Quello che accade in questi mesi nella disputa territoriale nel Mare Cinese Meridionale indica l’incapacità dell’ASEAN ad affrontare un grande problema regionale a causa della sua debolezza intrinseca.
Mentre i contrasti tra navi cinesi e filippine vicino alla Barra di Second Thomas nella zona economica esclusiva filippina, EEZ, si fanno più netti, il mare cinese meridionale è diventato forse un punto di scontro più volatile di Taiwan in Asia Orientale.

Il 5 marzo la guardia costiera cinese ha usato sia i cannoni ad acqua che lo speronamento per impedire ad un’imbarcazione filippina più piccola di rifornire la guarnigione che fa da posto di guardia filippino su di un naviglio fatto affondare sulla barriera.
Questa volta il cannone ad acqua cinese ha rotto i vetri sul ponte della imbarcazione filippina di rifornimento ferendo quattro persone della ciurma.
Usando la propria mappa dalle nove linee per rivendicare la maggior parte del Mare Cinese Meridionale, Pechino afferma che la Barra di Second Thomas si trova nel territorio cinese e chiede alle Filippine di portare via la nave affondata rifiutandosi di permettere di riparare la vecchia nave derelitta.
Sia Pechino che Manila trattano questo scontro come un test al proprio impegno di difesa del territorio nazionale minacciato di essere rubato da un governo straniero. Gli USA in quanto alleati di trattato di Manila sarebbero obbligati a proteggere le navi e aerei filippini che si ritrovano ad essere “attaccati con le armi”.
Preferendo le tattiche di zona grigia, la Cina mantiene le proprie azioni appena al di sotto della soglia che scatenerebbe una risposta militare americana, impiegando questa volta una forza che può fare danni fisici tanto da essere molto vicino ad un “attacco armato” anche senza armi da fuoco.
Inoltre il vice ammiraglio Alberto Carlos del Comando Occidentale delle forze armate filippine dice che sta esaurendo le imbarcazione disponibili per le missioni di rifornimento poiché i cannoni ad acqua cinesi fanno danni alle imbarcazioni che devono essere poi mandate in riparazione.
Se questa situazione continua la Cina avrà avuto la meglio nel portare via il personale dalla caratteristica di mare che attualmente occupano spostando lo status quo in favore di Pechino.
Washington prenderà inevitabilmente in considerazione un intervento della Marina statunitense o della Guardia Costiera che scortano le navi di rifornimento filippine, o forse anche di guardia mentre le Filippine costruiscono un avamposto permanente per sostituire la nave in decadenza. Ciò potrebbe portare le navi statunitensi e della RPC a confrontarsi tra loro, con il potenziale di un’ulteriore escalation.
In contrasto dall’ultima parte dello scorso anno lo stretto di Taiwan si è un po’ calmato come arena di un possibile conflitto USA Cina.
Taiwan continua a sostenere le segnalazioni ostili cinesi e più di recente lo sconfinamento opportunista cinese nelle acque attorno all’isola di Kinmen controllata da Taiwan. …
L’ASEAN potrebbe aiutare a prevenire un conflitto presso la secca di Second Thomas con una posizione ragionevole che condanni in modo unitario i tentativi aggressivi di Pechino per applicare le sue eccessive rivendicazioni territoriali.
Dodici anni fa, ASEAN e governo cinese si accordarono ad una dichiarazione sul Codice di Condotta delle Parti nel MCM che obbliga i reclamanti rivali a “risolvere le loro dispute territoriali e giurisdizionali con mezzi pacifici, senza usare minacce o l’uso della forza” e proibisce “attività che complichino o accrescano le dispute e colpiscano pace e stabilità”.
Le azioni non conformi della Cina
Nel 2016 la Corte Permanente dell’Arbitrato a L’Aia dichiarò non valida la rivendicazione espansionista cinese della mappa a nove linee e non diede così la base legale alla Cina per affermare la propria sovranità su aree dentro la Zona Economica Esclusiva Filippina.
Pechino probabilmente non farebbe ora da bullo verso le Filippine se gli altri paesi membri avessero fatto obiezioni.
