Decreto di emergenza tolto in alcuni distretti dell’insorgenza thai

In alcuni distretti dell’inquieto profondo meridione thai, dove da venti anni è attiva la insorgenza nazionalista musulmana che ha fatto migliaia di vittime, la Thailandia ha tolto il decreto di emergenza che ha portato negli anni tantissimi casi di abusi di diritti umani.

Il decreto di emergenza fu imposto nel 2005 nelle tre province più meridionali thai, dove vive una maggioranza etnica malese, dopo un anno di una prolungata ondata di violenza dell’insorgenza iniziata a gennaio 2004.

Pattani profondo meridione

Il decreto di emergenza permette alle forze di sicurezza di detenere dei sospettati fino a 30 giorni senza dovere emettere un mandato e dà loro immunità per le azioni portate avanti, dando al governo poteri di censura sulle notizie.

Nelle stesse province meridionali, che ricordiamo sono Pattani, Yala e Narathiwat, sono in vigore anche la legge marziale e la legge di sicurezza interna.

Nel corso di qualche anno il decreto di emergenza è stato tolto in dieci distretti ed ora il governo lo ha tolto da altri 3 distretti nelle tre province, come ha detto la portavoce del governo a VOA, Rudklao Intawong Suwankiri.

“I dati mostrano che la violenza in quei distretti si è ridotta ad un livello in cui l’uso della legge di sicurezza interna da sola è sufficiente abbastanza, invece del decreto di emergenza” ha detto la portavoce perché gli attacchi sono calati notevolmente, mentre in un altro distretto il decreto di emergenza è stato attivato perché gli attacchi sono cresciuti.

Dall’inizio dell’insorgenza nel 2004 sono 7300 le persone uccise e 13600 quelle ferite secondo i dati del gruppo di ricerca indipendente DSW che mostra come nello scorso decennio il numero di incidenti violenti sia caduto stabilmente dai 1850 del 2012 ai 158 dello scorso anno.

Il Viceprimoministro Somsak Thepsutin, che guida il gruppo di consulenza sulla legge marziale, suggerirà altri distretti per il prossimo anno dove togliere il decreto di emergenza.

“E’ abbastanza speranzoso che la situazione migliorerà al punto che altri dieci distretti non avranno più il decreto” ha detto la Rudklao. “Ma complessivamente bisognerà vedere i dati”.

Molti gruppi locali sostengono che questo decreto ha fatto più danni che altro permettendo per anni gli abusi della polizia e dei militari a causa della copertura dell’immunità legale.

Chanatip Tatiyakaroonwong, ricercatore thai per Amnesty International, dice:

“Vuol dire che anche se c’è un abuso durante la detenzione non potrai ritenere nessuno responsabile e la cosa si allinea con i rapporti consolidati sulla tortura e i trattamenti durante gli arresti nelle province meridionali. Ci sono state molte accuse su detenuti soggetti a tortura sia psicologica che fisica che hanno causato da 19 anni tanto dolore nella popolazione locale.”

Il dipartimento di stato americano nel suo rapporto del 2022 sui diritti umani in Thailandia disse che “l’impunità ufficiale continua ad essere un problema specialmente nelle province più meridionali”.

Per Chanatip questa decisione del governo di rimuovere il decreto in tre province è un buon inizio anche se “c’è molto più che devono fare. C’è anche la legge marziale che permette la detenzione per altri sette giorni. C’è la legge di sicurezza interna che garantisce alle forze di sicurezza tanto potere nella regione. Quindi un approccio più olistico alla pace e ai diritti umani nella regione richiede che il governo faccia molto di più.

Amnesty International insieme ad altri chiede alla Thailandia di rimuovere tutte e tre le leggi nel meridione e agire solo in base al codice penale civile.

Per molti buddisti che vivono nell’area invece il decreto di emergenza è ancora popolare, dice Lamai Manakarn di Buddhists for Peace che promuove il dialogo tra le fedi.

“I terroristi attaccano sempre i thailandesi buddisti perché li ritengono parte del governo thai. La legge di emergenza fa sentire il Thailandesi buddisti al sicuro. Se il governo vuole cancellarla, devono farlo dove non esiste una situazione di emergenza”.

Da alcuni anni vanno avanti dei negoziati sporadici che hanno dato pochi frutti con il maggiore dei gruppi insorgenti, il BRN, per porre fine all’insorgenza.

Per Matthew Wheeler di International Crisis Group queste ultime rimozioni del decreto di emergenza in pochi distretti non faranno poi molto per far progredire i colloqui favoriti dalla Malesia.

“Avrebbe potuto avere un impatto simbolico se il decreto fosse stato rimosso in tutta la regione a voler indicare un nuovo approccio e maggiore attenzione alla protezione dei diritti umani. Ma dato che il decreto di emergenza era stato revocato anni fa in 10 distretti delle tre province più meridionali, l’ultimo alleggerimento del decreto non dovrebbe impressionare più di tanto BRN” ha scritto Matthew Wheeler.

Per Matthew Wheeler la nuova amministrazione finora non ha segnalato alcun cambio nell’approccio del governo all’insorgenza, mentre le dichiarazioni politiche fatte in parlamento hanno fatto solo un vago riferimento alla ricerca di una pace e sicurezza di lunga durata per le province di frontiera.

A maggio, poco prima delle elezioni, il BRN decise di sospendere i negoziati ed attendere la nuova amministrazione rifiutandosi di incontrare da allora il gruppo del negoziato.

VOANEWS

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