Nella corsa alle presidenziali indonesiane di aprile scorso, c’erano grandi preoccupazioni sulla crescente influenza delle frange islamiche. In realtà però la minaccia più reale alla democrazia indonesiana proviene dai suoi militari.
La paura esagerata del ruolo degli estremisti islamici nasceva dal cosiddetto movimento 212 di dicembre 2017, quando una coalizione di gruppi islamisti e vigilanti aprì le dimostrazioni contro il governatore cinese e cristiano di Giacarta Ahok Basuki Tjahaja Purnama, accusato di blasfemia.
Ahok fu prima sconfitto elettoralmente e poi condannato di blasfemia ed incarcerato. Il suo amico presidente Joko Widodo che si apprestava alla rielezione, fu compiacente verso gli islamisti non facendosi coinvolgere nella vicenda e non perdonando Ahok.
Joko Widido continuò la sua compiacenza scegliendo il religioso conservatore Maruf Amin, capo del Consiglio degli Ulema, come proprio vicepresidente.
Joko Widodo prese il 55% del voto popolare ma non il voto islamico. Oltre il 90% dei non musulmani del paese votò per lui.
Alla fine gli islamisti si sono rivelati i veri perdenti, cosa che non deve sorprendere a causa della divisione interna ai vari gruppi islamisti.
Il contendente Prawobo Subianto chiese ai suoi sostenitori islamici di scendere in strada ina una rivolta da “potere popolare” su accuse prive di basi di frodi elettorali. Ci furono le manifestazioni che portarono ad almeno otto morti e 200 feriti.
Le istituzioni statali, Commissione Elettorale e Corte Suprema, svuotarono politicamente alcune dimostrazioni e la violenza rilasciando strategicamente i risultati ufficiali prima del previsto.
Gli alleati islamici di Prabowo non erano la forza unita del movimento 212 che avevano un nemico comune, un’immediatezza e obiettivi condivisi. I suoi seguaci duri erano divisi sulla democrazia e l’efficacia di azioni extralegali, ed erano timorosi che Prabowo li avrebbe potuti abbandonare, cosa che alla fine fece.
Ma in gran parte gli islamisti avevano terrore delle forze di sicurezza. Quando Prabowo minacciò di mobilitare i sostenitori per le strade, i militari indonesiani del TNI e la polizia fecero una grandiosa mostra di forza nella Piazza della Libertà, un chiaro messaggio di stare calmi e che non sarebbe stata tollerata la violenza.
Il fatto che la TNI sia entrata in campo ed abbia difeso la democrazia indonesiana non è senza significato.
La minaccia islamista in Indonesia resta una cosa reale, ma è una minaccia di medio e lungo termine alla democrazia del paese. In molti modi la minaccia più immediata alla democrazia indonesiana sono i tentativi del TNI di recuperare l’autorità ed il potere che cedette nel 1999. E lo vediamo in modi differenti.
Recuperare il potere
Il circolo stretto di Prabowo era pieno di capi militari in pensione che erano convinti ad abbattere il presidente Widodo e sembrano aver spinto alla violenza di strada del dopo elezioni. Il partito di Prabowo Gerindra è pieno di generali del periodo del Ordine Nuovo che sono stati apertamente contro Jokowi e che vedono per i militari un coinvolgimento nel governo anche con mezzi extra legali.
Un gruppo di ex generali legato a Prabowo pianificò di uccidere i capi della sicurezza nel governo di Jokowi come il ministro della sicurezza Wiranto, il ministro degli affari marittimi Luhut Panjaitan, il direttore della NIA Budi Gunawan e il consigliere Gories Mere.
Ma il recupero di potere del TNI è iniziato di fatto dentro l’amministrazione di Jokowi. Il ministro della difesa Ryamizard Ryacudu, un altro generale del Ordine Nuovo, ha applicato un quadro strategico, Bela Negara, che identificava droghe, comunismo, LGBT e separatismo come le minacce principali alla Repubblica. Il TNI ha iniziato in base a questo programma a reinserirsi nell’amministrazione del governo locale.
