaramente che i due principi guida del blocco sono la non interferenza e il consenso e che essi rendono inefficace la mediazione o persino avere un ruolo in ogni conflitto regionale.

ASEAN non espresse mai chiaramente la propria posizione sulla lotta per la libertà ad East Timor perché lo considerava un “affare interno” dell’Indonesia, e non è riuscita ad affrontare varie questioni di frontiera tra vari stati come Cambogia e Thailandia, Laos e Thailandia, Cambogia e Vietnam, e Filippine e Malesia. ASEAN non è mai riuscita ad articolare una politica comune sul Mare Cinese Meridionale.

E chi dice che la lotta per la democrazia sta finendo, come sembra credere Hayton?

Anche se le manifestazioni di strada dovessero essere soppresse del tutto, che persino ora sembra improbabile mentre la gente si raduna a migliaia nelle notti vigili alla luce delle candele, la lotta continuerà sotto differenti forme.

Quello di cui Myanmar ha bisogno meno è di qualche patronato di messia bianchi che dicono a tutti nel paese cosa fare e che dà cattivi consigli agli attori esterni.

Alla fine il cambiamento giungerà in Birmania ma dall’interno, e che questo dovrà coinvolgere almeno qualche settore delle forze armate

C’è un ruolo che la comunità internazionale può svolgere, ma sarà di sostenere le organizzazioni della società civile birmana senza alcuna arroganza come è stato troppo spesso nel passato. Si dovrebbero sostenere le varie nazionalità del Myanmar secondo come loro chiedono perché loro e nessun altro sono i signori del loro paese e loro destino.

Bertil Lintner Irrawaddy

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