I separatisti che siedono al tavolo del negoziato hanno appena negato il proprio coinvolgimento nelle violenze, una prova ulteriore che non hanno alcun controllo sui combattenti.
MARA Patani, l’organizzazione ombrello dei sei movimenti separatisti Malay Patani di lungo corso, si trova tra l’incudine ed il martello e si trova di fronte ad un momento di verità.
Sono coinvolti o no nel recente scoppio di violenza separatista, particolarmente l’operazione in cui l’ospedale di Narathiwat è stato usato come un punto da cui lanciare un attacco sulle unità di ranger schierati lì vicino?
Una risposta positiva potrebbe avere ramificazioni legai che complicano i negoziati di pace in corso con il governo thai. Implica inoltre una violazione delle norme umanitarie internazionali tra gli sforzi compiuti dall’organizzazione di guadagnarsi la legittimazione dalla comunità internazionale.
Il governo malese è il facilitatore degli ultimi colloqui di pace attribuendo al suo ex capo dell’intelligence di presiedere un’iniziativa pensata male che è condotta dalla Branca Speciale.
Se, d’altro canto MARA Patani negasse ogni coinvolgimento nella violenza, il loro status come parte nei colloqui di pace sarebbe resa automaticamente irrilevante. Perché dopo tutto Bangkok dovrebbe parlare a persone che non sono coinvolte con i combattenti dell’insorgenza?
Dopo le fortissime critiche delle organizzazioni dei diritti umani a livello nazionale ed internazionale e del governo di Bangkok sull’invasione dell’ospedale, MARA Patani ha deciso di non rischiare e ha negato ogni coinvolgimento. Questo ha spinto i rappresentanti delle forze di sicurezza a chiedersi a voce alta a cosa serva trattare con una organizzazione che sembra non avere comando e controllo sui combattenti.
La pratica antica di Bangkok nel trattare con i separatisti Malay di Patani è sempre stata usare o le buste con il denaro o i proiettili.
Ma diversamente dall’ondata precedente di insorgenza negli anni 60 e scomparsa a metà degli anni 80, questa volta chi comanda e controlla non è interessato nei colloqui lasciando i negoziati a figure la cui influenza è svanita decenni fa.
L’iniziativa di pace raffazzonata fu lanciata sotto il governo di Yingluck a febbraio 2013. Un leader del cosiddetto BRN Hasan Taib fu posto in fretta al centro dei negoziati senza che nessuno si chiedesse quale fosse il suo ruolo o la sua influenza sul comando dell’insorgenza.
La sicurezza Thai e Malay sapevano sin dall’inizio che l’iniziativa di Yingluck era destinata a fallire perché non avevano le persone giuste.
Come scorta venne in essere il Percorso 1.5 poiché il Percorso 1 ufficiale con Hasan Taib al timone era morto di morte naturale, morte che fu accelerata dagli sforzi concertati dei militari thai che non parteciparono all’inizio o alla pianificazione dell’iniziativa di pace di Yingluck e del suo fratello Thaksin in esilio.
Ma poi venne il golpe del maggio 2014 e la domanda di cosa fare di questa patata bollente. Il generale Prayuth si prese sette mesi per pensarci, tra il golpe e la data del suo viaggio a Kuala Lumpur.
In quella visita Prayuth annunciò che la Malesia avrebbe continuato come facilitatore del dialogo di pace sebbene con aggiunte di alcune condizioni. I separatisti avrebbero dovuto formulare una piattaforma comune e dimostrare di avere potere sull’insorgenza sul terreno.
Una cosa che spingeva la giunta era il numero complessivo di attacchi caduti drasticamente.
Per chi investiva nel dialogo di pace la caduta nella violenza era una prova della funzione positiva dei colloqui. Ma fonti separatiste ed altri attenti osservatori insistevano nel dire che quella fase di calma non aveva alcun significato, indicando che finché esistevano i separatisti lo stato non aveva vinto.
Ora col ritorno della violenza quasi quotidiana in questa regione storicamente inquieta l’idea di un legame tra colloqui di pace e insorgenza è stata scossa alle radici.
Fonti separatiste hanno detto che una autobomba posta solo due giorni prima di un seminario di Pattani sui colloqui di pace era un chiaro avvertimento ai suoi partecipanti che il conflitto non era affatto concluso. I partecipanti stranieri furono costretti a cancellare la loro presenza all’evento.
Poi giunsel’operazione a Cho Airong che diede un segno di verità a tanti partecipanti. L’incursione all’opsedale fu uno schiaffo in faccia alla tanto vantata zona di sicurezza dell’iniziativa di pace, dove Bangkok si affidava a MARA Patani per applicare il cessate il fuoco. Cho Airong sarebbe dovuto essere uno dei cinque distretti designati per tale zona di sicurezza.
Fonti separatiste sostengono che l’attacco con armi e granate di venerdì scorso al negozio di tè pieno di residenti Malay Musulmani a Raman, Yala, era stato portato avanti o da una unità impazzita o squadre della morte del governo in risposta all’ondata di violenza. Un abitante del villaggio è rimasto ucciso ed altri quattro hanno subito ferite da armi da fuoco.
Nel frattempo, la natura senza precedenti a Cho Airong ha scosso i militari thai fino nelle sue fondamenta perché ha dimostrato una capacità e sfrontatezza da minare l’intero apparato della sicurezza.
In ultima analisi però Cho Airong non è stata un’operazione militare, quanto piuttosto un esercizio di pubbliche relazioni fatto di fronte alle telecamere della sicurezza e mirato a fiaccare la volontà ed il morale dei militari. Non c’è bisogno di dire che hanno avuto successo in questo obiettivo e molto altro ancora.
DON PATHAN, www.pataniforum.com, nationmulitmedia