La diffamazione dei reali di Thailandia è al centro di una sentenza prevista per il agosto della Corte Costituzionale Thai
Il mese di agosto vedrà salire la temperatura politica in Thailandia fino a livelli visti nelle proteste di strada del 2020 e 2021 a causa di vari casi giudiziari che prevedono una sentenza a breve.
Due sentenze infatti sono previste per il 7 agosto prossimo: la possibile dissoluzione del Move Forward Party e un caso di violazione etica contro il premier Srettha Thavisin.
Questi due casi sono presentati nell’articolo Incertezza Politica in Thailandia.
Il caso più importante e grosso riguarda il MFP di cui accenniamo alle motivazioni addotte dalla difesa del MFP davanti alla Corte Costituzionale a cui seguirà una riflessione del giornalista Thai Pravit Rojanaphruk sulla democrazia in stile thailandese.
Difesa del Move Forward Party e la diffamazioni dei reali di Thailandia
La difesa si basa su nove punti in cui si afferma che la Corte Costituzionale non ha l’autorità di ordinare la dissoluzione del partito e che la petizione della Commissione Elettorale alla corte è del tutto illegale.
La petizione della Commissione elettorale chiedeva di sciogliere il partito e mettere al bando la sua dirigenza politica dopo che la Corte Costituzionale aveva deciso il 31 gennaio 2024 che la volontà di emendare la legge di lesa maestà o di diffamazione dei reali è un atto di tradimento.
Per il MFP in primo luogo nella costituzione thai proclamata dai militari non esiste articolo che dà autorità alla Corte costituzionale di dissolvere un partito.
Inoltre la petizione presentata dalla Commissione Elettorale era incompleta di tutte le prove del Registro dei partiti politici la cui opinione non è stata ascoltata. Perciò la petizione sarebbe illegale per il MFP. Ed ad essa sono state aggiunte altre due accuse senza presentare prove e fatti a supporto.
Le accuse sono di voler abbattere il regime democratico con il re come capo di stato e di aver fatto azioni contro il regime democratico con il re come capo di stato, accuse che il MFP non ha riconoscere o opporsi.
Nelle accuse della Corte Costituzionale si evidenzia la partecipazione di membri del partito alle manifestazioni contro la legge di lesa maestà, del finanziamento delle richieste di libertà condizionata ed altro che invece il MFP individua come azioni individuali mentre la decisione del partito è di voler emendare la legge di diffamazione dei reali. Per altro tutte quelle azioni individuali non hanno mai trovato l’iniziativa di tribunali.
La volontà di emendare la legge, ha detto MFP, non prevede l’uso della forza o della violenza per cambiare il governo, ma richiede il processo legislativo normale con le approvazioni parlamentari legittime.
La Commissione Elettorale inoltre sapeva bene qual’era la campagna del partito che prevedeva l’emendare la lesa maestà ma non ha mai espresso nulla a riguardo. Non ha mai chiesto di cambiare la propria linea né di non astenersi quella campagna. Quando è stata la Corte Costituzionale a chiedere di desistere da quella campagna il MFP si è fermato ed è attenuto all’intimazione della corte.
Secondo la difesa del MFP, è eccessivo lo scioglimento del partito al cui fine comunque si devono presentare prove e fatti incontrovertibili, rintracciabili nelle direttive e azioni del partito, non nei suoi singoli membri.
L’ex capo del MFP Pita ha detto qualche giorno fa:
“Il regime democratico con il Re a capo dello stato può restare stabile senza minare il diritto delle persone alla libertà di espressione e i principi e valori fondamentali della democrazia. Al contrario la Protezione del regime democratico con il Re come Capo di Stato deve abbracciare diverse opinioni nella società nella solidarietà.”
La Politica dell’Assurdo in Thailandia nel caso del MFP
Qualche giorno ancora e il 7 agosto prossimo sapremo se il Move Forward Party, con il suo seguito di 14 milioni di voti, sarà dissolto dalla Corte Costituzionale e se la sua dirigenza politica tra i quali il carismatico Pita Limjaroenrat, sarà allontanata dalla politica per dieci anni per aver promesso di riformare la legge sulla diffamazione dei reali.
Sono in molti a non scommettere su un risultato positivo per il partito e molti hanno notato la mancanza di un minimo segno positivo.
Due segni degno di nota: l’avvocato dei diritti umani e capo politico del movimento di riforma della democrazia, Arnon Nampa, lo scorso mese ha avuto altri quattro anni di carcere per aver diffamato la monarchia, che si aggiungono ad un’altra condanna analoga per 14 anni di carcere totali. E siamo solo all’inizio. A ciò si aggiunge il fatto che i media sociali del partito non abbiano espresso nessun augurio di buon compleanno il 28 luglio scorso.
Sembra che il partito sia più attento ora al mantenimento e al rafforzamento della sua base fedele di sostenitori.
Ci sono cinque questioni che si vuole porre prima della decisione del 7 agosto prossimo.
La prima questione è che la legge di diffamazione dei reali, conosciuta come legge di lesa maestà o articolo 112 del codice penale, è una legge, punto.
Non sono versetti del Tripitaka o della Bibbia o del Corano. Essa quindi può essere emendata o persino abolita, se gli elettori a cui spetta il potere sovrano credono che tale direzione sia la cosa migliore per il paese.
L’ironia dell’intera decisione in arrivo è che la Corte Costituzionale non ha mai avuto alcun problema con i vari generali che hanno preso il potere e annullato una costituzione dopo l’altra.
La seconda questione, indipendentemente da quale sia la vostra posizione sulla legge di lesa maestà o se vi piacciono o se vi fanno orrore i politici come Pita, dobbiamo tenere in mente che il parlamento, il ramo legislativo, è il luogo dove si devono risolvere e attuare le differenze sulle leggi in modo aperto e pacifico.
Ogni tentativo di chiudere questo luogo cruciale per la risoluzione dei disaccordi politici è semplicemente antidemocratico e alla lunga farà tanto danno alla Thailandia.
Terza questione. Se la corte punisse il partito e la sua dirigenza, molti sostenitori del MFP, i giovani in particolare, perderanno fiducia nel sistema politico attuale, si allontaneranno e diventeranno radicali. Questo ridurrà in modo significativo ogni possibilità di compromesso nel futuro.
Quarta questione. Invito i nove giudici della Corte Costituzionale di considerare il quadro complessivo.
Non fate sprofondare la Thailandia in un altro giro inutile di crisi politiche. Tenete bene in mente che la volontà degli elettori, di quei 14 milioni che hanno votato MFP, il partito con il maggior numero di voti popolari a maggio 2023, è il solo partito che ha promesso di emendare la legge di lesa maestà. Tenete in considerazione cosa significa la volontà popolare.
Quinta questione. In una società democratica si sarebbe detto che dopo l’espressione del popolo nel giorno delle elezioni, si deve aspettare quattro anni per esercitare il nostro diritto di voto per risolvere qualsiasi disaccordo sul corso politico del regno.
Non qui in Thailandia. Gli elettori si sentiranno derubati dai generali impazziti o dalla decisione della Corte Costituzionale e dovranno fare molto di più per proteggere i propri interessi politici.
Questo è il percorso travagliato della democrazia in stile thailandese oggi.
E’ molto meno democratica di quanto crediamo quando in modo conveniente ma privo di attenzione usiamo la parola democrazia quando la Thailandia è ancora lontana dall’essere una democrazia completa.
Spero che l’assurdità della politica tailandese non includa la messa al bando di un partito politico per aver semplicemente proposto di modificare una legge. Ma questa è la Thailandia.
Pravit Rojanaphruk, Khaosodenglish.com