Il deficit democratico nelle società del sud est asiatico

Pubblichiamo la seconda parte del lavoro ” A che punto si trova lo stato della democrazia nel sudestasiatico“, pubblicata ieri qui, esaminando gli aspetti concreti dei legami tra sistemi democratici ed elite economiche e le cause che hanno causato il deficit democratico nei paesi della regione. I due analisti sono ancora Bridget Welsh e Michaelis Vatikiotis.

Il deficit democratico attuale

Bridges Welsh. Credo che se guardiamo alla situazione attuale si hanno tre differenti situazioni. La prima è un deficit democratico nei paesi più democratici della regione, Indonesia e Filippine. Qui le richieste di un governo migliore non sono soddisfatte dai governi democratici. La cosa è particolarmente vera per quanto attiene la corruzione, ma si estende ai servizi sociali e alle politiche economiche che non affrontano i bisogni delle masse. Ne risulta alimentata una nostalgia per i regimi autoritari, un sostegno per un governo più autocratico.

lotta contro deficit democratico

Questo fu chiaro nelle elezioni indonesiane del 2014 e più di recente con Duterte nelle Filippine. Vaste parti di queste società vogliono di più il governo di un uomo forte per una mancanza di efficace governo democratico. Inoltre le condizioni democratiche nelle democrazie diminuiscono con una crescita di intolleranza verso minoranze e violazioni di diritti civili.

La seconda tendenza è la morsa continua dei sistemi dominanti a partito unico della regione, come Vietnam, Laos, Cambogia, Malesia e naturalmente Singapore. La tendenza è stata di un uso crescente di misure autoritarie contro gli oppositori. Mentre l’opposizione in tutti questi paesi è cresciuta con un maggior accesso all’informazione e alle aspirazioni crescenti delle nuove generazioni, tranne forse per il Laos, i governi della regione hanno usato il loro controllo dei mezzi del governo per restare al potere. Dalla manipolazione delle regole elettorali all’arresto e controllo dei media, chi è al potere continua a rimanerci. Alcune misure sono più sfacciate di altre, come l’arresto del capo dell’opposizione malese Anwar Ibrahim, ed ultimamente del capo di Bersih per terrorismo da parte del primo ministro Najib, ma la tendenza è costante nella regione.

Siamo stati testimoni negli ultimi cinque anni di una vasta recessione democratica nel Sud Eest Asiatico specie nei paesi a partito unico.

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La terza tendenza è un cambio di regime in due paesi della regione. Il primo è la presa del potere dei militari in Thailandia col golpe del maggio 2014. Il governo di Prayuth è stato discutibilmente uno dei più repressivi governi militari nella storia thai che ha fatto sentire nel profondo la paura e la repressione. L’altro paese affetto dalla terza ondata di Huntington, che iniziò a democratizzarsi gradualmente dalla fine degli anni 80, serve da primo esempio del crescente autoritarismo della regione. Il secondo è stata la Birmania dove l’elezione di Aung San Suu Kyi ha fondamentalmente aperto il sistema. La Birmania si trova di fronte agli stessi problemi di cui parlavi a proposito dell’Indonesia del 1999.

C’è violenza specialmente nella periferia che contribuisce alle gravi condizioni umanitarie dei Rohingya e alle altre questioni delle minoranze etniche. Ci sono aanche sfide reali nell’indebolire il potere dei militari che si estendono all’economia come alla situazione della sicurezza. La democrazia birmana rimane fragile.

Michael Vatikiotis: la domanda a cui si deve rispondere è perché. Se ci spostiamo dal bicchiere nezzo pieno della fine del secolo scorso al bicchiere mezzo pieno del XXI secolo, la domanda è cosa spiega i deficit di democrazia? Ad essere onesti è abbastanza difficile trovare una spiegazione semplice che abbracci la vastità della situazione nella regione. Credo si debba categorizzare i fallimenti.

Il primo è l’istituzionalizzazione. In tutti i paesi dove assistiamo a progressi democratici, uno degli elementi più deboli dei programmi di riforma è stato di istituzionalizzare i cambiamenti che si sono fatti. La ragione è che in questa regione la natura della politica è personale. Coinvolge per lo più gruppi di seguaci che esprimono fedeltà ad individui sia nella burocrazia che nel potere politico.

Non c’è mai stato un bisogno di istituzionalizzare queste reti perché sono fluide e si affidano per lo più al patronato. E’ molto paternalistico ed in un sistema paternalistico non si vuole costituire un’istituzione che ti sostituirà. Credo che sia stata questa combinazione di politica della persona e guida politica a contribuire ad una mancanza di istituzionalizzazione.

Secondo me, l’Indonesia è l’esempio migliore- E’ una delle tragedie indonesiane. Mentre non ci sono dubbi delle sue fondamenta democratiche solide, e nessuno direbbe che esiste un pericolo di ritorno al sistema che si aveva prima, un capo autoritario non risponderebbe a nessuno e persino anche i militari che giocano un ruolo in politica. Credo comunque che nessuna ipotesi possa essere esclusa del tutto.

BW: davvero non si deve mai dire mai.

