Conta qualcosa la sicurezza umana in Birmania?

Il nuovo approccio di Barack Oama, diritti umani compresi, aiuteranno a migliorare la bruttissima situazione di sicurezza umana in Birmania?

La Birmania, in meno di un decennio fa, da Avamposto della Tirannia  fa si è trasformata in un partner di affari degli USA e di altri stati occidentali.

Con l’approccio di Barack Obama da “perno dell’Asia” la politica americana verso la Birmania si è fatta più pragmatica: impegnarsi col governo di Thein Sein e incoraggiare la democratizzazione del regime militare con investimenti costosi da parte USA per facilitare l’apertura economica dopo anni di durezza economica del paese. Togliere le sanzioni, impegnarsi con l’elite birmana, prestare attenzione maggiore alla riconciliazione politica e alla promozione dei diritti umani fanno parte ora delle nuove misure politiche designate a favorire la transizione politica ed assicurare, nel processo, gli interessi americani.

Ma questo nuovo approccio, diritti umani compresi, aiuteranno a migliorare la bruttissima situazione di sicurezza umana del paese?

Ci sono due elementi fondamentali di questo problema: la natura essenzialmente interessata della presenza occidentale del patrocinio della Birmania e la concezione arcaica della Birmania della sicurezza dello stato nazione che pone l’integrità dello stato su quello della popolazione.

Il patrocinio occidentale per il miglioramento della situazione dei diritti umani in Birmania sin dalla fine della Guerra Fredda è discutibilmente fallito, perché i governo occidentali non consideravano il paese strategicamente importante né parte dei loro interessi fondamentali, come lo era il Medio Oriente.

La brutale repressione dei manifestanti nell’agosto 1988 e il rigetto del risultato elettorale nel 1990, che videro il trionfo di Suu Kyi e del suo NLD, in parte influenzarono la posizione occidentale verso la situazione dei diritti umani nel paese. Eppure il cambio fu per lo più cosmetico.

Mentre la figura crescente di Suu Kyi come icona democratica che lotta per la democrazia serviva come punto di riferimento nell’occidente per una nuova politica di sostegno, nella realtà l’occidente ha investito enormemente nella salvaguardia dei suoi interessi fondamentali nel Medio Oriente e Nordafrica.

Strategicamente gli USA entravano volentieri in guerra in Medio Oriente per proteggere i loro interessi in nome della libertà e della democrazia. Nonostante sia stata descritta come nemica della democrazia e nonostante il dominio del discorso sicurezza umana/diritti umani nelle discussioni politiche e nella copertura dei media sulla Birmania, essa non è stata mai percepita come interesse fondamentale per gli USA.

Come ha detto Michael Backman:

“La Birmania non è strategicamente importante per gli USA ed è quindi un calcio di rigore avere un approccio importante a questa questione. Fa bene ai titoli dei giornali e aiuta a pacificare la lobby dei diritti umani degli USA senza vedere se l’approccio è efficace o meno.

L’occidente ha imposto quindi le sanzioni contro il regime militare capendo che la chiusura dei canali di comunicazione con la Birmania non avrebbero danneggiato i propri interessi strategici. Infatti le sanzioni divennero il marchio della politica occidentale dell’occidente all’inizio sostenute da Suu Kyi stessa e si giustificarono non solo per il regime militare persistente ma anche per la terribile situazione della sicurezza umana in Birmania. In risposta il regime intensificò la sua politica repressiva contro la propria gente creando una situazione persino più devastante nella sicurezza umana. Per tanto tempo le sanzioni si sono dimostrate futili.

Da avamposto della tirannia a partner di affari

Maung Zarni ha creato un sistema utile nell’esplorazione della relazione tra sicurezza umana in Birmania e sostegno occidentale. Secondo lui ci sono tre discorsi: sicurezza nazionale, sicurezza globale e sicurezza umana. Mentre i primi e due discorsi hanno ottenuto grande attenzione dai governi occidentali a causa degli interessi coinvolti, l’ultimo è stato spesso ignorato persino quando si promuoveva la coscienza dei diritti umani in Birmania. Scrive Zarni:

“Il terzo punto, la sicurezza umana centrata sulle persone, segue come un terzo distante nella politica occidentale. Questa realtà si oppone alle discussioni pubbliche dove la retorica onnipresente dei diritti umani maschera il suo stato rimpicciolito.”

