Per la Thailandia, la pandemia è diventata un riflettore non voluto che ha messo in luce tiretti e armadi segreti dove impazzano da tempo corruzione e mazzette.
Nel passato operazioni sporche e malefatte illegali operavano entro certi parametri istituiti da una apparenza di autorità morale tra le alte gerarchie della società thai. Ma negli ultimi anni si è radicata la depravazione morale mentre è scomparso il freno morale.
Mentre si intensifica questa tendenza, la Thailandia rischia un decadimento politico, una decadenza sociale e la stagnazione economica, mentre regnano impunità e immoralità senza limiti.
Mentre la seconda ondata di COVID-19 ha quasi triplicato il numero di infezioni in appena un mese dalle 4000 infezioni di metà dicembre, dicono tanto la spinta e la direzione di questa crescita. Rispetto al resto del mondo, questo improvviso balzo è comprensibile perché le cifre sono salite nei mesi invernali dei climi nordici come di quelli dei tropici.
Altri paesi hanno vissuto una situazione peggiore del virus con il numero di infezioni che si contano a quattro cifre.
Quello che è meno comprensibile e giustificabile della situazione COVID thai è che si è rivelata un nesso di corruzione e mazette, incompetenza governativa e mancanza di visione che procedono a spese della sanità pubblica.
Abbiamo saputo che la Thailandia ha bische clandestine in tante delle sue province, legate a prostituzione, estorsione, corruzione e mazzette, racket e l’intero ventre nero dell’economia.
E’ chiaro ora che i complessi dell’intrattenimento sul versante birmano del confine formava un grande focolaio di infezione. Un altro focolaio di infezione sono i lavoratori dell’emigrazione, che hanno bisogno di lavoro nell’economia thai allo stesso modo di come gli industriali thai avevano bisogno del loro lavoro da spezzare le reni.
Sia i lavoratori thai che birmani che traversavano le lunghe frontiere porose hanno dovuto corrompere mediatori e ufficiali del posto nella polizia e nei militari per guadagnarsi da vivere.
A loro volta ufficiali di polizia e dei militari sfruttano la propria posizione ed autorità per piegare a legge a loro vantaggio privato. Questo processo di cercare la “rendita” usando le posizioni ed i ruoli ufficiali e pubblici per benefici privati e personali è comune in tutto il mondo.
Può essere un semplice poliziotto che accetta la mazzetta per un’infrazione del traffico o ministro che usa la propria influenza per progetti costosi dallo stato in cambio di commissioni costose.
Ci sono persino indagini globali che misurano e classificano la prevalenza e grado di rendite per paese, come Transparency International.
La maggioranza dei paesi con bassa trasparenza e posizione di alta corruzione tendono a fare sforzi per ripulirsi, o almeno provare ad essere visti come ripuliti. Ma non la Thailandia.
Quello che è diverso ora è che corruzione e mazzette diventano strutturali e sistemiche, sfuggendo senza alcun impedimento senza la pretesa dell’applicazione della legge e soppressione ufficiale.
Questa è la ragione per cui il primo ministro Prayuth Chanocha ha effettivamente ammesso che le bische clandestine ci sono, che ha ammesso che non riesce ad eradicarle e cerca la cooperazione e comprensione pubblica.
E’ la stessa ragione per cui il vice primo ministro stesso Prawit Wongsuwon inizialmente negò che esistessero dei casinò locali per ricredersi presto e definendoli sono una questione di polizia.
Thitinan Pongsuhdirak, Bangkokpost