MV: certo. Se si guarda alla reale debolezza del sistema e l’essere ostaggio di elementi estremi del pregiudizio, razziale o religioso, la ragione è che i partiti sono deboli. Non ci sono piattaforme da discutere. Le istituzioni per dibattiti politici maturi sono semplicemente poco sviluppati e non rispettati.

Si ha allo stesso tempo una decentralizzazione che ha avuto successo. Molti dicono che la forza sta lì. Le elezioni a livello regionale e locale sono tra le più importanti. Sono quelle che generano i futuri politici. Hanno dato un presidente all’Indonesia. Detto questo la debolezza istituzionale è la piaga della democrazia indonesiana e di quelle della regione.

BW: Vorrei approfondire un po’ di più la questione dell’istituzionalizzazione, Michael. Non è solo sulla relazione tra singoli e istituzioni in luoghi come Indonesia e Filippine e nei partiti politici, ma piuttosto assistiamo all’indebolimento delle istituzioni politiche che esistevano. In precedenza le istituzioni funzionanti sono diventate personali.

Il migliore esempio forse è quello malese, dove la linea di separazione tra il partito maggiore UMNO e il sistema non la si trova più. Essenzialmente sono stati rimossi tutti i controlli sul potere esecutivo in modo sistematico, mentre il potere si è concentrato attorno alla persona che comanda il potere esecutivo. La carica pubblica è la persona e la persona è la carica pubblica. Oserviamo questa tendenza in tutta la regione, in Cambogia come a Singapore. In quest’ultimo caso le istituzioni funzionano, ma riflettono strettamente la guida politica del PAP.

MV: Sono abbastanza d’accordo, ma lo attribuirei a due fattori differenti. Un primo è sapere se questo era un fatto evitabile o meno. Credo che per la Malesia fosse evitabile, perché le istituzioni ed i controlli funzionavano. Mahatir le ha indebolite molte volte col il suo comando deciso di tipo autocratico. Non si deve dimenticare che ci fu quella specie di interregno insieme a Abdullah Badawi quando molti dei differenti centri ed istituzioni di potere ritornarono a vivere di nuovo perché lui lo rese possibile.

BW: la ragione fu che era tanto debole piuttosto che un desiderio di democrazia. Voleva apparire come un riformatore per prendere il potere, ma alla sua uscita di scena di fatto c’erano pochissime riforme sostanziali.

MV: poiché era debole, Najib giunse al potere nel 2009 promettendo ulteriori riforme. Molti allora, tra i quali io stesso, vedevano in Najib come un politico parlamentare competente ma debole. Debole come personalità, non apparve quindi necessariamente come una minaccia se le cose non fossero andate come voleva lui. Come vediamo, le cose non vanno come ha previsto Najib. Il precipizio in cui la Malesia è caduta nel suo minare le ultime istituzioni di democrazia è stato causato dallo scandalo di 1MDB. Lui si trovò improvvisamente spinto in quella direzione.

BW: Era Najib a condurre il gioco, la persona chiave nello scandalo. Debole ed affamato ed ha abusato del potere per impedire il processo.

MV: Esattamente, a causa dello scandalo 1MDB ha capovolto tutto il sistema democratico in Malesia. Ha bisogno di difendere la sua posizione per evitare di andare a finire in carcere. Conosco Najib da vari anni. Non lo riconosco più. E’ più inglese che Malese. Parla persino male il malese, lui che si trova a questo punto a causa della moglie.

BW: Ecco la tendenza ad incolpare lei come si spesso accusano le donne. Lui è per me il primo ministro e alla fine è lui il responsabile.

MV: Fondamentalmente è una persona debole. Non si scontrerà mai o con sua moglie o qualunque cosa che dia il minio problema e quindi tutto deve cambiare. La direzione deve cambiare. La cosa che comprendo meno e che ci riporta a quanto detto prima è perché non c’è stata una reale opposizione contro di lui. Najib non è una persona particolarmente forte. So che molti hanno parlato dell’uso dei soldi e dei pagamenti effettuati per tenerli fedeli. L’idea è che la gente è abbastanza egoista per assecondare e quindi perché resistere, perché crearsi dei guai quando si può guadagnare dalla situazione attuale. In questo senso sposto parte della colpa un po’ da Najib verso una generazione di politici che conoscevo da giovani e che sembrano non avere alcun principio morale.

BW: Credo che ci sia qualcosa di più importante. . Estenderei la stessa considerazione al partito islamico che si è allontanato da principi morali di decenza sostenendo infatti la corruzione. Direi che non è solo una questione di politici. Riguarda l’intero legame tra imprese e stato, il modo di funzionare delle economie della regione. Sono guidate da chi ha il controllo politico, e le imprese hanno relazioni molto forti di nepotismo che alimentano la corruzione e sostengono il potere delle elite attuali. Si guardi alla lista dell’Economist sui paesi in cima per capitalismo clientelare.

Il numero di paesi del Sud Est Asiatico in cima alla lista fa impressione. La Malesia è seconda, Filippine terza, Singapore quarta, l’Indonesia settima e la Thailandia è dodicesima.

Bridget Welsch

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