L’imboscata contro il governatore provinciale di Lanao del Sur a Mindanao, che ha ucciso quattro poliziotti, è giunta in un momento in cui l’esercito filippino ha iniziato a porre le sue attenzioni verso la difesa del territorio, la Cina mentre Manila rafforza i legami strategici di difesa con USA e Giappone, un potente richiamo al fatto che le minacce più gravi per le Filippine provengono ancora dall’interno.
Il problema è che non è lì che vanno i soldi come hanno chiarito i legami maggiori tra Washington e Manila.
Spostamento verso la difesa del territorio
Dopo i sei anni spregiudicati di Duterte l’amministrazione Marcos agli inizi di febbraio ha recuperato con forza una storica alleanza tradizionale dando alle forze USA accesso a quattro altre basi filippine secondo l’accordo di cooperazione di difesa avanzata, ECDA.
Una settimana dopo il presidente Marcos Figlio è andato a Tokyo dove ha sottoscritto vari accordi di difesa con il Giappone.
Tra questi c’è la prima concessione giapponese come anche un accordo potenziale di forze in visita che permetterebbe alle Forze di Autodifesa Giapponese di condurre addestramenti multilaterale bilaterali insieme alle controparti filippine. Il Giappone continuerà a dare priorità alle Filippine insieme al Vietnam nei propri programmi di assistenza alla difesa.
Le Forze armate filippine hanno concentrato il loro bilancio di difesa molto limitato alla difesa del territorio prendendo i missili antinave indiani Brahmos, la nuova artiglieria semovente da 155mm a lunga gittata e nuovi sistemi di razzo multi lancio. Il paese è molto lontano da avere capacità militari sufficienti di deterrenza contro la Cina.
“Ora siamo nella transizione dalle operazioni di sicurezza interna verso la difesa del territorio” ha detto il comandante dell’esercito filippino generale Romeo Brawner a Benarnews.
“Se degli invasori si avvicinano alle Filippine o le invadono, l’esercito è pronto a difendere la nazione. Si tratta di riorganizzarsi per noi e addestrare le truppe ad affrontare minacce esterne”.
La logica degli USA è chiara: non si può difendere Taiwan senza le Filippine. Perciò ci si attende che tre delle quattro strutture nuove dell’ECDA che permetteranno il dispiego delle attrezzature si troveranno a Luzon.
Eppure questa corsa alla difesa del territorio ignora il fatto importante che la sicurezza interna delle Filippine resta tenue.
Il processo di pace con il MILF è ora nel suo quarto anno e fa molti passi in termini di governo ed approvazione delle leggi.
Di positivo, quando a novembre ci sono stati intoppi nel processo di pace con l’uccisione di tre soldati e sette militanti del MILF a Basilan, il meccanismo del cessate il fuoco non permise che la situazione uscisse fuori controllo.
Lo scorso anno sono stati approvati pezzi importanti delle leggi. Nonostante qualche contraccolpo in seguito all’estensione del mandato dell’Autorità transitoria del Bangsamoro, la questione si è esaurita molto rapidamente e non c’è stato dissenso diffuso.
Eppure è rallentato il processo di decommissionamento di uomini ed armi. La recessione del dopo pandemia ha voluto dire che la regione meridionale ha minori risorse. Senza un dividendo significativo di pace molti ex combattenti del MILF si uniscono ad altri gruppi militanti come BIFF e Gruppo Maute.
Sebbene i militari filippini abbiano mostrato 174 militanti arresisi nel 2022, il gruppo Abu Sayaff non è ancora in ginocchio. Per quanto hanno avuto più perdite rispetto al passato, restano i legami di sangue, la povertà e la cultura Tausug a garantire un flusso di nuove reclute.
