Il destino del lago Tonle Sap è segnato.
L’ecosistema del lago gigantesco, il cui ciclo annuale degli allagamenti è stato il battito del cuore della Cambogia per millenni e su cui milioni di persone dipendono per mangiare e per irrigare, è sulla via di un collasso spettacolare, mettendo in dubbio tutto dalla sicurezza alimentar della Cambogia, alla sua economia, alla sua demografia.
Almeno se non saranno prese in fretta misure drastiche.
Questo era il sentimento generale nel Simposio Internazionale sugli Ecosistemi ad Inondazione Ciclica, dove si sono ritrovati i ricercatori di tutto il mondo a Siem Reap ad agosto il cui umore andava dal frustrato al funereo.
Il più importante ecosistema della Cambogia è in crisi, dicono gli esperti.
In milioni dipendono dal lago di Tonle Sap per mangiare ed irrigare i campi, e la sua distruzione avrà ripercussioni sull’intero regno. Cosa si può fare?
In tante interviste esperti cambogiani ed internazionali di tutti i campi che studiano il fiume Mekong, il Tonle Sap e le pianure alluvionali circostanti indicavano gli effetti già visibili del cambiamento climatico, dello sfruttamento eccessivo della pesca e della costruzione di dighe su un ecosistema fondamentale come causa di profonda preoccupazione.
Nel riconoscere i cambiamenti già visibili nelle piogge annuali e nel ciclico allagamento del Tonle Sap da parte del Mekong, che è fondamentale per la produzione di pesce e per l’agricoltura delle pianure alluvionali, il ministro dell’ambiente Say Sam Al ha promesso il sostegno ai ricercatori ed ha invitato alla ricerca di soluzioni.
“Il ciclo di inondazioni stagionale è molto importante. Se non l’abbiamo allora ci saranno tanti problemi” ha detto il ministro che ha chiesto ai ricercatori: “Quanto può tollerare il lago?” Per gli esperti la risposta breve è non molto.
Industrie della pesca fluide
Il professore Mauricio Arias dell’Università della Florida Meridionale, che studia da un decennio il ciclo degli allagamenti, ha detto che questa diga costruita a monte lungo il fiume del Mekong, oltre agli effetti del cambiamento climatico. Hanno fatto un danno irreversibile all’ecosistema.
“Parliamo di come influirà il cambiamento climatico o dell’impatto delle dighe, ma già li vediamo accadere” dice Arias che aggiunge che le sei dighe costruite hanno lasciato già “forti segni” sul ciclo degli allagamenti. Sono in costruzione tre fighe nel Fiume Mekong Superiore mentre nella parte inferiore ci sono 27 dighe sugli affluenti.
“Andremo da un Mekong Selvaggio ad un sistema fluviale chiuso che è noioso e morto come il fiume Colorado” dice Arias che si riferisce al fiume Colorado pesantemente ingabbiato nelle dighe.
Certamente si avrà un effetto sulla produttività delle zone umide di Tonle Sap che dipendono dalla variazione naturale del ciclo delle inondazioni. L’industria della pesca del lago rappresenta il 75% della produzione di proteine del paese.
Oltre a queste minacce ecologiche lo sfruttamento intensivo della pesca già spinge ai limiti l’industria della pesca di acqua dolce.
“Il più grande fattore di cambiamento negli ultimi 30 anni è stato il raddoppio della popolazione sul bacino del Basso Mekong.” dice Ratha Chea, ecologo delle acque superficiali ed idrologo nell’università di Battambang. Di conseguenza i pescatori devono lavorare il doppio e allontanarsi dalle sponde del lago per portare lo stesso pescato.
“Questo potrebbe essere il segno che il lago ha raggiunto la propria capacità di sopportazione” dice Chea, il quale nota che i modelli predicono una caduta del 70% per il 2040 della sedimentazione nelle pianure. Questo toglie ai pesci la loro fonte di nutrimento principale e quindi ne abbatte la produzione.
I dati del pescato di 15 anni fino al 2015 mostrano che mentre la produzione è rimasta costante in termini di pesca totale, la composizione è cambiata radicalmente.
Dice Ngor Peng Bun che le reti dei pescatori si riempiono di una selezione di pesci piccoli mentre si fanno rare le specie più grandi.“Non è un buon segno. E’ un segno che la pesca è insostenibile”
Un altro ecologo, Kevin McCann dell’università di Guelph, descrive i dati come “paurosi”. Da esperto in modelli di ecosistemi McCann dice che i cambiamenti nella popolazione di pesci indicano che la capacità della natura a rispondere alla pesca forzata ha raggiunto i suoi limiti.
