Il governo del Laos è determinato a costruire una diga sul corso del Mekong a ridosso a monte dell’antica capitale laotiana.
Nonostante il progetto sia passato attraverso la fase del disegno, della valutazione di impatto ambientale e del processo di consultazione prioritaria gestito dalla MRC, Commissione del Fiume Mekong, non è stato finora portato avanti alcuna valutazione di impatto sull’eredità culturale, procedura richiesta dal World Heritage Centre fin dal 2012 al governo laotiano.
Precedentemente all’incontro del comitato per il Patrimonio Mondiale del prossimo mese in Cina, di cui la Thailandia fa parte, UNESCO ha chiesto che non si faccia alcun lavoro sulla diga finché non sia stata completata una valutazione completa del patrimonio culturale.
Difatti Luang Prabang, antica capitale laotiana rinomata per il suo ricco patrimonio architettonico e per l’ambiente pacifico, è stata già toccata dalla diga a Xayaburi.
E’ sparito il frontale del fiume e la vecchia capitale reale è ora essenzialmente una città costiera sul lago costituito dalla coda finale della riserva della diga Xayaburi. Solo quando i livelli di acqua nella riserva scendono sotto il livello di massima l’acqua riesce a scorrere in modo naturale dopo Luang Prabang.
Ma mantenere tali livelli inferiori significa sacrificare produzione di energia e profitti per chi ha costruito la diga, che è essenzialmente lo stesso consorzio che propone di costruire il progetto di Luang Prabang.
Nel frattempo la diga proposta di Pak Beng e le attuali sette dighe a cascata sul fiume Nam Ou e le tre sul fiume Nam Khan, tutte di proprietà cinese, implicano che l’ultimo pezzo che resta di fiume senza dighe giace tra la confluenza del Nam Ou sopra Luang Prabang e la diga di Pak Beng.
La riserva che si viene a creare col progetto di Luang Prabang inonderà tutto il restante tratto ad eccezione di cinque chilometri.
Sono presenti vari rischi fondamentali al patrimonio nella città di Luang Prabang al di là di quelli identificati negli studi attuali. Il valore del patrimonio culturale della città non è solo la sua architettura in situ. Piuttosto sta nel suo panorama unico interconnesso culturale e naturale in cui si trova.
La perdita della vista del fiume, della pesca, dei giardini sulle sponde del fiume e delle comunità rurali sulle sponde del fiume a causa del cambiamento del flusso del fiume zeppo di dighe lascerebbero la antica capitale laotiana in alto e asciutta sia in senso culturale che visivo e letterale.
L’inondazione permanente dei siti culturali fondamentali quali l’isola di Don Sai Mongkhon, dove si tenevano precedentemente le festività del Nuovo Anno, ha già eroso i valori culturali.
Estendere questi impatti per decine di chilometri a monte cancellerebbe le ultime vestigia del modo di vivere rurale che sostiene e completa il panorama della città Luang Prabang.
Un’altra questione posta negli studi è il rischio di cedimento della diga indotta da un terremoto con i conseguenti effetti catastrofici sull’intera città. Il Laos ha già visto la devastazione del cedimento della diga a Xepian Xenamnoi nel 2018 e di due altri crolli minori.
Mentre si classifica la diga di Luang Prabang come un progetto a rischio estremo, l’analisi tecnica della Commissione del Fiume Mekong di quanto presentato dai proponenti della diga conclude che la modellazione suggerisce che i rischi sismici sono ad un livello accettabilmente basso.
Altri esperti non ne sono così sicuri tra i quali il geologo thailandese Punya Churasiri.
Alla conclusione del processo di consultazione prioritario per la diga nel 2020, sia il Vietnam che la Cambogia ufficialmente richiesero altre indagini sulle questioni di sicurezza della diga.
Mentre la Thailandia rimase in silenzio sulla questione, il governo laotiano rispose che il disegno del progetto soddisfa già gli standard internazionali.
Difatti ci sono varie domande sulla sicurezza della diga. Quella che attira di più e la valutazione del rischio secondo la scienza. Ma è anche importante il nervosismo esperienziale imposto sui residenti e visitatori di Luang Prabang di avere la più alta struttura sul Basso Mekong che trattiene vari milioni di metri cubi di acqua posti appena a 25 chilometri sopra in una zona valutata di attività sismica medio alta.
La Thailandia con le sue immense riserve di energia non necessita di energia generata dalla diga di Luang Prabang. Al governo laotiano piace vedere il proprio PIL nominale e la crescita degli investimenti generati dal progetto. La pianificazione è ben avanti ma non è troppo tardi per fare un passo di cautela. Senza un accordo firmato di acquisto di energia tra i costruttori e l’ente elettrico thailandese, il progetto non può andare avanti dato che la Thailandia è il principale paese acquirente dell’energia generata dalla diga.
La palla è perciò decisamente nelle mani della Thailandia con una decisione da prendere: gettarsi in avanti con una inutile fretta mettendo a rischio il patrimonio di uno dei siti culturali e naturali maggiori del Sudestasiatico , oppure trattenersi per permettere all’UNESCO di condurre una valutazione del patrimonio.
Quest’ultima e più saggia scelta aiuterà a determinare se i costi ed i rischi sono troppi elevati nel distruggere non solo un fiume ma anche uno dei gioielli naturali e culturali del buddismo, della regione e del mondo.
Philip Hirsch docente di Geografia Università Sidney Bangkok Post