Sebbene ci sia molto meno spazio privo di governo che in passato, c’è tanto spazio mal governato che continuerà ad attirare combattenti stranieri dai paesi vicini mentre si ricostituiscono i gruppi pro-IS e Jemaah Islamiyah, gruppo del sud est asiatico affiliato ad Al Qaeda, si ritrova nel mirino delle forze di sicurezza indonesiane.
Il partito comunista delle Filippine ed il suo braccio armato NPA non hanno abbandonato la lotta armata nonostante le rese occasionali o la morte del loro fondatore Jose Sison. Forse hanno solo 2000 militanti dai 20mila di anni fa, ma restano un fatto della vita politica per la povertà endemica, la mancanza di terra e in assenza di un processo di pace importante.
Perché ora?
Dopo il ritiro della Marina Americana da Subic Bay, la Cina iniziò a minacciare le Filippine nel 1993 quando si prese Mischief Reef e iniziò a costruire strutture nel Mare Cinese Meridionale.
La Cina ha costruito e militarizzato sei isole artificiali e nel 2012 sequestrò Scarborough Shoal, continuando ad attaccare pescatori e guardie costiere filippine e usando laser militari per allontanare navi filippine.
Sebbene sia migliorata la sicurezza interna del paese, non è migliorata significativamente nei 22 anni di assistenza e addestramento degli USA quando le Filippine ricevettero oltre 2 miliardi di dollari di assistenza alla sicurezza.
Sono gli stessi militari che meno di sei anni fa impiegarono cinque mesi per riprendere una città tenuta da poche centinaia di militanti e che dipendeva da USA, Singapore ed Australia per le sue capacità ISR, capacità di intelligence-sorveglianza-ricognizione.
Ed allora perché l’attenzione verso l’esterno?
Per prima cosa l’alleanza con gli USA si era quasi irrimediabilmente danneggiata durante i sei anni della presidenza Duterte che aveva annunciato l’intenzione di porre fine all’alleanza e abrogare il VFA. Allo stesso tempo ha coccolato la Cina che ha consegnato appena il 3% dei suoi promessi 24 miliardi di dollari nei progetti del BRI e di investimento estero.
L’amministrazione Biden ha fatto della ripresa delle alleanze e partnership un caposaldo della sua politica estera e il dipartimento della difesa USA ha colto l’occasione come anche Marcos.
Seconda cosa, mentre le Filippine si domandavano se gli USA avrebbero onorato gli obblighi dell’articolo 5 del trattato di difesa del 1951, c’era anche la questione se Manila poteva soddisfare agli obblighi dell’articolo 4 di mantenere una forza capace di assistere gli USA.
Terzo, il denaro in ballo è significativo ed è la cosa che davvero conta per le Filippine. Nel negoziare l’accesso alle cinque strutture militari dell’EDCA, gli USA promisero 82 milioni di dollari per costruire le strutture AFP e una somma simile andrà alle quattro nuove strutture.
In breve concentrarsi sulla sicurezza territoriale apre nuove linee di finanziamento sia dagli USA che dal Giappone e li lega alla sicurezza filippina.
Tuttavia questo non risolve le minacce interne della sicurezza. L’esercito filippino si addestra quando gli USA sborsano i soldi. I legami approfonditi con il Giappone sono ancora centrati sulla difesa del territorio e le Forze di Autodifesa Giapponese non hanno esperienza di minacce della sicurezza interna né di controinsorgenza.
Forse non è poi una cosa cattiva: le Filippine devono assumersi la responsabilità della sicurezza interna e la dipendenza costante dal sostegno esterno nella lotta antiterroristica ha solo creato rischi morali.
Ma mentre il cambiamento verso la difesa del territorio e i legami migliori con USA e Giappone sono importanti vista la sfida aggressiva posta dalla Cina, la reale minaccia alla sicurezza delle Filippine viene da varie sfide interne che non riesce o non vuole risolvere.
E questa realtà importa ai suoi vicini perché la sicurezza interna filippina è un problema di sicurezza regionale.
Zachary Abuza, Benarnews