I cambiamenti dentro la Birmania, allo stesso tempo,coincidevano con la politica nuova di Obama verso l’Asia. Ancora una volta il nuovo panorama politico nella regione costringeva gli USA a cambiare l’attenzione sul regime militare piuttosto che sulla situazione tragica dei diritti umani dentro il paese.

Gli Usa non hanno più bisogno di dissidenti e di capi in esilio per legittimare la sostanza della sua politica verso la Birmania. In risposta al processo di apertura del regime, Washington ha cercato di creare una zona di conforto per o capi di Naypyidaw specialmente per fare affari insieme e allo stesso tempo allontanare il paese dall’orbita cinese.

In apparenza l’ammirazione della democratizzazione birmana da parte americana e naturalmente la sua difesa dei diritti umani nel paese chiaramente svela un punto etico dell’amministrazione Obama. Ma la reale spinta del nuovo aggiustamento è stato centrato sulla sicurezza e impresa, stanchi delle minacce della vecchia elite militare e nel frattempo bisognosi di affrontare economicamente un nuovo regime a beneficio proprio degli USA. Questa visione da realpolitick o di pragmatismo è davvero dominante in Occidente in termini di un nuovo approccio nel trattare con gli sviluppi in Birmania.

Il tragico discorso della sicurezza di Myanmar

Il pragmatismo pone comunque un dilemma all’Occidente che ha bisogno di essere pragmatico per cogliere le opportunità che emergono nel processo di transizione. Ma così facendo potrebbero essere compromessi la promozione dei diritti e il sostegno alla sicurezza umana.

Come nel passato, la considerazione della sicurezza centrale per l’occidente ha nascosto la sua serietà nell’affrontare le questioni di sicurezza umana. Inoltre mentre la Birmania potrebbe rappresentare un caso esagerato di preminenza della sicurezza rispetto alla sicurezza umana, la predominanza della sicurezza dello stato nazione è prevalente in tutta la regione mentre resta aliena quella di sicurezza umana.

Mercato Birmania

La concezione vaga di cosa sia la sicurezza dello stato ha scacciato ogni possibilità dio inserire una prospettiva di sicurezza umana nel discorso birmano della sicurezza.

Dal ricordo amaro della colonizzazione britannica, della guerra civile durante la guerra fredda, alle insorgenze etniche infinite, il discorso della sicurezza in Birmania ha fatto sì che lo stato sia stato nominato come l’istituzione più importante da difendere. Tra le elite di governo prevale la visione forte che stato e nazione siano sinonimi, dove la sicurezza tende ad essere definita solamente in termini stato-centrici e nutrita in termini di sicurezza del regime.

La conservazione dell’integrità dello stato nazione è di fondamentale preoccupazione per loro ed i militari detengono il ruolo primario della sua difesa. Questo spiega perché il governo militare è durato realmente poiché la giunta affermava di proteggere l’unità nazionale; eppure resta oscuro quello che esattamente proteggevano.

Inoltre la concezione vaga della sicurezza dello stato ha eliminato ogni possibilità di inserire la prospettiva della sicurezza umana quando sono reali le preoccupazioni per il benessere della sua gente. Il problema è che il discorso della sicurezza è troppo stretto, forgiato sulle paure dell’elite militare per la conservazione della sua nozione di stato nazione. Ma c’è sempre più bisogno di affrontare la questione della sicurezza umana. Il sostegno occidentale verso la Birmania ha finora lasciato fuori la gente birmana.

Oggi, mentre l’occidente trova che sia importante restare pragmatici nella gestione delle sue relazioni con la Birmania, ci si fa gioco delle preoccupazioni sulla mancanza di sicurezza umana. Il fatto che la situazione atroce della sicurezza umana persista tuttora è un testamento dell’inefficacia del nuovo approccio dell’occidente.

Pavin Chachavalpongpun, OPENASIA

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