Ma è triste che ciò non accada. La stessa settimana in cui la guardia costiera cinese usava cannoni ad acqua contro la nave di rifornimento filippina l’Australia ospitava un summit dei capi di stato ASEAN. Il sei marzo il gruppo rilasciò la dichiarazione di Melbourne che fa solo un vago riferimento alle tensioni attorno alla Secca di Second Thomas.
In essa si legge: “Continuiamo a seguire da vicino gli sviluppi nel Mare Cinese Meridionale. Incoraggiamo tutti i paesi ad evitare azioni unilaterali che minaccino la pace, la sicurezza e stabilità nella regione”.
Contrariamente a quanto desiderato dalla delegazione filippina, la dichiarazione non cita la sentenza della Corte Permanente dell’Arbitrato mostra audacia di convinzione su altre questioni. Critica la Corea del Nord per i suoi test missilistici e nucleari e “deplora nei termini più forti l’aggressione della federazione russa contro l’Ucraina”.
Chiede un cessate il fuoco, un maggiore accesso agli aiuti umanitari e al rilascio degli ostaggi a Gaza, ma lascia passare il governo cinese.
Durante la sua presenza al summit in Australia, il premier Malese Anwar Ibrahim ha riassunto l’attitudine di alcuni paesi membri dell’ASEAN.
“La Cina appare come il principale investitore in Malesia. Non abbiamo un problema con la Cina”.
Ma la Malesia ha un problema con la Cina che reclama il territorio dentro la Zona Economica Esclusiva malese dove i pescherecci cinesi entrano abusivamente e le navi cinesi pattugliano di frequente dando problemi al governo malese.
Questo è un problema strutturale. I paesi ASEAN operano sulla base del consenso che vuol dire che ogni paese ASEAN ha un potere di veto su ogni azione o dichiarazione dell’ASEAN.
Gli osservatori criticano l’ASEAN di debolezza nell’affrontare non solo le questioni del Mare Cinese Meridionale ma anche la guerra civile in Myanmar, la crisi Rohingya e il problema dell’inquinamento transnazionale dell’aria della regione causata dagli incendi agricoli.
Le stesse elite della regione sono critiche dell’ASEAN che vedono come lento, inefficace ed incapace ad agire in modo unitario.
Le relazioni di ogni stato singolo dell’ASEAN con la Cina sono molto variegate.
Ad un estremo dello spettro possiamo mettere la Cambogia che è quasi una colonia cinese. All’altro capo le Filippine che ad aprile 2023 hanno aperto quattro nuovi siti all’accesso di militari USA a rotazione secondo EDCA. Il governo cinese ha risposto dicendo che le Filippine “sono usate dagli USA” in “un atto che fa crescere le tensioni nella regione e mette in pericolo la pace e la stabilità regionale”.
Questa diversità di orientamento verso la Cina rende l’ASEAN incapace di prendere una posizione decisa in opposizione alla Cina su ogni questione strategica anche se la popolazione della regione è sensibile e contraria alla dominanza cinese.
La Cambogia blocca in modo regolare le azioni proposte dall’ASEAN che riguardano il MCM e che non piacciono a Pechino. Un rappresentante in pensione di Singapore pubblicamente suggerì che poiché Cambogia e Laos sono satelliti cinesi, l’ASEAN dovrebbe espellerli per salvarsi.
Sia Pechino che Washington fanno conoscere, per quello che serve, il proprio sostegno alla Centralità dell’ASEAN.
L’ASEAN è chiaramente utile alla Cina, un ostacolo alla resistenza organizzata contro l’agenda di Pechino, mentre è meno apparente l’utilità dell’ASEAN per gli USA.
Data l’importanza economica esercitata dalla Cina verso la Malesia di Anwar e altri stati del Sud Est asiatico, si comprende che desiderino non essere antagonisti della Cina.
In questo caso, tuttavia, rischiano di seguire questa strategia con tanta assiduità da far fallire l’obiettivo più ampio di evitare che si scateni un conflitto tra grandi potenze nella loro sottoregione nel Mar Cinese Meridionale.
Denny Roy, East-West Center, Honolulu ASIATIMES