Il denaro grigio cinese che deriva dai proventi di imprese criminali come droga e gioco d’azzardo, sarà forse argomento delle prossime elezioni thailandesi del 2023
A novembre 2022 si sono visti convergere due scandali in Thailandia a formare la tempesta perfetta che minaccia le già cattive prospettive politiche del partito di governo del Palang Pracharat nelle prossime elezioni nazionali.
Gli scandali pongono i riflettori su un problema che finora era rimasto per lo più lontano dalle notizie del paese degli ultimi anni, vale a dire della connessione tra capitali cinesi, crimine e politici thailandesi.
Il governo è stato costretto a fare marcia indietro sulla proposta che aveva lo scopo di accrescere l’investimento straniero di togliere il divieto di possedere del suolo agli stranieri.
Alla proposta si creò un fronte unitario, tra i quali c’era anche Pareena Kraikupt del Palang Pracharat, che usò una delle armi retoriche più potenti di sempre della Thailandia, quella del Khai Chat o della vendita della nazione agli stranieri.
La polizia annunciò allo stesso tempo di aver condotto delle perquisizioni a Bangkok arrestando un cittadino cinese che usava false carte di identità thai e che possessiva denaro in contante, auto di lusso e titoli di proprietà.
In quello stesso momento chi si opponeva alla misura di riforma della vendita di suoli sosteneva che leggi meno rigide avrebbero potuto accrescere le entrate di denaro grigio cinese, Thun Chin Sithao, in Thailandia. Il denaro grigio cinese si riferisce ai proventi di imprese criminali come droga e gioco d’azzardo, che viene riciclato attraverso gli acquisti immobiliari.
La polizia thai ha affermato in un successivo momento che il denaro che proviene dal commercio della droga del Triangolo D’oro, cresciuto di molto negli ultimi anni, finanziava l’acquisizione da parte dei capi del sindacato criminale cinese di passaporti thai, carte di identità e suoli. Altri politici attivi e meno attivo hanno dato le proprie conoscenze delle attività delle bande criminali cinesi in Thailandia.
La più inquietante delle accuse lanciate da più parti era che queste bande non avevano paura né della polizia né della legge, perché le leggi sono applicate male e senza trasparenza. E la ragione è che le bande criminali sono sostenute dai politici e rappresentanti thai.
Sin dagli anni 90 ci sono segni di capitali e di influenze cinesi a corrodere l’integrità dei processi politici.
Un documento del ministero degli affari esteri del 1992 metteva in guardia la possibilità che elementi cinesi potessero sfruttare gli stretti legami personali con l’elite thai e con rappresentanti di alto livello per ottenere informazioni da imprese private sino-thai.
Nel 2020 il dipartimento di indagini speciali mise in mostra una vasta rete criminale che coinvolgeva cittadini cinesi stranieri che ottenevano carte di identità thai registrate a nome di individui non esistenti per creare compagnie registrate in Thailandia.
Una rete di 104 compagnie, che apparentemente erano coinvolte in affari legittimi come proprietà immobiliari, muovevano centinaia di milioni di dollari in modo sospetto sia per riciclaggio che per evasione fiscale.
Uno delle persone nominate nelle indagini, Wang Hongbin, aveva più passaporti ed era ben legato sia alla comunità degli affari cinese all’estero che ai politici thai tra i quali l’ex premier Chavalit Yongchaiyudh.
Nel 2013 Wang insieme al presidente del parlamento thai di allora Somsak Kiatsuranont, creò una carica falsa in parlamento “Direttore del dipartimento di affari cinesi presso il presidente dell’Assemblea Nazionale della Thailandia”.
Fu creata una corrispondente carta intestata con una scritta che metteva insieme le scritture cinese e thai. Il dipartimento fittizio invitò dozzine di rappresentanti provinciali thai a visitare la Thailandia. Wang è riuscito a restare attivo nel paese nonostante le indagini penali cosa che dice qualcosa del patronato che lo sosteneva nel potere thailandese.
Ci sono varie ragioni per la riluttanza a trattare questo problema da parte thai.
Almeno un terzo della popolazione di Bangkok ha un qualche sangue cinese che origina dalle ondate migratorie cinesi del XIX e XX secolo. La diaspora cinese ha sofferto tanta discriminazione e la gente cinese-thai può aver paura che questa questione accenda l’animosità.
C’è una certa riluttanza a criticare o a scrutare la Cina in considerazione dell’amore tanto vantato della principessa Sirindhorn e dei suoi viaggi lì.
Le potenti imprese sino-thai che controllano molto dell’economia thai come il gruppo CP, sono vicini alla Cina. Il suo amministratore delegato Dhanin Chearavanont si chiama Xie Guomin in Cina ed è presidente della China Federation of Overseas Chinese Businessmen, affiliato del United Front Work Group.
Alcuni partiti politici sono finanziati da queste fonti, come il Palang Pracharat, che avrebbe preso 85 mila dollari da un uomo di affari cinese che gestisce un nightclub illegale a Pattaya.
La crescita delle associazioni sino-thai, che mette insieme militari thai, politici e gente degli affari, come la Thai-Chinese Culture and Economy Association fondata da Chavalit stesso, potrebbe aver avuto un ruolo nell’anestetizzare la popolazione su questi rischi.
Poiché questa questione ha ricevuto per la prima volta l’attenzione dei media su vasta scala, è possibile che il capitale grigio cinese diventerà una questione importante nelle elezioni del prossimo anno.
Alcuni come Rangsiman Rome di Move Forward non hanno avuto paura di portare allo scoperto la corruzione.
Greg Raymond The Australian National University, Asiatimes