Inoltre le bombe di Surabaya del 2018 del JAD, gruppo legato al IS, portarono ad un controverso aggiornamento rapido alla legge dell’antiterrorismo del 2003. La legge era bloccata in parlamento da oltre un anno in gran parte per la parte che dava al TNI un ruolo formale nella lotta al terrorismo.
Sebbene ci sia una logica particolarmente se si considerano i gruppi pro-ISIS del MIT che operano nelle remote giungle delle Sulawesi Centrali, molti temono che un ruolo formale di antiterrorismo si espanderebbe ad altri aspetti della sicurezza interna.
Poi il 31 luglio 2019, la TNI lanciò formalmente la propria unità di antiterrorismo da 500 uomini, KOOPSUS che, secondo una direttiva presidenziale, dovrà coordinarsi con la polizia nazionale e l’agenzia di antiterrorismo. Ma cosa succede se non lo fanno?
Rendere prioritarie le minacce interne
I militari indonesiani continuano a giocare un ruolo esagerato nella società sia per la sua dimensione che per missione percepita. E’ la dodicesima forza armata per numero di soldati. Tuttavia l’Indonesia continua a rendere prioritario l’esercito, per le minacce all’integrità nazionale piuttosto che all’aggressione straniera in mare.
Dal 2009 al 2013, la spesa della difesa indonesiana è raddoppiata da 4 ad 8 miliardi di dollari a dollaro costante. Da allora sono seguite piccole crescite e contrazioni. Attualmente il budget è a 7.44 miliardi di dollari da 8.2 del 2017.
Dalla fine del Ordine Nuovo nel 2008 la spesa della difesa indonesiana è rimasta in una banda stretta del 0.5 – 1% del PIL. Nel 2018 fu del 0.7% il più basso nel ASEAN la cui media è al 1.9%. Nel 2018 la spesa della difesa è stata al 4.3 della spesa totale del governo mentre nel ASEAN è al 8.6%. I generali indonesiani hanno lanciato l’idea di triplicare il budget della difesa a 20 miliardi di dollari, un valore molto irrealistico nel prossimo futuro.
Ma la priorità finanziaria dell’esercito di fronte alla crescente presenza cinese vicino a Natuna, o attraverso i tre stretti importanti che l’Indonesia controlla o nel mare di Sulu, la dice tutta. I militari continuano a preferire la sicurezza interna e ciò ha implicazioni reali per la democrazia indonesiana.
L’attuale violenza a Papua può trovare una soluzione. Gli indonesiani poterono negoziare accordi a Tomo Est e Aceh. Ma questa opzione è stata ritirata da Papua portando a proteste popolari in scala crescente, non solo violenza secessionista. E tuttavia la risposta del TNI è stata di durezza, chiedendo la repressione di tutti gli elementi secessionisti. La mancanza di responsabilità, di una stampa libera a Papua ed una cultura di abusi di diritti umani suggeriscono che la violenza continuerà.
Nel suo discorso nel giorno dell’Indipendenza Jokowi mise in guardia di come il radicalismo sia una minaccia alla ideologia di stato indonesiana, la Pancasila: “Dobbiamo guardare l’apertura con coscienza; coscienza delle ideologie che minacciano la nostra ideologia nazionale, coscienza di tutto ciò che minacci la nostra sovranità”.
E continuerà ad affidarsi alle forze di sicurezza per difendere la Pancasila e la democrazia, cosa che pone i militari in una posizione molto forte per fare altre richieste e accrescere la loro influenza politica nel secondo mandato presidenziale di Joko Widodo.
Mentre il presidente cerca di rafforzare la Pancasila nel suo secondo mandato, mira a separarla dall’eredità autoritaria del Ordine Nuovo. Il TNI nel frattempo che si definisce come il garante della Pancasila ha sempre di più iniziato a richiedere per se i poteri e le autorità perse dopo la caduta del Ordine Nuovo.
Potrà Jokowi mantenere la democrazia indonesiana senza quell’eredità autoritaria?
Zachary Abuza, BENARNEWS