“E’ l’ultima goccia prima che il sistema non riuscirà a rispondere più”
Evan Fraser, ricercatore di sicurezza alimentare presso l’Università di Guelph, sostiene che la probabile conseguenza di mantenere lo status quo, mentre si aggiungono altre dighe e si soffre di siccità nella regione, potrebbe essere il declino drastico delle industri della pesca.
La ricerca di Fraser sulla risposta delle comunità alla diminuzione di produzione di pesce mostra che, in assenza di una politica che dia altro da fare alle comunità, essi inizieranno a pescare in modo più aggressivo. Ma con l’impoverimento della pesca la gente se ne andrà contribuendo alle preoccupazioni delle migrazioni.
Fuggire da una crisi
Chris Jacobson ricercatrice dell’ University of the Sunshine Coast in Australia, che ha fatto ricerche sul campo nel 2015 e 2016 con la FAO, il ministro dell’Ambiente e l’Università di Battambang, prevede problemi grossi finanziari per le comunità che coltivano le pianure alluvionali.
Ha scoperto che in quattro comuni nelle tre province attorno al lago il cambiamento climatico era la causa della metà dell’emigrazione che aveva colpito la metà di tutte le famiglie. Tra le famiglie che coltivavano l propria terra quasi un quarto aveva un membro della famiglia che era andato via a causa anche del cambiamento climatico.
Inoltre solo la metà delle volte il mandare un membro della famiglia via dalla campagna per produrre altre entrate aiutava ad alimentare più bocche, mentre l’insicurezza alimentare giunge al 60% delle famiglie con emigranti e al 45% per famiglie senza emigranti a settembre quando si pianta il riso.
“Non sappiamo se quelle comunità hanno le risorse per fare il cambiamento o se rimangono bloccate nella povertà” dice la ricercatrice che si domanda cosa succederà se chi vive della pesca dovesse trasformarsi in agricoltore. C’è un bisogno fondamentale di più informazioni su come affrontare la perdita di fonti di sostentamento dovuti a cambiamenti ambientali prima di formular una soluzione politica.
Mentre molti agricoltori che vivono attorno al lago migrano già per sopravvivere verso la Thailandia o Phnom Penh, il cambiamento di sostentamento tra i pescatori potrebbe portare ad una sollevazione sociale che potrebbe peggiorare potenzialmente l’insicurezza alimentare.
Per Fraser non mancano i precedenti a cui guardare quando si parla di migrazioni verso la città a causa di fattori ecologici.
“Abbiamo tanti esempi storici: la siccità in Siria che portò la gente nelle città, quella in Ruanda negli anni 90 che ora è considerata uno dei catalizzatori del genocidio del Ruanda”
“Se andiamo più indietro nel tempo abbiamo la rivoluzione francese che iniziò quando le masse impoverite dalle siccità del El Nino uscirono dalle campagne verso le strade di Parigi. La storia ci dice che quando ci sono queste dinamiche la gente si versa per le strade in città, in protesta contro la corruzione e l mancanza di servizi, le infrstrutture insufficienti, il potere accentrato e la cattiva economia.
Il punto critico
Il ministro dell’ambiente Say Sam Al ha riconosciuto le preoccupazioni di sicurezza nella distruzione del tessuto sociale ed afferma il bisogno di una valutazione scientifica.
“Ci impegniamo finanziare la ricerca” ha detto ed ha aggiunto che il finanziamento sarebbe stato fatto in base ai progetti.
Mentre tra molti esperti la prognosi è cupa, notano che non è troppo tardi perché il governo agisca in modo deciso per gestire il cambiamento.
Per il professore Aria è necessario investire per sviluppare strumenti di previsione per anticipare meglio i cambiamenti.
“Abbiamo bisogno di sapere in anticipo se accadranno grandi incendi e prevedere su base stagionale quello che accadrà con l’acqua, il paesaggio e la produzione di pesce.”
Secondo Vittoria Elliot, direttrice di Conservation International, esiste la capacità di applicare delle politiche ma le soluzioni ora solo teoriche devono essere testate urgentemente.
Secondo la Elliot ci sono ancora speranze per la pesca, ma esiste una finestra temporale per agire di tre anni, nel 2020 sparisce l’interruzione nella costruzione di nuove dighe. La diga pianificata di Sambor nella provincia di Kratie, secondo la ricercatrice, sarà l’ultimo colpo per l’industria della pesca del paese se verrà costruita.
“Quando si aggiunge la diga di Sambor allora non serve a nulla stare a parlare di sviluppo della pesca di comunità”
Dice Ratha Seng: “La comunità scientifica vuole risolver il problema ma non possiamo fare nulla senza la partecipazione del governo. Abbiamo risultati scientifici alquanto poco numerosi ma tradurli in qualcosa che sia di aiuto alla decisione politica è la prossima sfida. Ci troviamo ad un punto critico”.
Alessandro Marazzi Sassoon, PhnomPenhpost