Di fronte ai limiti dell’ASEAN, c’è molto spazio per una conseguente cooperazione minilaterale tra i paesi guida del Sud Est Asiatico.
Nella sua visita di stato ad Hanoi, il presidente filippino Marcos firmò un accordo che espande la cooperazione bilaterale di sicurezza in mare.
Sebbene non sia citata direttamente la Cina, i due governi hanno segnalato di voler lavorare insieme in modo più stretto a proteggere gli interessi condivisi nel contestatissimo mare della Cina con particolare riguardo alle forze della guardia costiera.
L’annuncio seguiva un’analoga discussione a due sulla cooperazione di sicurezza tenutasi a Manila tra Marcos e il presidente indonesiano Joko Widodo che si era fermato in Vietnam e Brunei.
Le visite sono state qualcosa di più di simboliche. Poiché l’ASEAN lavora con decisioni prese sul consenso di tutti i paesi, è stato molto lento se non indifferente alle grandi crisi nei suoi propri anfratti. Spesso i paesi membri dipendenti dalla Cina hanno in effetti posto il veto a tutti gli sforzi per adottare una risposta decisa o unificata rispetto allo scontro nel Mare Cinese Meridionale.
In questo contesto, la cooperazione minilaterale tra membri importanti che condividono interessi strategici condivisi ha il potenziale di rendere il Sud Est Asiatico una forza più efficace nella regione dell’Indo-Pacifico.
Sebbene Filippine, Indonesia e Vietnam siano paesi in via di sviluppo dalle capacità militari relativamente limitate, insieme i tre paesi possono contribuire alla Centralità dell’ASEAN nel forgiare l’architettura di sicurezza regionale e con un maggiore coordinamento strategico controbilanciare in parte la Cina.
Nel campo della diplomazia da alti rischi, lo scorso anno è stato particolarmente deludente per l’ASEAN che, per tutto l’anno, non solo è stato inefficace nell’affrontare la crisi nel Myanmar, ma è stato silenzioso in modo assordante sugli scontri continui nel Mare Cinese Meridionale fatta eccezione per una breve dichiarazione nel penultimo giorno del 2023.
Quando l’Indonesia ha provato a proiettare l’unità regionale organizzando esercitazioni navali dell’ASEAN vicino alle acque della contesa, la Cambogia ha posto il veto in deferenza alla Cina. Né il 2023 ha visto un passo in avanti nell’infinita storia dei negoziati del codice di condotta con Pechino.
A peggiorare le cose, alcuni capi di stato della regione si sono spinti a mettere in guardia in modo sottile le Filippine dall’assumere una posizione più assertiva verso la Cina. Allo stesso tempo non hanno denunciato apertamente le azioni sempre più aggressive cinesi nelle acque contese né a dare sostegno a Manila, obiettivo principale del bullismo di Pechino.
Con il Laos, altro paese dipendente dalla Cina, che assumerà la presidenza a rotazione dell’ASEAN questo anno, appaiono piccole le prospettive di un grande passo avanti diplomatico.
Il paradosso dell’ASEAN, comunque, è che spesso è meno della somma delle sue parti. Con la paralisi della presa di decisione, il solo e miglior modo per andare avanti è la cooperazione sostenuta e sostanziale tra i grandi paesi membri.
Quest’anno è già iniziato in modo produttivo per il minilateralismo dell’ASEAN.
Nella visita di Widodo a Manila, le due parti discussero i legami di sicurezza più stretti nello schema di Commissione Congiunta per la Cooperazione bilaterale instauratasi lo scorso anno.
Discussero anche le vendite potenziali di materiale militare. L’Indonesia ha fornito due navi da trasporto strategico alla Marina filippina e potrebbe vendere fino a sei aerei leggeri all’Aeronautica militare filippina.
Sebbene l’Indonesia non si consideri parte della disputa nel Mare Cinese Meridionale, ha richiamato l’UNCLOS, convenzione della legge del Mare dell’ONU, come base per la gestione delle dispute, sostenendo implicitamente e talvolta esplicitamente la decisione del tribunale arbitrale del 2016 che sostenne i reclami territoriali filippini contro quelli cinesi.
Giacarta ha anche respinto con vigore le intrusioni cinesi nel Mare delle Natuna Settentrionali che si sovrappone ai reclami marittimi di Pechino.
E’ significativo che mentre era ad Hanoi Marcos abbia definito il Vietnam “solo partner strategico delle Filippine nella regione dell’ASEAN”.
Il Vietnam fu infatti il primo stato dell’ASEAN a sostenere apertamente Manila nel suo caso di arbitrato internazionale. Da parte sua il premier vietnamita Pham Minh Chinh sottolineò il bisogno per gli stati ASEAN di stessi interessi ad unirsi e cooperare più strettamente.
Nell’ambito della cooperazione strategica, Hanoi e Manila collaboreranno allo sviluppo di infrastrutture e alla coproduzione di batterie per veicoli elettrici, sfruttando le grandi riserve di rame, nichel e cobalto delle Filippine. Il Vietnam, in particolare, è la fonte di circa il 90% delle importazioni di riso delle Filippine.
Alla fine di questo anno, a Filippine, Indonesia e Giappone si unirà il Vietnam nelle esercitazioni annuali di inquinamento marino Marpolex che potrebbe aprire la strada ad esercitazioni più importanti e sofisticate tra i paesi ASEAN insieme alle potenze straniere come Giappone, USA, Australia e India.
Sebbene sia il Vietnam che l’Indonesia rigettino alleanze militari, pare che siano inclini ad accrescere la cooperazione di sicurezza in mare, condivisione di notizie e coordinamento diplomatico con le Filippine, alleato di trattato degli USA, con l’obiettivo di respingere insieme le aggressioni in mare della Cina.
Le Filippine sono anche in grado di fornire consulenza legale ai paesi membri dell’ASEAN interessati a lanciare un proprio arbitrato internazionale contro la Cina.
All’interno dell’ASEAN, i tre paesi possono ricercare di sostenere insieme l’UNCLOS come una base per la gestione delle dispute in mare, per controllare l’influenza di paesi vicini a Pechino e forse esplorare il proprio codice di condotta regionale.
Mentre l’ASEAN mostra chiaramente i propri limiti, c’è molto spazio per una conseguente cooperazione minilaterale tra i paesi guida del Sud Est Asiatico.
Richard Heydarian, NikkeiAsianReview